Matteo Renzi potrebbe essere rieletto segretario del Pd con il 53% delle preferenze. Lo rivela un sondaggio Ipsos pubblicato dal Corriere della Sera, secondo cui alle spalle dell’ex premier, ma nettamente staccato, c’è il ministro della Giustizia Andrea Orlando con il 25% e ancora più indietro il terzo candidato emerso in questi giorni, Michele Emiliano, che non va oltre l’8%. Resta però il peso del 14% di indecisi che potrebbe ancora spostare gli equilibri.
La notorietà delle primarie raggiunge circa il 60% degli italiani, con punte più elevate nell’elettorato di centrosinistra e del Pd, ma con un ottimo livello di conoscenza anche presso gli altri elettori. Si tratta di consultazioni guardate con attenzione da una fetta non irrilevante di italiani. L’11% se ne dichiara molto interessato, il 15% esprime un interesse almeno parziale. Per un totale di oltre un quarto degli italiani che prestano attenzione a questo percorso.
Questo dato cresce negli elettori di area, arrivando al 60% di chi intende votare Pd e a poco meno (56%) fra gli elettori delle altre liste di sinistra o centrosinistra. Ma anche tra gli altri elettori poco meno del 20% esprime interesse. Interesse non significa automaticamente partecipazione al voto: molti guardano con attenzione per la rilevanza della consultazione, indipendentemente dal loro coinvolgimento diretto.
Per chi voterà alle primarie?
Le stime di partecipazione attualmente si attestano a poco meno del 3% di elettori sicuri, che parteciperanno senza dubbio alle primarie, e a poco meno del 4% di elettori probabili, attualmente non del tutto sicuri di andare alle urne. Riportati al totale degli elettori maggiorenni residenti in Italia (circa 47 milioni di elettori, escludendo gli iscritti all’anagrafe dei residenti all’estero) possiamo stimare a poco meno di 1,4 milioni i partecipanti sicuri, a circa 1,8 i probabili, di cui solo una parte andrà davvero a votare. Non sembra quindi scontato che si raggiunga il livello di partecipazione delle ultime primarie, quelle del dicembre 2013, che videro l’affluenza di circa 2,8 milioni di italiani.
Renzi prevale sugli altri candidati: il 53% è orientato a votare per l’ex premier, il 25% si esprime per Orlando, Emiliano si ferma all’8%. 14% è attualmente incerto. Tra gli elettori Pd propensi a votare alle primarie, i rapporti naturalmente cambiano: il 66% voterebbe per Renzi, il 19% per Orlando, l’8 per Emiliano, con pochi incerti (7%). Tra i potenziali partecipanti provenienti da altre aree politiche (principalmente di sinistra), Orlando otterrebbe consensi elevati (44%), mentre Renzi subisce una forte contrazione (12%) ed Emiliano mantiene inalterato il livello di adesioni (8%). In questo caso però l’incertezza è piuttosto elevata (36%).
Rispetto alle stime di un mese fa dati segnalano una sostanziale stabilità di Emiliano, un rafforzamento dell’area di «sinistra» (Rossi e Speranza insieme avevano il 13% contro l’attuale 25% di Orlando), un relativo indebolimento di Renzi che scende circa di 6 punti rispetto ad allora. In sostanza si consolida la candidatura Orlando che sembra attirare anche qualche voto che allora si orientava su Renzi. Che si sia in una situazione aperta è ulteriormente reso evidente dall’indicatore winner, cioè dalla scommessa su chi vincerà. La maggioranza relativa degli italiani (40%) è incerta, solo 30% scommette sulla vittoria di Renzi, gli altri si dividono tra Orlando ed Emiliano (12% e 9%).
Orlando ha anche scritto al Corriere per rispondere a Ernesto Galli della Loggia e al suo monito sulla ‘retrorica del progresso’. Per il Guardasigilli “la via proposta – una sinistra che abbia il coraggio di dirsi ‘regressista’ – non mi pare, francamente, la soluzione: anche perché già esiste, e molto oltre le intenzioni e lo spirito della provocazione di Galli della Loggia, si incarna nella visione idealizzata di un passato che non è mai esistito o, peggio, in un’accozzaglia ai credenze antiscientifiche e complottiste”.
Per Orlando “in quella sinistra agisce spesso una radicale sfiducia nell’uomo dalla quale io credo occorra tenersi lontani” e “di fronte alle rivoluzioni tecnologiche che non di rado producono ingiustizie sociali e generano inquietudini la politica troppo spesso ha abdicato al proprio ruolo”. “La sinistra si è divisa tra tentazioni neoluddiste e tifoseria acritica” aggiunge, “ma non si può rispondere al cambiamento cercando di fermarlo, esattamente come non possiamo affidarci a una sorta di ‘Provvidenza digitale’ di cui dovremmo limitarci a osservare le meraviglie”.
La politica, secondo il ministro della Giustizia, ha “fra gli altri, il compito di rispondere alle inquietudini dei perdenti o dei dimenticati: non solo i poveri ma anche quelli che temono l’impoverimento e a cui non rimane che rivoltarsi contro la società aperta, votando Brexit o Trump”. La grande trasformazione di questo tempo, scrive ancora, “pone nuove domande di libertà e di uguaglianza, e persino nuove domande di senso, rimaste sin qui inevase. Ed è sulle risposte che va misurata la politica, e persino l’innovazione stessa, che non deve essere subita, ma orientata”.
Source: agi.it/politica
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