Parallelamente alcune grandi organizzazioni a tutela dei diritti umani hanno annunciato di aver deposto un ricorso contro il decreto, che sara’ esaminato il 15 marzo alla vigilia della sua entrata in vigore, rafforzando cosi’ la battaglia giudiziaria ingaggiata da diversi Stati americani contro il bando-bis.
Con una sentenza preliminare e che si applica solo alla famiglia siriana in questione, un giudice federale del Wisconsin, William Conley, ha deciso che il denunciante -un siriano, che ha gia’ ottenuto lo status di rifugiato politico e che sta cercando di portare la sua famiglia in Usa- potrebbe subire “un danno irreparabile” dal decreto. L’uomo, che non e’ stato identificato per ragioni di sicurezza (visto che la famiglia e’ ancora in Siria) risiede in Wisconsin; e cerca dallo scorso anno di trasferire in Usa la moglie e la figlia di 3 anni, portandole via da Aleppo.La sentenza del giudice non blocca l’intero ‘travel ban’, ma semplicemente impedisce che l’amministrazione Trump lo applichi nei confronti della famiglia siriana. (AGI)
Adottato lunedi’ per un’implementazione a partire dal 16 marzo, l’ordine esecutivo vieta l’ingresso a tutti i rifugiati per 120 giorni e sospende la concessione dei visti per 90 giorni ai cittadini di Iran, Libia, Siria, Somalia, Sudan e Yemen. Si tratta della versione ‘light’ rispetto al decreto del 27 gennaio, che causo’ un’ondata di indignazione in tutto il mondo e fu sospeso il 3 febbraio da un giudice federale di Seattle.
Il giudice del Wisconsin ha fissato l’udienza al 21 marzo e, pur ammettendo “differenze significative” tra le due versioni del decreto, ha sostenuto che gli argomenti a favore della sospensione possono essere sostenuti da “altri tribunali”. In contemporanea, l’ong non governativa per la tutela dei diritti civili, ACLU, e il National Immigration Law Center hanno annunciato la presentazione di un appello contro il nuovo decreto insieme a gruppi a sostegno dei rifugiati come l’International Refugee Assistance Project e l’ HIAS, e “a diverse altre persone”, tra cui cittadini americani colpiti dal decreto.
Il nuovo decreto, sostengono le organizzazioni, “e’ stato motivato da un sentimento anti-musulmano e discrimina esplicitamente sulla base dell’origine nazionale”. La denuncia sostiene inoltre che il nuovo decreto viola la protezione, assicurata dalla Costituzione, alla liberta’ di religione. Un giudice in Maryland, Theodore Chaung, ha fissato l’udienza per il 15 marzo, il giorno prima che il decreto entri in vigore.
Source: corrierequotidiano.it/esteri
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