Gli studiosi, in particolare, hanno scoperto una classe di enzimi attiva sugli elementi costitutivi della lignina, uno dei componenti principali di alcuni tipi di vegetali, dopo decenni di ricerche da parte di numerosi scienziati intenzionati a trovare un metodo per degradare questa molecola in modo da recuperare composti chimici più piccoli e potenzialmente utili.
La lignina è una famiglia di giganteschi e complessi polimeri tridimensionali che le piante hanno sviluppato per proteggersi, trovandosi principalmente nelle loro pareti cellulari e agendo da impalcatura, e fondamentale per l’arrivo dell’acqua. È inoltre la difesa naturale dagli agenti patogeni ed è presente in grande quantità nella piante dette appunto legnose (es. alberi).
Struttura chimica della lignina
Ma soprattutto è una potenziale enorme risorsa: le lignine, nel loro complesso, sono infatti i secondi biopolimeri sintetizzati sulla Terra per quantità dopo la cellulosa, con la quale rappresentano circa il 70% della biomassa totale, e con la quale, in alcuni casi, formano la lignocellulosa, ancora più difficile da degradare.
Qualcosa che non era possibile farsi sfuggire. Ma la loro complessità aveva reso vani diversi tentativi compiuti finora. “Abbiamo composto un team internazionale allo scopo di trovare e ingegnerizzare enzimi presenti in natura – spiega John McGeehan, che ha guidato la ricerca – Gli enzimi sono catalizzatori biologici in grado di portare a termine incredibili reazioni, degradando alcuni dei nostri polimeri naturali e artificiali tra i meno reattivi”.
E questa nuova classe riesce a fare quello che prima era impossibile proprio sulla lignina, risolvendo il passaggio chiave del suo meccanismo di degradazione. I risultati ottenuti forniscono un percorso per produrre nuovi materiali e sostanze chimiche come il nylon, le bioplastiche e persino la fibra di carbonio, e tutto da quello che prima era un prodotto di scarto.
La scoperta offre anche ulteriori vantaggi ambientali: la creazione di prodotti da lignina riduce infatti la dipendenza dal petrolio per i prodotti di uso quotidiano e offre un’alternativa interessante alla combustione, contribuendo a ridurre le emissioni di anidride carbonica.
Gli enzimi scoperti sono in particolare citocromi P450 e hanno un altro incredibile lato positivo: sono in grado di lavorare su un’ampia gamma di molecole (per questo detti “promiscui”, ma in questo caso in senso decisamente positivo). Inoltre sono potenzialmente ingegnerizzabili e quindi si ritiene possibile l’ottenimento di altre molecole attive su altri substrati.
La ricerca, finanziata dal Biotechnology and Biological Sciences Research Council, la National Science Foundation e il DOE EERE Bioenergy Technologies Office, è stata pubblicata su Nature Communications.
Source: greenme.it
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