Il 2 gennaio c’e’ stata una scossa sismica di magnitudo locale 4.1, con epicentro a Campello sul Clitunno. In particolare, a partire dal 9 gennaio circa, sei pozzi hanno iniziato a scaldarsi, raggiungendo temperature che oscillano dai 27 ai 35 gradi. Le scosse sono continuate nei 2 mesi successivi.
L’ultima due giorni fa, il 13 marzo, di magnitudo 3.1 a pochi km dagli ultimi 2 pozzi divenuti caldi: a Colle San Tommaso e a Camposalese, frazioni di Spoleto. “Non bisogna assolutamente ancora parlare di previsione deterministica di terremoti, ma solo di ‘ricerca’.
Si puo’ invece sottolineare la correlazione spazio-temporale tra eventi sismici locali e surriscaldamento dei pozzi”, ha dichiarato Fedora Quattrocchi, dirigente tecnologo del laboratorio geochimica dei fluidi e radionuclidi dell’Ingv, della sezione Roma 1, che con alcuni colleghi sta conducendo questa ricerca nell’area spoletina.
Una linea che in profondita’ nasconde una faglia ben catalogata dalla letteratura, ma spesso non riscontrabile con i metodi di geologia strutturale classici e che invece oggi si intravede con la geochimica dei fluidi. Essa si sviluppa in parallelo rispetto a quella di Colfiorito, che ha dato origine ai terremoti del 1997, a quella dell’Aquila del 2009 e a quelle di Norcia-Amatrice-Camporeale del 2016-17, da cui sono originati gli eventi sismici degli ultimi mesi.
“Svolgiamo un monitoraggio costante su questi pozzi con prelievi e analisi di tutti gli elementi chimici ed alcuni isotopi, i gas disciolti compresi i livelli di radon, un gas nobile che si libera con le micro-fratturazioni della roccia che possono precedere un forte terremoto.
Le forze in gioco sono ancora troppo scarse su questa disciplina ed e’ per questo che utilizzare un questionario e’ molto utile per avere piu’ informazioni in tempo reale, poi scremate e valutate attentamente in situ. Un’esperienza di democrazia partecipata nella scienza sperimentale”, dice la ricercatrice dell’Ingv.
Source: corrierequotidiano.it/cronaca