Negli ultimi 10 anni le principali città italiane hanno registrato dei miglioramenti sia in tema di mobilità che di qualità dell’aria, ma molto c’è ancora da fare. Lo sa bene la Commissione Europea che punta a decarbonizzare i trasporti e che da anni ha avviato una procedura di infrazione nei confronti dell’Italia affinché riduca le emissioni.
E ne è consapevole anche il nostro Paese che pur compiendo timidi passi in avanti, resta uno dei Paesi europei in cui l’inquinamento dell’aria fa più vittime: si contano 79.820 morti premature nel 2014, secondo i dati dell’Agenzia Europea per l’Ambiente. E la componente traffico è tra quelle che producono più inquinanti. E’ quanto emerge dal rapporto MobilitAria 2018, realizzato dal Kyoto Club (Gruppo Mobilità Sostenibile) e dal CNR-IIA (Consiglio Nazionale delle Ricerche, Istituto sull’Inquinamento Atmosferico) e presentato in occasione dell’anniversario del protocollo di Kyoto. La ricerca offre una fotografia dell’andamento della qualità dell’aria e della mobilità urbana nelle 14 principali città italiane nel decennio 2006-2016:
Nonostante la diminuzione in valori assoluti dell’ultimo decennio, il numero dei picchi di particolato atmosferico (PM10 – PM 2,5) e biossido di azoto (NO2) rimane alto nelle città italiane, soprattutto in quelle del Nord (Milano e Torino in testa).
Nello specifico, analizzando il PM10, si rileva come in generale, rispetto alla media annuale, tutte le città hanno presentato una netta riduzione delle concentrazioni nel corso degli anni che consente a molte di queste di avere valori inferiori ai limite di legge stabiliti.
Le maggiori riduzioni percentuali della media del PM10 della città si sono registrate a Torino con il -47%, Genova con il -37%, Firenze con il – 36% e Roma con il -35%. Riguardo il numero dei superamenti del PM10 del valore limite giornaliero la situazione appare più critica soprattutto per Milano, Torino, Venezia, per le quali, nonostante si registri una netta riduzione dei valori nel corso degli anni, i valori sono molto superiori al limite (35 per anno). Altre città che riportano superamenti superiori al limite sono Roma, Napoli e Cagliari.
In merito al PM2,5, si evidenzia una riduzione delle concentrazione dell’inquinante, anche se alcune città presentano dei trend con valori maggiori al valore limite (Milano, Venezia e Torino). Tra le città, invece, che hanno ridotto maggiormente le concentrazioni vi sono Roma, Bologna, Cagliari, Napoli con una riduzione rispettivamente del – 38%, -43%, -36%, -43%.
Secondo il rapporto, le condizioni meteoclimatiche con scarsa ventilazione e rimescolamento (tipiche della Pianura padana) influiscono sulla concentrazione degli inquinanti in atmosfera, e dunque rendono difficoltoso, in alcune città, il raggiungimento degli obiettivi previsti dalla normativa, nonostante le stesse abbiano realizzato importanti investimenti nella direzione delle mobilità sostenibile e condivisa. Per queste città è quindi richiesto un ulteriore impegno e l’attuazione di piani condivisi anche a livello regionale per raggiungere i limiti fissati per gli inquinanti atmosferici. Allo stesso tempo, le città che giovano di condizioni meteoclimatiche favorevoli affacciate sul mare e con buoni fenomeni di ventilazione, non sono tuttavia esonerate dal perseguire gli obiettivi volti al miglioramento generalizzato delle emissioni.
La crisi economica ha avuto come effetto sulla mobilità in Italia, una riduzione del 20% degli spostamenti dal 2008 al 2016 (dati Isfort), che ha avuto il suo picco minimo nel 2012 per poi riprendere a salire.Così il tasso di motorizzazione è diminuito in molte città, ma resta comunque molto alto. Prima in classifica è Catania con 684 veicoli/1000 abitanti, Cagliari con 646/1000, terza Torino con 639/1000. Hanno meno veicoli le città di Venezia (424/1000), Milano (510/1000), Firenze (514), Bologna (518).
Nel decennio quasi tutte le città hanno visto abbassare il tasso di motorizzazione con in testa Roma (-13% ma resta molto alto con 612/1000) e Milano con -10%. Invece Catania e Reggio Calabria continuano a crescere. I cittadini continuano a spostarsi soprattutto in auto. Le città che usano di più l’automobile sono Cagliari (78%), Reggio Calabria (76%), Catania e Messina (68%). La più virtuosa è Genova (33%), seguono Milano e Venezia (35%), Firenze (41%), Napoli (44%). Ma a Firenze e Genova ogni giorno il 22% si sposta in moto, il doppio delle altre città.
Dal 2013 la grande novità è stato l’avvio del Car Sharing a flusso libero in 5 grandi città (Milano, Roma, Firenze, Torino, Catania) con diversi operatori privati, flotte di auto significative e un buon successo di utenza. Mentre questi servizi innovativi faticano non poco nelle città di medie dimensioni e dove la regolazione del traffico privato è ancora debole.
Anche i dati sulla mortalità stradale vedono Reggio Calabria (3), Cagliari (2,3), Catania(1,7) e Messina (1,7) con il peggiore indice di mortalità e corrispondono esattamente alle quattro città con il più alto utilizzo dell’automobile: la sicurezza stradale resta un obiettivo essenziale della mobilità sostenibile.
Nelle 14 città prese in esame il trasporto pubblico non è soddisfacente. Lo conferma il numero dei cittadini che lo usa regolarmente. n questo senso, ai primi posti ci sono Milano (38%) e Genova (30%), seguite da un gruppo che si attesta tra il 20-26% (Napoli, Torino, Venezia, Roma, Bologna). All’altro estremo quella più scarsa è Catania (5%) seguita da un gruppo che varia tra il 6 e 9% (Cagliari, Palermo, Messina, Reggio Calabria, Bari) a conferma delle difficoltà del trasporto collettivo nel Sud.
Le cause, si legge nel rapporto, sono da rintracciare soprattutto nei tagli pesanti al trasporto pubblico previsti dalla Legge Finanziaria 2010 che hanno prodotto i loro effetti, soprattutto nelle realtà più fragili, dove la crisi di bilancio di Comuni, Aziende e Regioni hanno aggravato il colpo. Il risultato è che si passa da 6,2 mld/anno a 4,8 mld/anno per il trasporto locale e regionale: i servizi ne risentono e gli utenti calano, soprattutto nelle realtà meno efficienti e più fragili, in particolare al Sud, ma non mancano crisi e problemi aziendali anche al Nord.
Gli utenti sono diminuiti particolarmente a Napoli (-32), Catania (-17), Genova (-12), Roma (-6) mentre sono cresciuti in modo significativo a Torino, Bologna, Bari, Milano. In questi dieci anni sono state realizzate nuove reti tramviarie e metropolitane con il miglioramento del servizio, ma in alcune città i nuovi veicoli destinati a potenziare l’offerta arriveranno nei prossimi anni.
La buona notizia è che aumentano le piste ciclabili in particolare a Mestre, Milano, Bologna, Firenze, Torino ma diverse città hanno pochi chilometri di rete. Firenze è la città dove si pedala di più (9%) seguita da Mestre (8%), Bologna e Milano (6%), Torino (3%). La crescita dell’uso della bicicletta si è avuta nelle città dove sono cresciute le piste ciclabili, mentre resta un problema al Sud con molte città vicine allo zero.
Un ulteriore problema è l’incidentalità in bicicletta: più la si usa e più cresce l’incidentalità a significare che non si pedala in sicurezza. In generale la bicicletta è debole ovunque nelle grandi città italiane e ben lontana dalle migliori e note esperienze europee: si può e si deve fare decisamente di più.
Per quanto riguarda il bike sharing fa fatica ad espandersi e diversi sono i casi dove il servizio è stato chiuso come a Roma. Una buona eccezione è Milano con il servizio BikeMI nato nel 2008, che si espande e crescono gli utenti, seguito dal bike sharing di Torino. Infine ultima novità del 2017 è l’arrivo del bike sharing a flusso libero con migliaia di biciclette a Firenze e Milano, ora avviato anche a Torino a Roma.
Intanto crescono le aree pedonali. Tra le grandi città che camminano di più ogni giorno Napoli è la prima (19%) seguita da Venezia e Bari (18%), da Palermo e Catania (15%), Genova (14%), Messina e Reggio Calabria e Torino (13%), Milano, Cagliari, Firenze e Bologna (12%) e Roma (8%). Anche in questo caso all’aumentare degli spostamenti a piedi aumenta l’incidentalità dei pedoni: a conferma che servono interventi di moderazione del traffico e limiti a 30km orari nelle città.
Tra il 2006-2016, osservano i curatori del rapporto, c’è stato un impegno reale per la mobilità sostenibile delle grandi città italiane e quando si è intervenuto in modo deciso i risultati non sono mancati. Ma la situazione è assai disomogenea tra le differenti aree del paese, discontinua nelle realizzazioni e nei risultati, con le città del Sud che debbono recuperare molto terreno. La mobilità urbana ha sempre avuto poco spazio nell’agenda politica italiana, dominata dagli investimenti per grandi opere strategiche, con scarsa attenzione alle opere utili, ai servizi di trasporto e alla manutenzione delle reti.
Va riconosciuto che in diverse città del sud sono avviate politiche volte alla riduzione del traffico privato, con nuove ZTL, Aree Pedonali, varchi telematici, nuove tramvie e metropolitane, parcheggi di scambio, con il conseguente miglioramento della qualità dell’aria, della congestione e della qualità urbana. C’è molto lavoro da fare perché il futuro ci chiede di muoverci in modo sostenibile, per ottenere morti zero sulle strade, per far respirare le nostre città e creare qualità dello spazio urbano.
Cosa fare allora? Secondo Nicola Pirrone, direttore del CNR-IIA: “Occorrono misure strutturali che portino a un trasporto pubblico più verde, una mobilità a basso impatto ambientale con una forte spinta verso i mezzi elettrici o a gas. Bisogna ripensare la governance delle città in modo globale, a 360 gradi, con un progetto di interventi strutturali che miri a decarbonizzare l’economia, e quindi i sistemi di trasporto e di riscaldamento, che rappresentano le due maggiori fonti di inquinamento atmosferico per molte città italiane. Per ridurre l’inquinamento nelle città si deve pensare ad un piano nazionale strategico che includa una serie di misure che sono di responsabilità sia di enti locali che su scala nazionale”.
Source: www.agi.it
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