Il lago di Bracciano è al limite del punto di non ritorno, è border line e con questo trend siccitoso si può parlare di lago prossimo alla morte nelle sue capacità autodepurative. Non è catastrofismo ma sono i dati a parlare, e lo sottolineano i ricercatori dell’Istituto di ricerca sulle acque del Consiglio nazionale delle ricerche (Irsa-Cnr), che da oltre 15 anni svolge attività di monitoraggio sul lago di Bracciano per acquisire dati quantitativi e qualitativi sulle acque che possono essere utili per valutare i limiti dell’impiego sostenibile.
E l’allarme è più che serio: negli ultimi giorni si è registrato un abbassamento di circa 10 cm, il livello del lago è a -163 cm sullo zero idrometrico. Il dato dei 10 cm in meno in una settimana “è molto preoccupante – dice all’AGI David Rossi, ricercatore dell’Irsa Cnr – e c’è il rischio di avere una enorme danno ambientale, un ecosistema verrebbe del tutto compromesso”.
Ai meno 2 metri rispetto allo zero idrometrico si ha già una capacità di autodepurazione delle acque ridotta del 22,5% rispetto allo standard, e ad oggi quei 37 cm che mancano alla fatidica soglia dei meno 2 metri non sono qualcosa di lontano nel tempo, se le condizioni meteoclimatiche dovessero rimanere inalterate, ovvero se l’eventuale apporto con le precipitazioni dovesse essere limitato. Di sicuro, con -150 cm sullo zero idrometrico, soglia quindi già superata, è del -13,4% la superficie adibita alla autodepurazione; a -200 cm il rischio di ripercussioni sull’ecosistema e sulla falda circumlacuale è elevato; a -300 sarebbe la fine delle caratteristiche del lago.
E quando viene a mancare la capacità audodepurativa (il lago si comporta come un grande ecosistema filtro, con effetto tipico dei lagunaggi e dei sistemi di fitodepurazione a pelo libero, con abbattimento specie della sostanza organica e dei nutrienti), significa che poi l’acqua per poter essere utilizzata va trattata, e questo si traduce per forza di cose anche in un aumento dei costi di gestione e, a cascata, quindi di consumo da parte degli utenti.
“E’ estremamente utile fermare la captazione – aggiunge Rossi -, non si può continuare a prelevare la stessa quantità di acqua in una condizione simile, in una fase in cui il livello sta scendendo sempre più, gli apporti dalle precipitazioni e dalle falde stanno calando sensibilmente. Dobbiamo cercare di riportare le acque del lago ad un livello tale da garantire effettiva capacità di autodepurarsi e autoricaricarsi. Toccherà al gestore trovare soluzioni per affrontare l’emergenza idrica a Roma, ma penso che intanto quella captazione va fermata. Dire che è solo l’8% del fabbisogno di Roma l’acqua che viene prelevata da Bracciano non deve significare che si può continuare, che è poca cosa…Quell’8% significa invece tanto per le acque del lago”.
A giudizio del ricercatore dell’Irsa-Cnr, in generale questo “è un momento importante per la ricerca e la scienza, un’occasione significativa per affrontare bene la questione dell’approvvigionamento idropotabile e per uso irriguo”. In sostanza è l’occasione per rilanciare o rivedere la collaborazione inter-istituzionale, partendo dalla conoscenza e facendone la base per la gestione sostenibile delle risorse. Peraltro – aggiunge Rossi – è dal febbraio 2016 che si è cominciato a notare l’abbassamento, e nel giro di poco più di un ano si è arrivati a questa situazione “al limite del non ritorno”.
E non a caso l’Irsa-Cnr in una nota fa rilevare che le evoluzioni registrate nell’ultimo anno trovano “puntale riscontro nelle campagne di misure” e “non lasciano dubbi” circa il significativo avanzamento della linea di riva che ha fatto emergere rocce e sabbia. La ricostruzione del modello digitale della cuvetta lacustre ha consentito di simulare e valutare gli effetti prodotti dalle oscillazioni del livello del lago. E’ stata valutata un’escursione massima sostenibile dal sistema partendo appunto da -150cm, e questo valore doveva rappresentare il limite minimo di equilibrio che l’ecosistema lacustre di Bracciano potesse sostenere.
Ma come si è visto, così non è: siamo a -163 cm, esponendo a “significativi rischi” il sistema lacustre che a questo punto – dice l’Irsa-Cnr – necessita di un’attenta valutazione dello stato di salute, migliorando ulteriormente le conoscenze relative alle debolezze ambientali del lago. Se le condizioni meteoclimatiche e gli emungimenti dovessero rimanere inalterati portando il livello del lago a -200cm sullo zero idrometrico, a quel punto è davvero preoccupante quel quarto in meno della superficie che serve ai processi di autodepurazione.
Gli effetti degli abbassamenti idrici nel lago determinano poi significative ripercussioni anche sulla falda circumlacuale, che svolge un’importante funzione di alleggerimento delle criticità legate al potenziale innesco di processi eutrofici, influendo sulla diluizione dei nutrienti, sulla circolazione e movimentazione idrologica, sulla riduzione termica. Per gli esperti di Irsa-Cnr a questo punto il ‘caso Braccianò deve fare scuola a livello nazionale ed internazionale, “rivalutando l’importante ruolo della pianificazione e della collaborazione interistituzionale” che veda il supporto scientifico strutturato di enti di ricerca ed università, “con la consapevolezza che il valore della risorsa acqua con i suoi impieghi antropici ed i numerosi servizi ecosistemi che esprime, deve incoraggiare ad un uso attento e consapevole dell’acqua”. In più, considerando che i cambiamenti climatici sono in atto, proprio questi stessi impongono, anzi “devono alimentare” un sistema diffuso e multiforme di tutela e razionalizzazione dell’acqua “in una visione ecologica” che la vede parte attiva di ciascuno dei 94 processi ambientali che regolano la vita del pianeta Terra. Intendendo sempre l’acqua, nelle sue varie forme e nei suoi luoghi, meritevole di rispetto e per questo vista come valore essenziale, non solo culturale ma civile ed economico, in grado di influenzare la qualità dell’ambiente, della vita individuale ed il benessere sociale.
Source: www.agi.it
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