Sei aprile 2009, alle ore 3.32 la terra trema a L’Aquila e una violentissima serie di scosse, la più forte di magnitudo di 6.3, devasta la città e molte aree della provincia. Una catastrofe che colse nel sonno gli abitanti e rase al suolo case, monumenti, edifici storici, ospedali, università: la Casa dello studente diventerà uno dei simboli del sisma, con le sue otto vittime.
Il bilancio finale sarà di 309 vittime, 1.600 feriti, di cui 200 gravissimi, circa 70.000 sfollati, di cui 13.000 studenti universitari fuori sede. La frazione est della città, Onna, è rasa completamente al suolo.
La macchina dei soccorsi non tarda a mettersi in moto. Molte le persone che vigili del fuoco e Protezione civile riescono a estrarre vive dalle macerie: tra queste Marta Valente, 24 anni di Bisenti (Teramo), studentessa di medicina, viene salvata dopo 23 ore; Eleonora Calesini, 21 anni, di Mondaino (Rimini), dopo 42 ore; Maria D’Antuono, 98 anni, di Tempera (L’Aquila), trovata viva dopo 30 ore.
I feriti vengono ricoverati negli ospedali di Avezzano, Pescara, Chieti, Ancona, Roma, Rieti, Foligno e Terni. L’ospedale “San Salvatore” dell’Aquila è gravemente danneggiato, e feriti e degenti sono costretti a stare sui lettini e sulle barelle all’esterno dell’edificio, con temperature che scendono anche sotto lo zero nel corso della notte.
Oltre 35.000 scosse, una media di una ogni due minuti e mezzo vengono registrate dal 6 aprile in poi. I primi movimenti tellurici erano stati registrati a dicembre 2008. Poi fu un continuo di scosse che allarmarono non poco la popolazione fino al terremoto distruttivo del 6 aprile. Alla solidarietà dell’Italia intera ha fatto subito da contraltare la mano vigliacca che si è allungata nelle case sventrate dal sisma per rubare.
Accade sempre subito dopo la scossa, quando la gente si precipita in strada mezza nuda e scalza, oppure in pigiama e ciabatte. Mentre tutt’intorno è morte e le macerie hanno inghiottito le persone, qualcuno scrive la pagina più odiosa della tragedia. È un libro già letto in caso di calamità, eppure stavolta provoca una risposta immediata delle forze dell’ordine, che arrestano i primi sciacalli.
Il sisma ha apportato danni notevoli al patrimonio storico-artistico di cui era particolarmente ricca l’Aquila: tutte le chiese (oltre un centinaio), a partire dalle più importanti basiliche, sono state dichiarate immediatamente inagibili per lesioni o crolli importanti assieme a palazzi storici nel centro storico compreso il Forte Spagnolo, uno dei simboli della città.
Alla luce dei danni e delle vittime il sisma risulta il quinto terremoto più distruttivo in Italia in epoca contemporanea dopo il terremoto di Messina del 1908, il terremoto di Avezzano del 1915, il terremoto del Friuli del 1976 e il terremoto dell’Irpinia del 1980. Nel solo capoluogo, risultano danneggiati 16.000 edifici e, di questi, 8.700 sono classificati ‘E’, cioè fortemente lesionati e quindi non agibili. L’allora premier Silvio Berlusconi si reca subito sul luogo della tragedia promettendo agli aquilani che “nessuno sarà lasciato solo”.
Nei primi mesi del post-sisma gli sfollati che hanno deciso di rimanere in città vengono sistemati in numerose tendopoli, altri vengono ospitati negli alberghi della costa, altri ancora trovano riparo presso amici e conoscenti che vivono fuori dal capoluogo. Tra settembre e novembre la costruzione delle cosiddette “new town”, 19 quartieri di case antisismiche, vengono consegnate ai terremotati. Una città nella città che abbraccia praticamente tutte le periferie. Oggi, con la ricostruzione che va avanti, più lentamente nelle frazioni, nei progetti Case e nei Map (moduli abitativi provvisori) vivono ancora alcune migliaia di persone in attesa di riavere la loro abitazione. Per gli studenti non va meglio: ancora oggi in molti seguono le lezioni nei Musp (moduli ad uso scolastico provvisorio).
Sin dal XIV secolo L’Aquila è stata soggetta ad alcuni eventi tellurici di grave intensità: Il 26 novembre 1461, dopo un terremoto di magnitudo 6.5, la città fu interamente ricostruita, in stile rinascimentale. Poi ci fu il “Grande terremoto” del 14 gennaio 1703 quando gran parte dell’Aquila fu rasa al suolo. Per la ricostruzione furono adottati canoni tardo barocchi e gli edifici rinascimentali ricostruiti ex novo. Mantennero solo alcune facciate di chiese come Collemaggio (la basilica che fino al sisma del 2009 ha ospitato le spoglie di Papa Celestino V), e le mura medievali.
Source: www.agi.it