Tutte rose e fiori, manifesti e gigantografie proposte sui propri account social, foto in posa con il presidente del Consiglio Giuseppe Conte con tanto di foglietto con hashtag Decreto Salvini. Sembra una televendita e invece è una conferenza stampa che segue il consiglio dei ministri dove è stato approvato il famoso decreto sicurezza e migranti, la punta di diamante di questa anomala campagna elettorale di governo del ministro dell’Interno Matteo Salvini.
I punti del decreto sono chiari: abolizione del permesso umanitario, tolleranza zero nei confronti dei migranti che commettono dei reati, stop all’iter della richiesta d’asilo nel caso di pericolosità sociale o condanna in primo grado, ridimensionamento del sistema di accoglienza Sprar. Ma ci sono alcune domande che vanno per forza di cose esaminate.
C’era davvero una urgenza che potesse giustificare la realizzazione di un decreto legge (che – per definizione – si applica esclusivamente nei casi di necessità e urgenza e deve essere convertito in legge dal parlamento entro 60 giorni)? In modo particolare, la presidenza della Repubblica aveva richiesto alcune modifiche per far sì che si potesse utilizzare questo strumento. Non tutte sono state accolte.
Altri dubbi riguardano le modifiche ad accordi internazionali che questo decreto potrebbe configurare. Ad esempio, c’è il caso dell’abolizione della protezione internazionale, sostituita con una formula più sfumata, ovvero da «permessi per meriti civili o per cure mediche o se il Paese di origine vive una calamità naturale». La protezione internazionale è frutto di accordi e trattati. Difficile che possa essere cancellata con un decreto legge e senza ricorrere agli strumenti costituzionali necessari per eseguire una operazione del genere.
Come giustificare, poi, il fatto di revocare la richiesta per il diritto d’asilo a chi viene condannato in primo grado se la Costituzione italiana garantisce la presunzione di innocenza fino al terzo grado di giudizio? La stessa Carta fondamentale sarebbe violata nel caso di revoca della cittadinanza per quegli stranieri che mettono in pericolo la sicurezza nazionale. Ma la cittadinanza è uno dei principi fondamentali ed è un valore inviolabile: come fare ad aggirare quest’altro ostacolo senza creare dei precedenti anche per tutti gli altri cittadini?
Insomma, ci sono una serie di punti oscuri che saranno senz’altro al centro di un braccio di ferro istituzionale. Non basta approvare un decreto legge in consiglio dei ministri per portarlo a casa: c’è l’iter in Parlamento, ci sono le valutazioni della Corte Costituzionale, c’è il diritto del presidente della Repubblica di rimandare alle camere una legge già approvata. Fotografie e hashtag sembrano essere decisamente prematuri.
Source: http://www.giornalettismo.com
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