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Vogliamo un’Europa fraterna e ospitale

DI ALEXANDER LANGER

L’Europa oggi non è più scontata: la frantumazione di comunità pluri-nazionali – e non solo di quelle carenti di democrazia! –, l’avanzata dei nazionalismi e di ogni genere di esclusivismo etnico, persino l’epurazione etnica che ricompare, ne minacciano le fondamenta.
C’è un altissimo bisogno, in Europa e nel mondo, di esempi positivi, di una strada che porti all’integrazione, alla democrazia, alla pace, alla giustizia sociale, alla preservazione dell’ambiente: vogliamo che l’Unione sia un esempio positivo e che lo sia senza scaricarne i costi e i pesi sugli altri. Un’Europa fraterna e ospitale, la cui legittimità e credibilità è affidata in primo luogo al consenso dei cittadini: a coloro che scelgono l’integrazione piuttosto che la disintegrazione, che sostengono l’unità politica e non solo il grande mercato, la giustizia sociale e l’ambiente più che la crescita e la competizione. Insomma: c’è bisogno dell’Europa come casa comune, che per suo nucleo abbia la democrazia.
Ecco perchè ci saremmo attesi che la novità delle audizioni dei nuovi commissari avesse poi un senso pieno e un seguito politico efficace.
Bisognerebbe, se si tenesse conto del parere del Parlamento, riflettere se non convenga sostituire qualche candidato particolarmente contestato durante le audizioni e raggruppare in modo più razionale e politicamente responsabile alcune competenze, in particolare in materia di cooperazione e sviluppo (una competenza che oggi manca come tale), di politica estera (affidata a sei componenti diversi della Commissione), di diritti umani (assenti, semplicemente), di diritti delle donne (affidate in modo sbagliato) e di rivedere alla luce delle audizioni alcuni settori critici, dove il Parlamento è rimasto particolarmente deluso (politica interna e di giustizia, droga compresa; ambiente e agricoltura; trasporti; affari sociali; politica energetica; bilancio e controllo di bilancio…). Neanche un impegno in materia di codice di condotta è stato preso nei confronti del Parlamento.
Ma Jacques Santer è venuto oggi davanti a noi con gli stessi nomi, le stesse competenze, come un vero muro di gomma, senza alcuna novità – salvo annunciarci che curerà lui stesso il coordinamento in casi di particolare necessità. E la neo-commissaria danese Ritt Bjerregaard ha detto con disarmante candore la realtà che oggi si conferma davanti ai nostri occhi: “non ci faremo certo fermare da Strasburgo, quello non è un vero Parlamento”.
C’è da rabbrividere, ma ancor più si rabbrividisce di fronte all’Europa che Jacques Santer ci ha dipinto oggi. Ha da essere, innanzitutto, competitiva e arroccata intorno alla crescita economica, esaltare le nuove tecnologie – nuovo mito che rimpiazza e integra l’antico entusiasmo pro-nucleare, gettarsi nelle reti transeuropee e le autostrade informatiche, l’ingegneria genetica e quant’altro fa parte di quel mondo artificializzato che ci resterà dopo la distruzione dei contadini e dell’agricoltura contadina (salvo poi venirci a parlare di “rivitalizzazione dello spazio rurale”)! Come si fa a progettare grandiosi incrementi di traffico e poi preoccuparsi di mitigare qualche effetto dell’inquinamento?
Non vedete che quella vostra politica di fanatismo della crescita produce sistematicamente e scientificamente disoccupazione, degrado ambientale, disagio sociale, emarginazione? Non vedete che l’impegno contro il razzismo e la xenofobia che tanto ci sta a cuore, viene poi regolarmente contraddetto se si continua a distruggere le radici – di identità regionale, sociale, comunitaria – e se si continua a precipitare tante persone in Europa in una condizione di precarietà, nella quale magari si finisce per vedere nell’immigrato o nel rifugiato il concorrente e il nemico?
Ho paura che voi stiate per diventare un comitato d’affari, un consiglio di amministrazione dell’azienda Europa: un’Europa di spostati e di velocizzati, dove si smistano sempre più merci, persone, pacchetti azionari, ma si vuotano di vivibilità le città e le regioni, dove si riducono a eserciti di riserva e di assistiti (quando va bene) milioni di lavoratori, contadini, artigiani, pescatori, bottegai – soprattutto se donne, se anziani o se meno competitivi. Ecco la discriminazione contro i meno competitivi, che vediamo inscritta nel vostro programma di fondamentalisti della crescita, di fanatici della competizione.
Come potremmo votarvi la fiducia? Tradiremmo la dignità di un Parlamento, che si farebbe prendere a pesci in faccia (un Parlamento, ripeto, non un qualche forum europeo), e tradiremmo le attese di chi ci ha mandato qui per impegnarci per la costruzione di un’Europa credibile, ambientale, sociale, solidale – e democratica. Ma perché non prendete il tempo necessario, voi e i governi che vi hanno nominato, per venire incontro alle critiche più importanti di questo Parlamento? Potrebbe essere una strada per avere una Commissione convincente: il Parlamento non vuole indebolirvi, i cittadini d’Europa e i parlamentari che in questi giorni si sentono alla riscossa non vi vogliono male, ma esigono una Commissione all’altezza dei tempi e del bisogno d’Europa che oggi è più grande e più urgente.

Source: lanuovaecologia.it

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