ROMA (ITALPRESS) – La circolazione prolungata di Sars-CoV-2 e il meccanismo naturale di accumulo di errori durante la replicazione virale generano la comparsa di varianti virali. Di queste solo alcune (Variant of Concern, Voc) destano preoccupazione per la salute pubblica. Per rispondere ai quesiti sorti in queste ore, è disponibile sul sito Inail una pubblicazione, redatta dal gruppo di lavoro Istituto superiore di sanità, Ministero della Salute, Agenzia italiana del farmaco e Inail. Come rileva il documento, sebbene sia ancora in corso di valutazione la possibilità che alcune Voc siano associate ad un quadro clinico più grave o se colpiscano maggiormente alcune specifiche fasce di popolazione, è noto, invece, che l’aumentata circolazione, per esempio, della variante cosiddetta “inglese” (Voc 202012/01, denominata anche B.1.1.7), caratterizzata da una maggiore capacità diffusiva, può determinare un incremento significativo del numero di ospedalizzazioni, con conseguente impatto sui sistemi sanitari.
Al momento, sono state segnalate tre varianti che destano particolare preoccupazione: quella inglese, la 501Y. V2 (denominata anche B.1.351) identificata in Sudafrica e la P1 con origine in Brasile. Mentre in Italia si stanno attuando indagini per accertare la presenza e la diffusione di queste varianti e la campagna vaccinale anti-Covid-19 è attualmente in corso, sono sorti diversi quesiti sulle misure di prevenzione e controllo delle infezioni sostenute da varianti di Sars-CoV-2 sia di tipo non farmacologico sia di tipo farmacologico. In generale, si può affermare che una drastica riduzione della circolazione virale nella popolazione sia in grado di prevenire la diffusione delle VOC già note e il potenziale sviluppo di ulteriori nuove varianti.
Lo stesso documento afferma che “le prime evidenze scientifiche sembrano mostrare una maggiore carica virale nelle vie aeree superiori delle persone infettate da queste nuove varianti, tuttavia, non è ancora noto per quanto tempo il virus persista in forma capace di cicli vitali in questi soggetti. Pertanto, in base alle informazioni e ai documenti istituzionali disponibili è indispensabile rafforzare, attraverso campagne di comunicazione, il rispetto di tutte le misure di controllo non farmacologiche, oltre a evitare gli spazi chiusi e, nel caso di lavoratori, rispettare tutte le ulteriori misure di prevenzione eventualmente prescritte. Relativamente al distanziamento fisico, non vi sono evidenze scientifiche che dimostrino la necessità di un incremento della distanza di sicurezza a seguito della comparsa delle nuove varianti virali; tuttavia, si ritiene che un metro rimanga la distanza minima da adottare e che sarebbe opportuno aumentare il distanziamento fisico fino a due metri, laddove possibile e specialmente in tutte le situazioni nelle quali venga rimossa la protezione respiratoria (come, ad esempio, in occasione del consumo di bevande e cibo)”.
(ITALPRESS).
Al momento, sono state segnalate tre varianti che destano particolare preoccupazione: quella inglese, la 501Y. V2 (denominata anche B.1.351) identificata in Sudafrica e la P1 con origine in Brasile. Mentre in Italia si stanno attuando indagini per accertare la presenza e la diffusione di queste varianti e la campagna vaccinale anti-Covid-19 è attualmente in corso, sono sorti diversi quesiti sulle misure di prevenzione e controllo delle infezioni sostenute da varianti di Sars-CoV-2 sia di tipo non farmacologico sia di tipo farmacologico. In generale, si può affermare che una drastica riduzione della circolazione virale nella popolazione sia in grado di prevenire la diffusione delle VOC già note e il potenziale sviluppo di ulteriori nuove varianti.
Lo stesso documento afferma che “le prime evidenze scientifiche sembrano mostrare una maggiore carica virale nelle vie aeree superiori delle persone infettate da queste nuove varianti, tuttavia, non è ancora noto per quanto tempo il virus persista in forma capace di cicli vitali in questi soggetti. Pertanto, in base alle informazioni e ai documenti istituzionali disponibili è indispensabile rafforzare, attraverso campagne di comunicazione, il rispetto di tutte le misure di controllo non farmacologiche, oltre a evitare gli spazi chiusi e, nel caso di lavoratori, rispettare tutte le ulteriori misure di prevenzione eventualmente prescritte. Relativamente al distanziamento fisico, non vi sono evidenze scientifiche che dimostrino la necessità di un incremento della distanza di sicurezza a seguito della comparsa delle nuove varianti virali; tuttavia, si ritiene che un metro rimanga la distanza minima da adottare e che sarebbe opportuno aumentare il distanziamento fisico fino a due metri, laddove possibile e specialmente in tutte le situazioni nelle quali venga rimossa la protezione respiratoria (come, ad esempio, in occasione del consumo di bevande e cibo)”.
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