Davvero i voucher sono stati così importanti in questo aumento? Non è per nulla facile determinarlo, ma si può fare qualche precisazione su come è cambiato il mercato in seguito all’inserimento di uno strumento alla cui esistenza il governo porrà fine con un decreto. Mentre Coldiretti lancia già l’allarme: a rischio 50 mila posti nel settore agricolo.
L’Inps, nel suo ultimo rapporto dell’Osservatorio sul Precariato, certifica che il totale delle assunzioni a tempo indeterminato (prendendo in considerazione l’intervallo gennaio-settembre) è stato di 990.376 nel 2014, 1.368.405 nel 2015 e 925.825 nel 2016. Il picco del 2015 è spiegato, sempre dall’Inps, con l’effetto delle decontribuzioni, cioè l’abbattimento integrale dei contributi previdenziali a carico del datore di lavoro per un periodo di tre anni. Dopo la fiammata del 2015, nel 2016 i numeri dei nuovi contratti stabili sono tornati quelli del 2014, anzi leggermente inferiori. Si apre quindi la questione di quanti posti di lavoro siano in qualche modo precari – un ampio mondo di situazioni contrattuali che comprende anche i voucher.
Questo ha causato alcune polemiche sulle reali dimensioni del precariato. Probabilmente in risposta a questi dubbi, l’Istat ha diffuso nel suo rapporto del 30 settembre 2016 dati organizzati sulla base della quantità di ore lavorate alla settimana. Nel primo e nel secondo trimestre del 2016 l’incidenza sul totale degli occupati di chi ha lavorato una sola ora nella settimana di riferimento è molto ridotta, di appena lo 0,05%. Si sale all’1,6% per la fascia 1-8 ore di lavoro settimanale, al 3,7% per la fascia 9-16, al 22,6% per la fascia 17-32 e al 68,5% per quella superiore alle 32 ore. Insomma, oltre due terzi degli occupati hanno una occupazione che li occupa più o meno a tempo pieno.
Veniamo al numero delle persone che sono state retribuite tramite i voucher. Questi ultimi sono tagliandi acquistati dalle imprese e pensati per retribuire lavoro occasionale: sono di diversi tagli (quello inferiore è da 10 euro) e una parte del loro costo viene pagato all’Inail e all’Inps. Nel caso del voucher da 10 euro, il corrispettivo netto che va al lavoratore è di 7,5 euro. In base al rapporto del Ministero del Lavoro sull’utilizzo di questo strumento, i lavoratori che hanno riscosso almeno un voucher in un mese sono stati circa 250 mila al mese per il primo trimestre del 2016, circa 300 mila al mese per il secondo, e quasi stabilmente 350 mila al mese (ad eccezione di agosto, con 316 mila voucher riscossi) nei mesi successivi.
Se si normalizza il dato a 300 mila occupati che hanno utilizzato voucher con regolarità nel 2016, si vede che la percentuale sul totale degli occupati è intorno al 1,3%. È un numero molto basso sul totale dei lavoratori, ma il loro utilizzo è in netto aumento nel corso degli ultimi anni: il totale di quelli venduti tra gennaio e novembre nel 2016 è di 114.925.180, mentre nello stesso periodo del 2014 erano 69.195.377. Non è chiaro quanti dei 574.000 posti di lavoro siano dovuti ai voucher, in assenza di analisi più precise, ma la media mensile di quanti li utilizzano – circa 300 mila – è comunque inferiore all’aumento totale degli occupati nel periodo preso in considerazione.
Quel che è certo è che il settore destinato a essere più interessato dalla cancellazione dei voucher è l’agricolura. Secondo Coldiretti, in questa maniera perdono opportunità di lavoro nei campi per integrare il proprio reddito 50 mila tra giovani studenti, pensionati e cassintegrati impiegati esclusivamente in attività stagionali. Secondo l’associazione, il rischio è quello di favorire il sommerso. In agricoltura sono stati venduti nell’ultimo anno circa 2 milioni di voucher, più o meno gli stessi di 5 anni fa, per un totale di 350mila giornate di lavoro che – sottolinea la Coldiretti – hanno aiutato ad avvicinare al mondo dell’agricoltura giovani studenti e a mantenere attivi molti anziani pensionati nelle campagne senza gli abusi che si sono verificati in altri settori dove sono aumentati esponenzialmente.
I buoni lavoro sono stati introdotti inizialmente proprio in agricoltura per la vendemmia nel 2008 e da allora, conclude la Coldiretti, hanno consentito nel tempo di coniugare gli interessi dell’impresa agricola per il basso livello di burocrazia con quelli di pensionati, studenti e disoccupati.
Source: agi.it/economia
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