L’Arpab (Agenzia Regionale Protezione Ambiente Basilicata) ha costantemente monitorato il sito, registrando una migrazione della contaminazione. Sulla base di queste rilevazioni e “a fronte di inadempienze e ritardi da parte di Eni rispetto alle prescrizioni regionali”, come si legge sul comunicato stampa della Regione Basilicata, l’amministrazione regionale ha dunque disposto la sospensione delle attività dell’impianto, che era già stato fermato per cinque mesi nel 2016.
Eni, dal canto suo, conferma invece di aver adempiuto a tutte le prescrizioni imposte dagli enti competenti “che sono sempre stati tenuti informati sulle attività di intervento e di monitoraggio ambientale in corso”. Ha deciso comunque di chiudere temporaneamente l’impianto “per rispetto delle posizioni espresse dal territorio, dal Presidente della Regione e dalla Giunta Regionale” e assicura di verificare le condizioni di sicurezza per lo svolgimento delle attività di esercizio.
Sta di fatto che lo sversamento è avvenuto e che le sue conseguenze non si sono fermate.
Ricordiamo che Eni, a seguito dell’incidente, aveva confermato la presenza di idrocarburi sul terreno in prossimità dei pozzetti della rete fognaria, ma rassicurato sull’integrità delle falde acquifere del fiume Agri e delle acque del Lago Pertusillo, che però, dalle immagini pubblicate dalla Gazzetta di Val D’Agri e che riportiamo qui, non sembrano così “limpide”. Ricordiamo anche che Maurizio Bolognetti, leader dei Radicali Lucani, è stato cacciato via mentre cercava di filmare l’accaduto.
Dunque un altro potenziale disastro ecologico dovuto all’utilizzo delle fonti fossili. L’indagine in corso porta per ora a delle decisioni cautelative (o necessarie?).
Non è nemmeno il primo episodio del genere nel nostro Paese (né in altre parti del mondo). Ci domandiamo a questo punto cos’altro dovrà accadere per spingere la politica a frenare gli investimenti su queste obsolete e inquinanti fonti di energia.
Source: greenme.it