Shakespeare in Love ce lo aveva mostrato per l’epoca elisabettiana, ma chi conosce un po’ di storia del teatro lo sapeva già: il rapporto tra donne e palcoscenico non è sempre stato facile. Se ora le attrici sono celebrate alla stregua di divinità (a mio avviso, assolutamente a ragione), nel passato le protagoniste indiscusse di alcuni tra i più celebri drammi della storia della letteratura teatrale erano impersonate da uomini: le donne infatti, per lungo tempo, sono state tenute rigorosamente lontane dal palco.
Nella Grecia antica incontriamo Alcesti, Antigone, Clitemnestra, Fedra, Medea; le protagoniste della scrittura dei più grandi drammaturghi hanno avuto uomini come interpreti e anche come spettatori; non è certo, infatti, che le donne del tempo potessero assistere alla rappresentazioni teatrali. D’altra parte, neanche per gli uomini era facile interpretare i ruoli femminili, visto che non era affatto visto di buon occhio interpretare dei personaggi dall’emotività così instabile (com’era considerata quella femminile). Questi personaggi scatenano guerre, sfidano sovrani, accettano la morte, si ribellano a padri e consorti; ma nella vita quotidiana, le donne si vedono per lo più escluse dalla vita sociale, stando relegate in casa o nel gineceo.
Nella Roma antica, invece, le donne possono esibirsi nei mimi (rappresentazioni senza una trama di scene di vita quotidiana) e assistere agli spettacoli; ma di nuovo, non è ben vista la partecipazione delle donne a questo tipo di manifestazioni, almeno secondo quanto riportato da diversi scrittori tra cui Giovenale, che condanna fermamente le donne che frequentano gli spettacoli teatrali, nella sua VI Satira. In queste occasioni, infatti, secondo la sua visione, le donne finiscono per offrirsi agli uomini contribuendo al dilagare dei costumi libertini e corrotti dei romani.
Le cose sembrano cambiare durante l’Impero Romano d’Oriente, quando comincia a essere tollerata la partecipazione femminile a spettacoli – nonostante sia ancora considerata una professione per donne dalla moralità discutibile. Eppure, sembra essere stato proprio quello il mestiere di una donna molto conosciuta al tempo, la celebre Teodora, imperatrice di Bisanzio, nata a Costantinopoli attorno al 497, in una famiglia di umili origini e conosciuta come attrice prima di sposare l’imperatore Giustiniano.
Con il Medioevo però si ricomincia da capo. Il teatro viene bandito dalla Chiesa e vengono risparmiate soltanto le rappresentazioni di carattere religioso (dove comunque i ruoli femminili sono interpretati dagli uomini). Ma con il passare del tempo, emergono le storie di alcune donne che non rinunciano all’interesse per l’arte teatrale. Tra queste, spicca quella di Roswitha di Gandersheim, nipote di Ottone I, nata nel 935 circa, e diventata presto badessa dell’abbazia di Gandersheim, in Sassonia. Roswitha non è soltanto una monaca cristiana, ma si interessa di letteratura e in particolare apprezza gli scritti di Terenzio. Ispirandosi ai suoi testi, Roswitha scrive drammi sacri e opere teatrali, come Il Gallicano, la Resurrezione di Drusiana e Callimaco, La conversione di Taide.
L’epoca elisabettiana conferma l’assoluta proibizione per le donne di partecipare agli spettacoli teatrali, ma regala personaggi immortali del calibro di Ofelia, Lady Macbeth, e Desdemona (giusto per citare alcune delle figure femminili nate dal genio di Shakespeare). L’interesse femminile verso l’arte scenica, però, non diminuisce, anzi: c’è chi si traveste per provare almeno una volta l’emozione del palco e chi si esibisce in contesti privati. E già verso la metà del 1500, una cortigiana italiana riesce a farsi ingaggiare per alcuni spettacoli nel periodo di Carnevale. Si tratta di domina Lucretia Senensis, Lucrezia di Siena – almeno secondo quanto riportato nel contratto datato 10 ottobre 1564, che testimonia la sua presenza, come attrice, in una compagnia di commedie.
Con l’avvento della Commedia dell’Arte, le donne possono finalmente calcare i palcoscenici, esibendosi di fronte a un pubblico, mentre in Inghilterra, con la Restaurazione di Carlo II, viene tolto loro il divieto di recitare. Qualche anno fa, una mostra dal titolo Prime attrici, presentata alla National Portrait Gallery di Londra, ha raccontato proprio la storia delle prime donne inglesi a diventare attrici e la nascita di quell’adorazione nei loro confronti, che conosciamo bene anche oggi. In un articolo del Sole 24 Ore si racconta: “dopo secoli di uomini travestiti da donne per le esigenze di scena, il successo fu immediato e travolgente. Il pubblico londinese affollò subito i teatri e le prime attrici diventarono rapidamente delle dive ante litteram.”
Eleanor Gwyn – detta Nell – fa il suo debutto nel 1664 al Theatre Royal di Covent Garden (a soli quattordici anni) e incanta subito il pubblico londinese: le donne imitano il suo stile, le persone si interessano alla sua vita al di fuori dalla scena, mentre gli intellettuali celebrano le sue esibizioni. Stesso destino per Mary Robinson, attrice che sostituirà Nell nei cuori degli spettatori teatrali di Londra, mentre la celebre Sarah Siddons, qualche anno più tardi, diventerà una delle prime interpreti a elevare lo status di attrice a quello di artista colta e rispettabile, tanto da diventare l’istruttrice delle figlie del Re Giorgio III. Sarà a partire dall’800 che il mestiere di attrice si consoliderà come sinonimo di una certa levatura intellettuale, anziché di prostituzione.
Le interpreti non si limitano a recitare, ma scrivono opere teatrali, si cimentano nella regia, e nonostante l’impegno della Chiesa a condannarle, è ora possibile, per loro, vivere della propria arte. Le grandi attrici che conquistano le platee dei teatri più importanti propongono spesso l’immagine di una donna angelica ed eterea, mentre con l’inizio del ‘900, a questa figura viene sostituita quella dell’artista indipendente e colta. Ed è proprio nel passaggio di questi due secoli che si inserisce il mito di Eleonora Duse, l’attrice di Vigevano che diventa una stella di fama internazionale, tanto da essere la prima italiana a conquistare la copertina del Time, nel 1923.
Al suo fianco, un’altra celebre attrice a livello internazionale, Sarah Bernhardt, contribuisce a creare il mito delle grandi interpreti teatrali; donne che frequentano l’alta società, che stregano il pubblico con interpretazioni indimenticabili e vivono intense passioni, sia dentro che fuori la scena, alimentando l’interesse morboso della stampa nei loro confronti.
Arrivati al ‘900, possiamo ricordare tantissime attrici che, con il mestiere delle recitazione, sono state protagoniste di piccole e grandi battaglie: pioniere che non solo hanno conquistato le luci della ribalta, ma che con il loro impegno hanno mostrato la necessità delle donne di emergere nella società, di essere indipendenti ed emancipate. Spiriti coraggiosi, che hanno aperto la strada verso il cambiamento.
Source: freedamedia.it
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