L’ambiente in cui viviamo, e soprattutto i fiumi, sono pieni di antibiotici. Lo ha rivelato un recente studio condotto da ricercatori dell’università britannica di York. L’eccesso di antibiotici è un problema perché favorisce mutazione ed evoluzione dei batteri, cioè dei microrganismi che gli stessi antibiotici dovrebbero combattere. Ma come fanno queste sostanze a passare dagli innocui sticker delle farmaci ai fiumi?
Sappiamo che i batteri, in quanto organismi unicellulari, sono in grado di modificarsi. Di subire cioè mutazioni, vale a dire cambiare la propria sequenza nucleotidica. In parole semplici: un batterio è capace di trasformarsi, e lo fa se la mutazione gli conferisce un vantaggio selettivo, per esempio se gli consente di sopravvivere a un antibiotico.
Ciò che invece non sapevamo è che i fiumi sono pieni di antibiotici. I motivi sono diversi, e a spiegarli ci pensa la Royal Society of Chemistry: “Quando usiamo un antibiotico, in genere tra il 30-90% del composto attivo viene espulso e finisce negli scarichi del bagno. Ciò significa che le fogne di una città sono piene zeppe di medicine. Ma gli umani non sono l’unica fonte: due terzi degli antibiotici prodotti vengono usati sugli animali che li espellono sulla terraferma, potendo poi defluire nei fiumi, nei laghi o filtrare nelle acque sotterranee. Nei paesi a basso e medio reddito, anche gli allevamenti ittici producono rifiuti di antibiotici. E infine ci sono i rifiuti delle fabbriche farmaceutiche, che possono anche inquinare i corsi d’acqua”.
Avere l’ambiente saturo di antibiotici non è un problema da poco e, contrariamente a quanto si possa immaginare, non protegge dalle malattie. Paradossalmente, anzi, la situazione peggiora, al punto che molti credono che l’eccesso di queste sostanze rischia di trasformare in mortali malattie oggi assolutamente curabili.
Il problema infatti sta nella resistenza dei batteri: maggiore è la quantità di antibiotici usati, maggiore è la probabilità che questo perda efficacia per via delle già citate mutazioni ed evoluzioni.
Di recente le Nazioni Unite hanno lanciato l’allarme: “Il numero di morti provocate da infezioni di batteri resistenti agli antibiotici aumenterà in maniera esponenziale nel giro di vent’anni”, fino a quota “10 milioni di vittime ogni anno nel 2050”, oltre che danneggiare l’economia globale in maniera “altrettanto catastrofica della crisi del 2008-2009”.
Lo studio pubblicato dai ricercatori di York ha preso in considerazione 711 fiumi in 72 paesi in tutti i continenti. Il 65% dei corsi d’acqua analizzati contenevano antibiotici. In 111 casi i livelli di concentrazioni delle sostanze superavano la soglia di sicurezza.
I fiumi più inquinati sono quelli in Africa, dove le analisi ne hanno rivelato la presenza nel 35% dei casi (più di uno su tre). Discorso simile, anche se leggermente migliore, per l’Asia dove gli antibiotici sono stati individuati in oltre il 20% dei fiumi. Europa (8%) e Oceania (6%) sono i più virtuosi anche se, soprattutto dal Vecchio Continente, arrivano comunque cattive notizie: il corso più inquinato da questo lato del mondo è Danubio, cioè il secondo fiume più lungo d’Europa.
Non se la passa meglio il Tamigi, dove sono state rintracciati 5 diverse tipologie di antibiotici.
L’area peggiore in assoluto a livello globale è invece il Bangladesh: lì, un fiume ha fatto registrare quantitativi di metronidazolo, un farmaco usato per curare le infezioni vaginali, 300 volte superiori al limite imposto come soglia massima di sicurezza dall’Amr Industry Alliance, un’organizzazione che riunisce aziende farmaceutiche provenienti da più di 20 paesi.
Source: www.agi.it
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