C’è solo una cosa che Sir Tim Berners-Lee, l’inventore quasi trent’anni fa del www (WorldWideWeb), non rifarebbe allo stesso modo. “Se avessi capito prima che i nomi dei domini, gli URL, sarebbero stati usati per speculare, forse non li avrei congegnati nello stesso modo”.
Ma il padre del Web, di cui non tutti conoscono l’identità nonostante la diffusione planetaria della sua creatura, combatte ora contro lo strapotere dei “giganti di internet” e gli abusi che avvengono sulla rete, lavorando perché torni ad essere quello spazio di condivisione globale che era nell’ideale iniziale.
“Fin da quando è nato nel 1989 – ha detto rispondendo all’Agi durante il Deloitte Innovation Summit – mi è stato spesso chiesto quali fossero gli aspetti negativi del web. Nel primo decennio replicavo che quello che conta sono i ‘preferiti’ che ognuno ha sul proprio Pc: se li si sceglie bene, non c’è pericolo, perché l’umanità può essere meravigliosa e orribile, e tutto dipende dalle scelte che si fanno. Sul web ci sono quindi cose meravigliose, ma conosco anche molte persone che hanno fatto esperienze orribili”.
Ma da allora le cose sono cambiate: “ora rispondo in un modo diverso: chi crea un social network deve assicurare che chiunque lo usi sia tutelato: deve essere un luogo in cui, anche se purtroppo esistono aspetti molto negativi, come le discussioni in cui si fomenta l’odio o la misoginia, quelli positivi prevalgano. Bisogna innovare in modo che i sistemi si debbano usare in modo positivo”.
Berners-Lee ha 63 anni, è professore di “computer science” al Mit e all’Università di Oxford, dove negli anni ’70 aveva studiato da bravo londinese molto dotato, ma quando ha dato vita al “WWW” lavorava al Cern, allora diretto da Carlo Rubbia, assieme al collega Robert Cailliau.
Ha presto portato la sua creatura con sé negli Stati Uniti, dove da vent’anni ormai le università utilizzavano internet per comunicare fra loro senza che però ci fosse una rete, appunto, in cui far confluire tutte le informazioni. Per questo il Web è considerato una creatura più americana che europea, anche se è stato inventato a Ginevra da una coppia di scienziati britannico-belga.
Ora Berners-Lee, che dal 2004 ha acquisito dalla Regina il titolo di “Sir” e nel 2016 ha ricevuto il premio Turing, considerato il Nobel dell’informatica, ha deciso di allontanarsi per un periodo dall’attività accademica per dedicarsi a un nuovo progetto: ridisegnare il web per farlo riavvicinare all’ideale originario.
L’obiettivo, ha spiegato a Milano, è creare “un nuovo sistema che permetta a chi lo usa di decidere dall’inizio dove vuole che siano archiviati i suoi dati. Si tratta di metterli in un deposito diverso, separato da quello comune dove ci sono innumerevoli dati di oltre 4 miliardi di persone che accedono a internet, la metà della popolazione mondiale: è enorme!”.
La scorsa settimana ha viaggiato da Lisbona, dove al Web Summit ha annunciato il lancio di un “contratto per il Web” da far sottoscrivere a istituzioni, società e privati, a Milano, dove ha raccontato alla platea riunita da Deloitte come intende “salvare” la sua creatura dagli effetti distruttivi degli abusi, discriminazioni, manipolazioni politiche. “Dieci anni fa, quando andavi per strada, anche qui a Milano per esempio, e chiedevi alla gente che cosa pensava del web, ti rispondeva ‘wow! è qualcosa di entusiasmantè.
Ma ora, se vai per strada e chiedi la stessa cosa, ti risponde “mmmh ci sono le fake news, sono preoccupato per i mei dati personali’ – ha detto – Come creatore del web, provo molta frustrazione, e c’è un livello di responsabilità per chi come me lavora su queste cose. Abbiamo il dovere di assicurare che serva all’umanità. Per questo ho deciso di fare un passo indietro”.
La sua invenzione, ha aggiunto con orgoglio, ha determinato “un cambio di paradigma, ovvero: il mondo dopo è stato diverso dal mondo prima, e il mondo di prima non avrebbe avuto le parole per descrivere quello di ora. Oggi tutti usano le parole ‘clic’, ‘cliccarè, ma trent’anni nessuno sapeva che cosa significava. Quando si scriveva, non si poteva ricorrere a un link, e chi riusciva a immaginare qualcosa del genere pensava che si sarebbe perso”.
Quanto al cambiamento personale, sir Tim lo sintetizza cosi’: “parlavo al massimo a 30-50 persone e solo un paio di loro mi capiva. Dopo tutti hanno potuto scaricare software, e il mio ruolo si è trasformato: dallo spingere un progetto, sono passato a controllarlo”. I paesi europei non sono ancora riusciti ad approvare la famosa “web tax”, che colpirebbe i profitti dei colossi della rete prelevando il 3% del fatturato, secondo la proposta della Commissione Ue.
Potrebbe invece essere l’inventore della rete a dare del filo da torcere a chi si è arricchito grazie alla sua creazione. Proprio quel Tim Berners-Lee che decise di non brevettarla e di farne dono al mondo, senza approfittarne e diventare multimiliardario, perchè sarebbe stato in contraddizione con l’ideale che era alla base del web: la condivisione massima dei saperi e delle informazioni.
Source: www.agi.it
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