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Stiamo Ipersessualizzando Bambini e Adolescenti?

“Ah, io alla tua età pensavo ancora a giocare con le bambole”: avete presente quando gli adulti mettono in chiaro che i tempi sono cambiati e non ci sono più i bambini ingenui di una volta? Da molti punti di vista è vero che i bambini e gli adolescenti di oggi hanno capacità e comportamenti molto precoci, specie se confrontati con le generazioni passate. C’è chi però ritiene che – perlomeno parlando di erotismo e sessualità – oggi i più piccoli siano forzati a crescere troppo in fretta, ovvero che la nostra società, piena com’è di stimoli e immagini diffuse dai media, tenda ad ipersessualizzare i bambini.

È vero che lo sviluppo sessuale dei bambini viene dirottato da una cultura segnata dall’ipersessualizzazione? Oppure sono gli adulti che reagiscono e si irrigidiscono semplicemente per paura delle naturali espressioni sessuali dei figli? La questione è piuttosto complessa.

In genere si parla di ipersessualizzazione soprattutto in riferimento alle bambine: l’ipersessualizzazione – o sessualizzazione precoce – di bambine e adolescenti è un argomento delicato e che chiama in causa diversi fattori. Il termine “ipersessualizzazione” può essere usato per riferirsi a teenager raffigurate in modo sensuale o ammiccante, ma anche per indicare i riferimenti, più o meno impliciti, alla sessualità trasmessi, o addirittura imposti, ai più piccoli in modo inappropriato attraverso i media, il marketing o quei prodotti che incoraggiano comportamenti tipici dell’età adulta.

Esempi di ipersessualizzazione sono le pubblicità di ragazzine in pose sexy o le teenager che su YouTube si vestono e ballano in modo ammiccante su canzoni pop dai testi espliciti, ma il campionario è davvero vario. Anche la comunicazione sui social favorisce un certo abbattimento delle barriere (e delle remore): un recente caso famoso è quello del commento che la modella Ali Michael postò l’anno scorso sul 14enne Finn Wolfhard, uno dei protagonisti di Stranger Things.

Che l’ipersessualizzazione sia un fenomeno inedito o no – alcuni sostengono che in realtà le ragazzine è da molto che vengono “sessualizzate” dalla cultura pop – l’uso intensivo di internet e degli smartphone ha probabilmente in qualche modo normalizzato tutto ciò, abituando ad anticipare sempre di più i tempi, e a bruciare le tappe. Di sicuro non è ininfluente anche l’aumento di visibilità, pubblicità e accessibilità dei prodotti e dei servizi legati al consumo della sessualità online – ad esempio chat e web-cam – con l’intenzione principale di fare soldi catturando, coinvolgendo e stimolando lo spettatore. E certo bambini e adolescenti, lasciati soli davanti al pc, sempre più spesso diventano precoci fruitori del cybersesso.

Quello che è sicuro è che i dibattiti sull’ipersessualizzazione sono sempre molto accesi e in genere si prestano a posizioni rigide e polarizzate: c’è chi si chiude e vorrebbe un’educazione da anni ’50 e chi invece ritiene che la malizia sia soprattutto nell’occhio di guarda. Un punto essenziale è capire se l’ipersessualizzazione danneggi davvero i bambini.

Il Parlamento Europeo nel 2016 ha diffuso una risoluzione dal titolo  Combattere l’ipersessualizzazione dei bambini. In quella sede è stata espressa la “preoccupazione per l’eccessiva sessualizzazione dei bambini, un fenomeno diffuso nei media, nelle campagne di marketing, nei programmi televisivi e nei prodotti di uso quotidiano”, sottolineando quanto questo fenomeno possa avere un grave impatto sull’autostima, sul benessere, sulle relazioni e sulle pari opportunità dei bambini.

Molti dicono che il vero problema dell’ipersessualizzazione riguardi in realtà soprattutto l’oggettivazione delle ragazze. Il fatto di inserire le bambine in un regime estetico di un certo tipo metterebbe in chiaro in qualche modo chi è che detiene il potere nel nostro mondo. Con la sessualizzazione precoce le ragazze vengono preparate insomma ad accettare il ruolo passivo dell’oggetto, il cui unico potere è quello di usare il proprio aspetto per attirare le attenzioni maschili.

La conseguenza dell’ipersessualizzazione può essere insomma quella che è stata definita nel 1997 da Fredrickson e Roberts co e “auto-oggettivazione”. Questo termine si riferisce al processo attraverso il quale le donne e le ragazze sono a poco a poco spinte ad adottare la prospettiva di un osservatore esterno sul loro sé fisico, al punto da arrivare a vedere loro stesse principalmente come un oggetto guardato e valutato sulla base del proprio aspetto. Questa auto-osservazione ha una serie di effetti negativi sulle ragazze, tra cui maggiore vergogna e ansia per il corpo, disturbi alimentari, umore depresso e una anticipazione forzata della sessualità.

Se questo è lo scenario, che fare dunque? Innanzitutto ognuno può iniziare a sorvegliare i proprio comportamenti, evitando ad esempio frasi come quelle della modella di cui abbiamo parlato poco fa. Cresci bene che ripasso” e le altre possibili varianti sul tema: sono piene di indelicatezza e non vanno utilizzate, anche se ci si trova dietro uno schermo. Più in generale, dobbiamo tutti assumerci delle responsabilità e sapere che in ogni gesto o frase ci possono essere dei messaggi che possono mancare di rispetto o minare la sensibilità di chi ha una maturità ancora in via di sviluppo.

Non si tratta di essere bigotti o bacchettoni: il mondo è davvero cambiato ed è sciocco nascondere la testa sotto la sabbia. Se si hanno dei figli, la cosa più equilibrata da fare è probabilmente cercare un compromesso che sia soprattutto all’insegna del dialogo e della comunicazione. Non dimentichiamoci che le parole hanno il potere di rivestire di senso nuovo gli stimoli e le immagini con cui la società ci bombarda.

Più che pensare di chiudersi a riccio, è utile provare a reagire controbilanciando le tendenze spesso cieche e malsane del mercato e del web aumentando il dialogo con i bambini che abbiamo attorno. Al di là delle iniziative istituzionali – ad esempio in ambito scolastico – sempre necessarie e auspicabili, la sensibilizzazione è qualcosa che tutti possiamo praticare in ogni momento, cercando di restare in ascolto e di abitare le contraddizioni del nostro tempo invece di limitarci a criticarle.

Source: freedamedia.it

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