Lo scorso 24 novembre alcune sigle sindacali hanno indetto uno sciopero dei lavoratori del centro di distribuzione di Amazon a Castel San Giovanni. L’azienda: “I salari dei dipendenti di Amazon sono i più alti del settore della logistica”. Ma è vero?
Lo scorso 24 novembre, il giorno del famoso Black Friday, alcune sigle sindacali hanno indetto uno sciopero dei lavoratori del centro di distribuzione di Amazon a Castel San Giovanni, dove risiede il primo e più grande magazzino del colosso dell’ecommerce in Italia. La richiesta, spiegano i sindacati, è quella di ottenere un incremento della retribuzione che possa andare oltre i minimi del Contratto collettivo nazionale del lavoro. Così i lavoratori hanno incrociato le braccia, ottenendo dall’azienda solo una risposta secca: “I salari dei dipendenti di Amazon sono i più alti del settore della logistica”. Ma è vero?
A cercare di fare chiarezza è stata l’Agi, partendo da una semplice domanda: come è possibile che i salari siano “i più alti del settore della logistica” quando i sindacati parlano di “minimi del Ccnl”? La risposta è in un errore spesso compiuto anche dalle testate che hanno raccontato la vicenda e che fanno riferimento al contratto di Amazon come se fosse un contratto legato alla logistica – Ccnl logistica, trasporto merci e spedizione – quando invece i dipendenti a tempo indeterminato sono assunti tramite contratto del commercio, cioè il Ccnl terziario, distribuzione e servizi, da quando l’azienda è attiva in Italia, cioè dal 2011.
In quest’ottica, in breve, hanno ragione sia Amazon che i sindacati: i dipendenti dell’azienda guadagnano sì il minimo tabellare, come sostenuto dai sindacati, ma è altrettanto vero che sfruttando un’altra tipologia di contratto godono di uno stipendio più alto rispetto ai lavoratori della logistica con relativo contratto. Ma quanto guadagna, quindi, un lavoratore di Amazon al mese?
Amazon ha riferito all’Agi di avere in Italia 1.600 dipendenti assunti a tempo indeterminato all’interno del centro di distribuzione di Castel San Giovanni, vicino a Piacenza. Un numero che da sempre cresce a ridosso dei periodi più caldi, come quello che inizia a settembre e finisce a Natale: in questi casi si possono aggiungere fino a 2.000 nuovi lavoratori con contratto di somministrazione non facenti parte di cooperative. Si parla di persone con un’età media di 33 anni e con una percentuale di donne e stranieri rispettivamente del 36 e del 40 percento.
All’inizio della sua carriera, un dipendente di Amazon viene inquadrato come un quinto livello, cioè in grado di percepire uno stipendio di 1.489,33 euro lordi al mese. Il contratto della logistica, invece, prevede retribuzioni un poco più basse, pari a 1.460,06 euro lordi al mese per un quinto livello. Amazon ha poi spiegato che il rapporto lavorativo prevede integrazioni contrattuali, con un aumento di 700 euro lordi annui dopo 12 mesi dall’assunzione. A 18 mesi dall’inizio del rapporto lavorativo, inoltre, il lavoratore ha il primo scatto di livello, passando dal quarto al quinto e arrivando a guadagnare 1.578,75 euro lordi, sempre mantenendo l’aumento di 700 euro lordi annui.
Lo stipendio non è il vero motivo alla base dello sciopero dello scorso venerdì, o per lo meno non sembra rappresentare la motivazione principale. Le problematiche sollevate dai sindacati riguardano le modalità di lavoro, definite stressanti e troppo pesanti per i lavoratori. Situazione che, spiegano i sindacati, porta spesso anche ad infortuni sul lavoro, il cui livello sarebbe particolarmente elevato. L’azienda ha invece risposto che il “tasso di infortuni è inferiore del 32 percento rispetto alla media nazionale del settore trasporti e magazzini” e che ogni lavoratore ha 30 minuti di pausa retribuiti all’interno di un orario di lavoro di 7 ore e mezza.
Anche dal punto di vista dei benefit più basilari Amazon e i sindacati si stanno scontrando: secondo l’azienda il contratto garantisce numerosi bonus, tra cui “gli sconti per gli acquisti su Amazon.it, i buoni pasto, le navette gratuite per il trasporto dei dipendenti e l’assicurazione sanitaria privata”. Quest’ultima, però, secondo i sindacati sarebbe integrata all’interno del contratto nazionale di lavoro del commercio. Ed è vero, ma Amazon ha poi spiegato di prevedere due assicurazioni sanitarie: una è quella da contratto, mentre l’altra, privata, è riservata ai dipendenti a tempo indeterminato.
Oltre a bonus che potremmo definire “standard”, Amazon prevede anche alcune pratiche che spesso le aziende americane mettono in pratica con i loro dipendenti. Nel caso dell’azienda di ecommerce si tratta di The Offer e Career Choice. La prima, spesso utilizzata da molte aziende americane, prevede un’offerta a tempo messa sul tavolo di un lavoratore che abbia un’anzianità compresa tra i due e i cinque anni. L’offerta prevede la possibilità di rescindere il contratto ottenendo un bonus di uscita proporzionale al numero di anni passati all’interno di Amazon. Il motivo? Tenere all’interno della realtà solo i lavoratori motivati, scremando quelli interessati solo al guadagno.
La seconda offerta, il Career Choice, prevede invece il pagamento del 95 percento del percorso di studi di chi decide di studiare qualcosa di diverso al di fuori dell’orario di lavoro, purché non si tratti di corsi universitari. Possono essere lezioni di lingue straniere o di yoga, oppure corsi di design o di sport. La prima offerta, secondo i sindacati, dimostrerebbe lo scarso rispetto e attaccamento ai propri dipendenti da parte dell’azienda, che invece dal canto suo spiega come il tasso di dimissioni dei lavoratori sia sceso dal 3,5 al 2,5 percento nel corso dell’ultimo anno.
Per il momento, entrambe le parti. Da un lato è vero che Amazon offre ai suoi dipendenti un contratto caratterizzato da uno stipendio più alto della media del settore della logistica, ma questo perché la tipologia del contratto è quella legata al commercio. Dall’altro lato, invece, è altrettanto vero che gli stipendi dei lavoratori sono al minimo tabellare come sostenuto dai sindacati.
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