In qualità di persona disordinata lo posso dire: ogni tot devo difendere la mia posizione dagli sguardi giudicanti di chi vede il caos cosmico che regna nella mia stanza da letto, sulla mia scrivania e certe volte – lo ammetto -anche nella mia macchina. Chiunque abbia un modo diversamente ordinato di vivere sa a cosa mi riferisco: per il mondo, il disordine è sinonimo di mancanza di organizzazione, poca efficienza e sciatteria. Da che ne ho memoria uno dei dieci comandamenti in casa mia era “Metti a post0 camera tua!“, perché il disordine “non va bene” ed è qualcosa di cui vergognarci. A me però non ha mai fatto questo effetto, anzi: ho sempre trovato conforto sia nell’ordine e nelle linee precise, che nei cumuli amorfi che spesso si formano sulla mia scrivania e sul desktop del mio computer – solo per fare qualche esempio. Non so esattamente il perché, ma gli ammassi di oggetti mi danno sicurezza, mi fanno compagnia e mi liberano – almeno in parte – dall’opprimente senso del dovere. Diciamolo: è un piccolo e innocuo atto di ribellione, che se ben circostanziato ai luoghi personali, può diventare una specie di rifugio.
Gli ambienti in cui vivo, dopo il mio passaggio, assumono forme nuove, sicuramente caotiche ma per la mia visione delle cose assolutamente sensate – questo per tranquillizzare chi si domanda, con fare un po’ schifato, come ci si riesca a orientare in un magma del genere. E devo dire che apprezzo anche il disordine altrui e vedere come gli altri personalizzino gli spazi creando nuove e inspettate disposizioni di oggetti: penso alle case di due mie amiche in particolare, in cui regolarmente sembra che sia esplosa una bomba o che un gruppo di scimmie imbizzarrite si sia divertito in sua assenza. Questi ambienti che potrebbero fare orrore a molti, a me invece danno un certo sollievo dall’ossessiva mania di controllo, o del dover fare, che ci impone di gestire in un modo preciso i nostri spazi. Ammirare il disordine altrui mi aiuta a pensare che non è vero che nasciamo tutti con uno stesso, innato, senso della disposizione degli oggetti e che invece sopravvive qualcuno che ancora si permette di avere una visione diversa.
Ora la bella notizia è che, in caso di bisogno, possiamo appellarci anche alla scienza per trovare quell’argomento in più a nostro favore – alla faccia di chi dice: ma come fai a vivere così? All’occorrenza possiamo usare le parole dell’economista Tim Hartford, che su Quartz scrive:
Certe volte riponiamo troppa fiducia nell’idea che se qualcosa sembra ben organizzato allora significa che la nostra vita è sotto controllo
Chi l’ha detto che una scrivania sgombra sia sinonimo di una mente libera? Può essere che tutta la confusione che evitiamo sul piano del reale si trasferisca nella nostra mente, e così, evitando di piazzare post-it dappertutto, deleghiamo la loro funzione di memento mori alla nostra mente, con il risultato di essere soltanto più ansiosi. Questa naturalmente è una possibilità – ognuno di noi funziona in modo diverso – ma uno studio del 2001 condotto da Steve Whittaker e Julia Hirschberg (al tempo ricercatori presso AT&T Labs) ha proprio studiato il comportamento di chi organizza con precisione i propri fogli rispetto a chi li distribuisce con cura su ogni superficie disponibile con l’obiettivo di capirne le differenze in termini di efficienza. Il risultato?
Contro ogni pronostico, si scopre che chi sistema subito tutti i propri materiali (sistema che Whittaker definisce “archiviazione prematura”), finisce con l’accumulare molti più elementi inutili di chi lascia “maturare” le cose sulla scrivania, per poi sbarazzarsene al momento opportuno e mettere a posto soltanto le cose importanti. Insomma, secondo questa osservazione, le persone disordinate sembrano effettivamente badare di più all’essenziale, ma in maniera…diciamo indiretta. E creano il presupposto per ottenere un ordine che è davvero il risultato di una scelta e non una compulsiva abitudine a “mettere via”.
Inoltre, il caos può avere effetti benefici anche sulla creatività, e a favore di questa tesi tornano utili le parole del compositore e musicista Brian Eno, che sostiene dichiaratamente di accogliere un certo livello di caos quando è in sala di registrazione:
Il nemico del lavoro creativo è la noia. Mentre l’attenzione è nostra amica. Ora, io penso che ciò che ti mantiene vigile e attento è essere costantemente messo di fronte a una situazione che è oltre il tuo controllo, in modo da guardare con attenzione il modo in cui si risolve.
Contando che questo approccio ha portato a grandi risultati – nel suo caso – non guasterebbe mettersi alla prova per vedere se effettivamente funziona. Certo, sembra chiaro che ognuno debba abbracciare il più possibile quello che è, sia che si abbia una naturale propensione all’ordine che nel caso si preferisca vivere nel caos primordiale. Ma quel che forse non consideriamo mai è che non solo chi è disordinato dovrebbe provare a cambiare e non lasciare che si formino strano creature nei cumuli di vestiti e fogli, ma può valere anche il contrario; anche chi vive nella costante esigenza di catalogare, ordinare e calendarizzare tutto, forse potrebbe, se non adottare uno stile di vita del tutto opposto, almeno evitare di entrare in panico quando si trova a dover gestire una situazione caos. Dopotutto, anche il disordine può esserci amico.
Source: freedamedia.it