È una vera e propria strage, quella compiuta nell’Oceano antartico dalle baleniere giapponesi la scorsa estate. Sono 333, infatti, le balene uccise: 181 femmine, di cui 122 gravide. A renderlo noto sono stati gli stessi ricercatori giapponesi che hanno giustificato questa crudeltà parlando di ricerca scientifica. È quanto si legge nella loro relazione, intitolata “Nuovo programma di ricerca sulle balene nell’Oceano Antartico”, inviata alla International Whaling Commission (IWC), l’organismo globale intergovernativo che si occupa della conservazione delle balene e della regolazione della caccia ai cetacei. Un rapporto che attesta la crudeltà verso centinaia di specie di balenottere minori, durante la consueta stagione di caccia nell’Antartide.
Né il Giappone né la Norvegia, infatti, hanno mai rispettato la moratoria sulla caccia commerciale delle balene istituita nel 1986 dall’Iwc. I nipponici non si sono fermati nemmeno davanti all’imposizione della Corte internazionale di giustizia di sospendere la caccia, stabilendo che non aveva motivazioni scientifiche. Due anni dopo, il Giappone ha ripreso la caccia ai cetacei sotto un nuovo programma di ricerca scientifica, limitandosi a ridurre di un terzo la quota di animali di abbattere.
Alexia Wellbelove, dirigente della ong Humane Society International, ha commentato: «L’uccisione di 122 balene gravide è un dato scioccante e un triste atto d’accusa della crudeltà della caccia giapponese. È un’ulteriore dimostrazione, caso mai servisse, della natura raccapricciante e inutile di queste operazioni, specialmente quando ricerche non letali si sono dimostrate sufficienti per le necessità scientifiche».
Source: lanuovaecologia.it
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