Man mano che cresciamo, diventiamo più indipendenti. Dopo qualche mese riusciamo a muoverci a gattoni, dopo i dieci anni ci lasciano andare al parco a giocare senza genitori, e quando troviamo un lavoro che ce lo permette, lasciamo la casa familiare e ci trasferiamo nella nostra. È un processo graduale, nel corso del quale collezioneremo elogi ed offese, e acquisiremo sempre più responsabilità.
Tuttavia, per quanto avanziamo lungo il sentiero dell’indipendenza, ciò da cui non ci emanciperemo mai del tutto è l’influenza che gli altri hanno su di noi. Quest’influenza può essere deliberata, come quando il nostro capo ci assegna un incarico, oppure più sottile, per esempio quando lo stesso capo si prodiga in elogi sul nostro conto, con l’obiettivo di rafforzare la nostra motivazione ed invitarci a lavorare in quel modo.
Una mosca che ronzava in cucina racconta che quel giorno Matteo rientrò in casa con un’espressione mogia mogia. Sua madre, notando che era giù di morale, gli chiese cosa fosse successo. E Matteo le raccontò che i suoi compagni di classe gli avevano detto che era un incapace, perché non era riuscito a risolvere il compito che il professore aveva scritto alla lavagna.
La madre gli disse che quel fine settimana, quando fossero usciti a passeggiare nel boschetto vicino a casa, avrebbe dovuto raccogliere una pigna da terra e dirle tutte le cose brutte che gli fossero venute in mente. Il bambino la guardò stranito e se ne andò incuriosito. Quel sabato, dopo aver dato qualche calcio al pallone, raccolse una pigna da terra e la riempì di parolacce ed insulti.
Quella sera, mentre cenavano, la madre gli domandò se aveva parlato con la pigna. Matteo le disse di sì. Sua madre gli rispose che il sabato successivo avrebbe dovuto raccogliere un’altra pigna, ma questa volta l’avrebbe dovuta riempire di complimenti.
Matteo lo fece, e una settimana dopo sua madre gli chiese com’era andata. In particolare, gli domandò se aveva notato qualche differenza nelle due pigne, prima e dopo aver parlato con loro. Il bambino disse di no.
La madre, allora, gli spiegò che con le persone succede la stessa cosa: gli insulti o gli elogi non cambiano la nostra natura. Inoltre, gli esseri umani hanno un grande vantaggio rispetto alle pigne: possono imparare.
Tutti noi siamo stati dei piccoli Matteo tante volte e di sicuro continuiamo ad esserlo, perché le parole degli altri penetrano dentro di noi e influiscono sulle nostre azioni. Probabilmente non possiamo evitarlo, ma possiamo osservare i messaggi che ci arrivano con il giusto distacco, per non lasciarci travolgere da essi.
Quando qualcuno dà un giudizio su di noi, infatti, a prescindere dal fatto che ci voglia elogiare o insultare, non sempre sta tracciando un ritratto veritiero della persona che siamo. Anzi, di sicuro prima di sentirsi insultare dai suoi compagni, Matteo non credeva di essere un incapace, per quanto non fosse riuscito a risolvere il problema.
Di fronte a messaggi di questo tipo, è sempre bene utilizzare il dialogo interiore per farci una domanda: perché mai dovrebbero essere gli altri a scegliere il criterio con cui giudicarci e non noi stessi? Loro passano in nostra compagnia soltanto poche ore al giorno, e conoscono soltanto una piccola parte di ciò che facciamo o pensiamo. Questo significa che nessuno ci conosce meglio di noi stessi.
È bene riflettere, inoltre, sul fatto che la persona che oggi ci riempie di complimenti, un domani potrebbe insultarci o viceversa. Non dobbiamo diventare delle scialuppe alla mercé delle onde di offese, e nemmeno delle foglie che si lasciano trasportare dal vento degli elogi.
È bene cercare di riflettere su ciò che ci dicono per fare un’auto-analisi di noi stessi. Ma ricordate sempre che siete voi a decidere chi siete, e non le parole degli altri. È un potere immenso, non mettetelo nelle mani di altre persone. E se qualche volta vi capita di farlo, assicuratevi che quel potere sia in mano a persone che vi vogliono davvero bene.
Source: lamenteemeravigliosa.it
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