Odio farmi fotografare. Se mi chiedessero di definire la serenità risponderei che è quel sentimento che provi tra l’attimo in cui ti stai divertendo e quello in cui qualcuno tira fuori la macchina fotografica. Perché, mi chiedo io, con tante cose che sarebbero state più utili, il progresso umano ha scelto di avanzare fino alla creazione di un oggetto così odioso? A quest’ora potevamo avere pavimenti autopulenti e le automobili volanti, invece no, abbiamo gli amici che a un certo punto della serata rovinano tutto dicendo: “Venite qui, che facciamo una foto!”
“Certo amico, come no! Guarda, dammi solo minuto che fuggo in un altro continente e arrivo!”
Ovviamente, è inutile dirlo, il motivo per cui odio le foto è che vengo malissimo. Non sono una figa, su questo ho messo una pietra sopra e va bene così, ma la capacità che hanno le foto di cogliere solo i miei tratti peggiori ha dell’incredibile. Posso essere tirata in modo clamoroso, del tipo che sto così bene che agli uomini compare il cappello apposta per toglierselo al mio passaggio, ma come arriva lo scatto ritorno una zucca. Mi compare il doppio mento alla Jabba the Hutt (che non ho!) e ho gli occhi così stretti che sembra stia cercando di leggere una scritta piccolissima incisa sulle guglie del Duomo. Perché, dio della macchina fotografica, perché? Cosa ti ho fatto di male? Ma soprattutto, voi altri, perché continuate a taggarmi?
Parlo con voi, traditori che vi fingete miei amici. Perché se io ho la pazienza di assecondare la vostra insana ossessione per i selfie di gruppo, voi non avete la gentilezza di non taggarmici su tutti i social del mondo, anche se è evidente che sembro un incrocio tra uno pneumatico da neve e un carlino? Ho capito che vi faccio sembrare più belli, ma devo assistere alla scena, non posso restare nella mia ignoranza?
Di persone che non amano farsi fotografare è pieno il mondo, ma raramente la loro reticenza viene rispettata, anzi spesso è vista come una sfida: siccome odi le foto, te ne farò il più possibile per scherzo. L’equivalente di spingere in acqua chi ha paura di nuotare, insomma. Nel tempo, comunque, la scienza ha cercato più volte di spiegarsi il perché di questa antipatia molto diffusa. Qualcuno l’ha legata al disturbo detto scopophobia (la paura di essere guardatie giudicati), mentre nel 1968 lo psicologo Robert Zajonc ha teorizzato il Mere Exposure Effect. In pratica, secondo lo studioso, la mente è più propensa a giudicare bello ciò che vede più spesso, che nel caso del volto umano è il suo riflesso nello specchio. Quando i nostri lineamenti, apparentemente così familiari, vengono ribaltati dalla macchina fotografica, noi li percepiamo come alieni, sbagliati e inattraenti. Non è riuscito a spiegare, però, perché solo per alcuni questo sia così difficile da sopportare.
Ad ogni modo, se in passato bastava rispondere “no grazie” quando le fotografie si passavano di mano in mano durante le riunioni di famiglia, la diffusione del web 2.0 ha reso tutto più difficile. Cinema con gli amici? Foto e tag. Compleanno? Foto e tag. Aspetti l’autobus? Foto e tag. Persino tua nonna, che fino all’altro ieri ti sembrava tanto una brava persona, può taggarti in una foto e lasciarla alla mercé di parenti che non vedi da vent’anni. Il problema si è esteso anche a chi le fotografie solitamente le ama, ma si scopre colto in momenti inaspettati, magari imbarazzanti, o peggio ancora segreti (chissà quante relazioni sono finite per un tag sbagliato?).
Una domanda che mi pongo spesso è: come fanno a sopravvivere le adolescenti odierne, sapendo che ogni loro immagine può diventare pubblica? Ammetto che io vivrei nell’ansia. La rete di oggi è una rete dell’immagine, è inutile negarlo. Forse condividere le proprie foto di continuo renderà le nuove generazioni molto più naturali e disinvolte di noi davanti all’obbiettivo. Ma potrebbe anche avere l’effetto opposto, chissà.
Intendiamoci, non giudico negativamente chi condivide le proprie foto, neanche se si tratta di un milione di selfie. Anzi, casomai invidio la fotogenia di alcune persone, se potessi ne acquisterei un chilo da Amazon oggi stesso. Ma vi dirò, invidio ancora di più chi semplicemente ha un rapporto disinvolto con le foto, e magari non le cerca, ma quando capitano le fa, senza porsi problemi. Sono le persone che sorridono, guardano in macchina anche se stanno mangiando, e sia che vengano bene, sia che vengano male, sui social non si staggano mai. Come fate, creature fatate? Spiegatemi!
Da quando esiste Facebook, per me staggarmi dalle foto è diventata la prassi. A volte non le guardo neanche più di tanto, le staggo direttamente in massa, una dopo l’altra. Peccato che pochi taggatori seriali capiscano l’antifona. Ce ne sono di diversi, ma i miei preferiti sono quelli che quando mi staggo mi ritaggano due minuti dopo, come se il tag fosse sparito per sbaglio e loro ci tenessero a non offendermi facendolo subito ricomparire. A voi capita mai? Avete capito come reagire senza scatenare incidenti diplomatici? Se sì, condividete, per favore. Tutte noi abbiamo amicizie da salvare.
Questo non è un articolo, è un grido d’aiuto: amici, vi prego, basta taggarmi nelle foto, vi ho detto che non mi piacciono!
Forse verrà il giorno in cui noi che odiamo le fotografie rinsaviremo di colpo, magari dopo un corso accelerato di pose perfette alla Paris Hilton, e non vi romperemo più le scatole. Ma fino ad allora, lasciateci stare. Anche perché non siamo fotogenici, ma abbiamo una memoria di ferro, e ci stiamo segnando tutti i vostri nomi.
Source: freedamedia.it