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Perché Compriamo Libri Che Poi Non Leggeremo

Noi bibliofili amiamo dire che il libro è una tecnologia insuperabile. Leggero, intuitivo, maneggevole, compatto, prêt-à-porter, profumato, ormai anche ecologico – molti editori sono passati alla carta riciclata. Come racconta Gian Arturo Ferrari nel saggio Libro, dall’invenzione della stampa a caratteri mobili sono passati più di 500 anni – quasi 1000, se ne attribuiamo il merito al pioniere cinese Bi Sheng invece che a Gutenberg – eppure nessuno è riuscito ancora a inventare un prodotto capace di soppiantare l’oggetto libro. Non che gli ebook siano stati una cattiva idea, intendiamoci: hanno aperto la strada all’ipertesto; non sprecano cellulosa; per loro tramite, storie e informazioni preziose viaggiano alla velocità di un click. Però è un dato di fatto, sul mercato la versione elettronica non ha retto il confronto con quella cartacea. Sotto sotto, i lettori forti amano ancora infilare il naso tra le pagine, accarezzare le copertine, rimirare i dorsi colorati sui propri scaffali e caricarsi come muli per l’ozio estivo.

Un’altra cosa che noi bibliofili amiamo fare è lamentarci di non riuscire a leggere abbastanza. Fra le nostre schiere molti, da piccoli, sognavano segretamente di divorare tutti i libri del mondo: un’aspirazione tanto nobile quanto impossibile, corroborata dall’onnipotenza infantile e radicatasi in noi come un seme di follia o una tensione verso il divino, l’effimero, l’inconoscibile. E se, quando eravamo a scuola, riuscivamo a tenere il passo con la nostra fame di conoscenza e di immaginazione, ora ci ritroviamo drammaticamente rallentati dalle contingenze della vita adulta. Ho visto persone leggere in piedi sulle schiene dei vicini, nella ressa del tram; distese nel letto, con un occhio chiuso e uno aperto, impegnate a fissare da mezzora la stessa frase; in marcia per strada, perse in un banco di volti luminosi da smartphone – sfidando così, con coraggio autolesionista, una sorte cieca piena di cacche di cane e pali da marciapiede presi dritti in faccia.
Ci manca il tempo, gente: quel tempo inutile e contemplativo, quel vuoto calmo e ispirato in cui accomodarsi, dimenticare il mondo e viaggiare con la mente in esistenze inesistenti. Quel tempo ci manca nel senso che non ne abbiamo, ma ne vorremmo. Così non riusciamo a smettere di comprare libri che non leggeremo.

Ecco la terza cosa che noi bibliofili amiamo fare: aquisitare libri che, quasi sicuramente, non leggeremo mai. Stipiamo scaffali, vetrinette, bauli di libri intonsi; accumuliamo volumi nuovi di zecca in pile altissime sui nostri comodini, creando piccole libresche Torre di Pisa. Come castori impazziti, continuiamo a ingrandire l’architettura del nostro senso di colpa, ci disperiamo, ci commiseriamo. Poi, ci basta entrare in una libreria per scordare tutto, perdere il lume della ragione e comprare ancora. Personalmente, che si tratti di un vastissimo negozio di catena, di una ricercata libreria indipendente, di un e-commerce o dell’usato, mi sento sempre come il lettore di Calvino nel primo capitolo di Se una notte d’inverno un viaggiatore:

Ti sei fatto largo nel negozio attraverso il fitto sbarramento dei Libri Che Non Hai Letto che ti guardavano accigliati dai banchi e dagli scaffali cercando d’intimidirti. Ma tu sai che non devi lasciarti mettere in soggezione, che tra loro s’estendono per ettari ed ettari i Libri Che Puoi Fare A Meno Di Leggere, i Libri Fatti Per Altri Usi Che La Lettura, i Libri Già Letti Senza Nemmeno Bisogno D’Aprirli In Quanto Appartenenti Alla Categoria Del Già Letto Prima Ancora D’Essere Stato Scritto. E così superi la prima cinta di baluardi e ti piomba addosso la fanteria dei Libri Che Se Tu Avessi Più Vite Da Vivere Certamente Anche Questi Li Leggeresti Volentieri Ma Purtroppo I Giorni Che Hai Da Vivere Sono Quelli Che Sono. Con rapida mossa li scavalchi e ti porti in mezzo alle falangi dei Libri Che Hai Intenzione Di Leggere Ma Prima Ne Dovresti Leggere Degli Altri, dei Libri Troppo Cari Che Potresti Aspettare A Comprarli Quando Saranno Rivenduti A Metà Prezzo, […] dei Libri Che Tutti Hanno Letto Dunque è Quasi Come Se Li Avessi Letti Anche Tu. Sventando questi assalti, ti porti sotto le torri del fortilizio, dove fanno resistenza
i Libri Che Da Tanto Tempo Hai In Programma Di Leggere,
i Libri Che Da Anni Cercavi Senza Trovarli,
i Libri Che Riguardano Qualcosa Di Cui Ti Occupi In Questo Momento,
i Libri Che Vuoi Avere Per Tenerli A Portata Di Mano In Ogni Evenienza,
i Libri Che Potresti Mettere Da Parte Per Leggerli Magari Quest’Estate,
i Libri Che Ti Mancano Per Affiancarli Ad Altri Libri Nel Tuo Scaffale,
i Libri Che Ti Ispirano Una Curiosità Improvvisa, Frenetica E Non Chiaramente Giustificabile […]
i Libri Letti Tanto Tempo Fa Che Sarebbe Ora Di Rileggerli e i Libri Che Hai Sempre Fatto Finta D’Averli Letti Mentre Sarebbe Ora Ti Decidessi A Leggerli Davvero.

Con questa citazione, non intendo accennare solo alla quarta cosa che, per mia esperienza, i bibliofili amano fare – ossia citare i libri che hanno letto: ma sottolineare che persino lo scrittore ed editore Italo Calvino ha sperimentato le nostre frustrazioni: il desiderio di comprare libri che non si può leggere; la tentazione di giudicare “il libro dalla copertina” e di fingere di aver letto libri che non si è nemmeno aperto; l’impulso a tacere se non si è finito o semplicemente gradito un grande classico, un bestseller o un caso editoriale che tutti osannano. È la stessa esigenza che ha spinto booktubers italiani e stranieri a rispondere alla tag “libri che (probabilmente) non leggerò mai” lanciata da littlespider9, elencando quali libri famosi, saghe o interi generi avrebbero continuato a ignorare cordialmente. Tutti noi lettori contemporanei vorremmo liberarci della schiavitù della performance borghese. Non uso l’aggettivo borghese in senso dispregiativo: la cultura enciclopedica e l’idea di biblioteca come status symbol hanno origine con la borghesia ottocentesca.

Infatti già a quel tempo, Oscar Wild affermava provocatoriamente “Non leggo mai i libri che devo recensire, non vorrei rimanerne influenzato”. Come lui, qualsiasi fine lettore sa che si può conoscere un libro anche senza aprirlo. Come?
Ce lo spiega Umberto Eco recensendo Come parlare di un libro senza averlo mai letto, saggio di Pierre Bayard. Secondo Bayard, infatti, la letteratura è un sistema complesso, una rete non-lineare di relazioni sociali, culturali, artistiche: un’unica grande trama entro cui ogni libro si inserisce e che consentirebbe al lettore di conoscerne il contenuto senza neanche sfogliarlo. Per Bayard, è importante soprattutto saper ricostruire la posizione di ciascun libro all’interno della “biblioteca collettiva”, e insieme coltivare la propria biblioteca personale – che, nella sua visione, è una forma di autobiografia.

La nostra biblioteca è uno strumento di costruzione dell’identità: e di questa fa parte sia ciò sappiamo, sia ciò che non sappiamo. La nostra cultura ci spinge ad ancorarci alle nozioni di cui siamo già in possesso, invece che focalizzarci su quelle che ancora ci mancano. Nel saggio illuminante Il Cigno nero, il filosofo ed economista Nassim Nicholas Taleb sostiene proprio il valore di quella che lui chiama l’anti-conoscenza:

Umberto Eco appartiene a un raro genere di studiosi enciclopedici, perspicaci e per niente noiosi. Possiede un’ampia biblioteca personale (di trentamila volumi) e classifica i visitatori di tale biblioteca in due categorie: coloro che reagiscono dicendo: “Caspita, professor Eco, che biblioteca! Li ha letti tutti questi libri?” e una piccola minoranza che capisce che una biblioteca personale non è un’appendice del proprio Io, ma uno strumento di ricerca. I libri non letti sono molto più preziosi di quelli letti. Una biblioteca dovrebbe contenere tutti i libri su argomenti sconosciuti che i nostri mezzi finanziari, le rate del mutuo e le difficoltà del mercato immobiliare ci consentono di acquistare. Via via che avanziamo nell’età accumuliamo più conoscenze e più libri, e i libri non letti che ci guardano minacciosi dagli scaffali sono sempre più numerosi. Anzi, più si conosce e più si allungano gli scaffali dei libri non letti. Chiamiamo l’insieme di tali libri “anti-biblioteca”.

Insomma, possiamo allentare l’ansia da prestazione scolastica, e continuare impunemente a comprare libri che probabilmente non leggeremo. Non per vantarcene, ma perché il desiderio di leggere è sempre positivo. E poi guardate me: ho citato tutti questi libri e… ne avessi finito uno!

Source: freedamedia.it

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