Innanzitutto una dovuta distinzione: un conto è fare il bagno al mare, quindi in acqua salata, e un altro è un bagno a casa o comunque in acqua dolce. Le dita raggrinziscono comunque, ma il motivo potrebbe essere diverso. O meglio, in mare c’è una ragione in più.
In generale la reazione del nostro organismo all’acqua è stata studiata perché apparentemente “senza motivo”. Ma già dagli anni ’30 i ricercatori dimostrarono che questo effetto non si verificava in presenza di danni neurologici, il che suggeriva un preciso coinvolgimento del sistema nervoso.
Ed è quello che è stato poi verificato molto dopo. Nel 2011 i ricercatori guidati da Mark Changizi, neurobiologo evolutivo presso i laboratori 2AI di Boise (Idaho, Usa) suggerirono che il processo dovesse avere una base evolutiva, ovvero che si fosse “affinato” nel corso dei millenni e secoli per far adattare l’uomo all’ambiente circostante.
Due anni più tardi, nel 2013, l’ipotesi fu dimostrata: il modello “rugoso” era ottimizzato per favorire la presa di oggetti bagnati, cosa che, in tempi remoti, poteva significare sopravvivere.
E in mare? Tutto confermato, ma attenzione: l’acqua di mare è anche salata, più delle cellule della nostra pelle, che funge da barriera. Alla natura non piacciono le differenze, e per un processo biochimico chiamato osmosi, l’acqua interna tende ad uscire nel tentativo di diluire il mare.
Immagine poetica quanto vera, esattamente come la natura che ci circonda.
Source: greenme.it
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