Ce l’avrete presente: una signora giapponese anziana, che indossa parrucche sgargianti e che viene spesso fotografata tra i pois. Però, Yayoi Kusama è più della sua immagine colorata e pop. Oggetto nel 2017 di due importanti retrospettive, a 88 anni è ancora un’artista produttiva e poliedrica, che completa una nuova opera ogni 3 giorni dallo studio vicino all’ospedale psichiatrico dove vive – per scelta – dal 1977.
Yayoi nasce nel 1929 a Matsumoto, in Giappone. La sua famiglia si occupa di piante e se la cava economicamente bene, ma non si può certo dire che sia felice: la madre è abusiva, sia emotivamente che fisicamente, e costringe la figlia a spiare i numerosi tradimenti del padre per poi riferirle i dettagli. Yayoi viene segnata da queste esperienze e sviluppa un rapporto contraddittorio col sesso, che in seguito descriverà così: “L’ossessione per il sesso e la paura del sesso convivono dentro di me”.
Attorno ai 10 anni, Yayoi comincia a vedere pois colorati e a sentire i fiori che le parlano. Sono le prime allucinazioni, che la seguiranno per tutta la vita. Inizia a dipingere per elaborarle e dar loro una forma visibile a tutti, ma la Seconda Guerra Mondiale colpisce duramente il Giappone e anche lei, a soli 13 anni, viene inviata a lavorare in una fabbrica militare. Per tutta la sua adolescenza rimane costantemente al buio, pronta a fuggire in caso di bombardamenti americani, e cuce paracaduti le cui stoffe diverranno in futuro un altro oggetto della sua arte. È in questo periodo che si rende conto di quanto la libertà creativa e indivudiale sia fondamentale nella vita delle persone.
Con la fine della guerra Yayoy riprende a dipingere, prima acquerelli e olii su carta, poi su tutto quello che trova: pareti, pavimenti, tele, oggetti, corpi nudi. Il suo soggetto preferito sono i pois, che resteranno una costante per tutta la sua produzione.
I pois hanno la forma del sole, che è il simbolo dell’energia del mondo e la nostra fonte di vita, ma hanno anche la forma della luna, che è quieta. Rotondi, morbidi, colorati, insensati, sconosciuti. I pois diventano movimenti…sono una via per l’infinito.
Capisce molto presto di voler essere un’artista, ma sua madre si oppone, preferisce che si sistemi sposando un uomo ricco. Le due si separeranno per non parlarsi mai più dopo che, a 27 anni, Yayoi lascia il Giappone e la sua società “troppo piccola, troppo servile, troppo feudale, troppo sprezzante verso le donne” per trasferirsi negli Stati Uniti. Prima a Seattle, dove tiene la prima mostra dei suoi dipinti, poi a New York, sotto l’ala della celebre pittrice Georgia O’Keeffe, che le apre la strada per diventare una delle voci predominanti dell’avant-guarde. In particolare si ricordano le sue Infinity Rooms, stanze nelle quali complesse disposizioni di luci e specchi danno la percezione di poter guardare l’infinito, e le performance provocatorie in spazi pubblici, che mescolano nudità e colore per protestare contro la Guerra nel Vietnam. Un’altra causa alla quale presta largamente la sua arte è quella LGBT, con la performance Homosexual Wedding at the Church of Self-obliteration e l’apertura del social club gay Omophile Kompany. È in questo periodo che inizia a indossare le sue famose parrucche a caschetto colorate.
Negli anni ’70 il suo nome è ormai piuttosto conosciuto, ma questo non le frutta alcun denaro, ed è l’amica O’Keeffe a intercedere per lei affinché alcuni collezionisti acquistino le sue opere. Nel 1973 i suoi problemi mentali peggiorano e fa ritorno in Giappone per essere ospedalizzata 2 volte, la seconda permanentemente, nel 1977. È proprio lei a decidere di rimanere in ospedale, purché possa continuare a lavorare nel suo studio, lì vicino.
Combatto contro il dolore, l’ansia e la paura ogni singolo giorno, e l’unico modo che ho trovato per alleviare le mie sofferenze è continuare a creare. Ho seguito il filo dell’arte e in questo modo ho scoperto un percorso che mi ha permesso di continuare a vivere.
Per tutti gli anni ’80 e ’90, il nome di Yayoi Kusama viene praticamente dimenticato dal mondo dell’arte, finché l’installazione I’m Here, but Nothing la riporta all’attenzione internazionale nel 2000. Nel 2006 è la prima donna a ottenere uno dei più importanti riconoscimenti artistici giapponesi, il Praemium Imperiale. Nel 2017 alcune sue Infinity Rooms vengono esposte a Washington DC. La stanza, poco più grande di un metro e riempita da 60 sculture a forma di zucca, dal titolo All the Eternal Love I Have for the Pumpkins, è una delle attrazioni più visitate di sempre al Hirshhorn Museum. In questa occasione studia da capo le sue installazioni affinché siano fruibili anche dalle persone disabili, cosa mai accaduta prima in un museo d’arte.
Oggi Yayoi Kusama è esposta nelle più prestigiose gallerie del mondo e detiene il record di artista femminile la cui opera è stata venduta al prezzo più alto: ben 5.1 milioni. Cosa ben più importante, però, i suoi oltre 500 lavori sono la prova colorata e concreta del fatto che qualsiasi paura può essere trasformata in qualcosa di bello. Per esempio, in un infinito di pois.
Source: freedamedia.it
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