Negli scorsi giorni gli studenti all’ultimo anno delle superiori hanno scoperto di che morte dovranno morire, vale a dire su che cosa verteranno le seconde prove dei vari indirizzi di studio all’esame di Stato. Le materie, per la cronaca, sono: latino al liceo classico, matematica al liceo scientifico, prima lingua straniera al liceo linguistico, scienze umane al liceo delle scienze umane, discipline artistiche e progettuali legate al corso di studio per il liceo artistico e materie specifiche del corso di studio anche per gli istituti tecnici.
Questo ha riportato in primo piano (ma aveva fatto in tempo a scendere?) la polemica sulle modifiche che potrebbero riguardare l’esame dal 2018. Tali modifiche, ricordiamo, sono l’eliminazione della tesina (o almeno la sua obbligatorietà), della terza prova (il quizzone) e del 6 obbligatorio in tutte le materie. Ecco, non tocchiamo oltre l’argomento della media, se ne è già parlato a sufficienza e sì, una po’ mi deprime che non sia nemmeno necessario avere il sindacale in tutte le materie per passare (anche se probabilmente la me diciottenne non sarebbe dello stesso avviso). Però, però. Io un dubbio ce l’ho, ed è: non è che togliere la tesina sia sensato, in fondo, considerando che la scuola italiana non ti prepara ad affrontarla nel modo giusto?
Mi spiego. Anzi, vi faccio un preambolo, così ci capiamo meglio: sono una scrittrice di romanzi, una giornalista, ho fatto l’editor e la copywriter, e il fatto che al mio esame ci fossero tre temi (prima e seconda prova) è il motivo per cui sono uscita con un voto alto nonostante avessi fatto scena muta (cioè, magari fosse stata muta, ho detto un sacco di boiate) davanti alla prof di matematica all’orale (avevo consegnato in bianco l’esercizio, sì). Ecco, ora dovrebbe essere chiaro quanto ami le parole, e quanto ci abbia guadagnato dalla tesina (che, per la cronaca, era sul metateatro e spaccava). Ma sì, non so più se abbia senso che la tesina sia obbligatoria. Per il motivo che anticipavo prima, e cioè che la scuola, per com’è strutturata adesso, non dà i mezzi per affrontarla nel modo giusto. Cioè un modo che sia davvero utile, non solo una frustrante e faticosa sfida.
La tesina si basa sul principio di saper unire tra loro le conoscenze acquisite in più campi, in un discorso coerente e omogeneo. Questo richiede non solo studio, ma anche intuizione, capacità di attingere alle nozioni, di collegarle tra di loro e di trarre da questi collegamenti un ragionamento – si spera – compiuto. Ma la scuola italiana non abitua a fare questo, perché è una scuola che compartimentalizza le conoscenze. La storia è la storia, l’italiano è l’italiano, la filosofia è la filosofia – e così via. Ogni materia prosegue sul proprio binario, con la povera professoressa che per rispettare i programmi ministeriali deve correre come una maratoneta, i poveri studenti che per strappare il sei devono sfondarsi di nozioni che non fanno in tempo a assimilare e praticare, e quanto imparato resta solo questo – una nozione.
Il sociologo Edgar Morin, che si è specializzato proprio nella critica alla scuola, sostiene che in questo momento l’istruzione si basi troppo sull’ingigantimento del bagaglio nozionistico in settori separati, riducendosi così a “una gigantesca torre di Babele che ha la presunzione di trasmettere tanto sapere ma che, in realtà, tradisce il compito stesso dell’insegnamento. Forma soltanto una testa ben piena, nella quale il sapere è accumulato, ammucchiato, e non dispone di un principio di selezione e di organizzazione che gli dia senso”. La missione dell’insegnamento, invece, dovrebbe essere quella di formare una testa ben fatta, cioè capace di pensiero critico, poiché “un’intelligenza incapace di considerare il contesto e il complesso planetario rende ciechi, incoscienti e irresponsabili”. Difficile dissentire, no?
Il tempo è poco, quindi i temi in classe sono pochi e si concentrano all’ultimo anno, in vista dell’esame. Ed eccola lì, la tesina, che pretende tu abbia imparato il pensiero complesso – e un’adeguata capacità di espressione per manifestarlo – senza che nessuno abbia potuto insegnartelo. E ripeto, potuto, perché so bene quanto gli insegnanti si trovino a dover correre, e quante volte magari si vorrebbero fermare invece a ragionare con loro, approfondire un argomento su cui li vede interessati, far scrivere decine di temi e lavorare sui loro problemi. Ma non si può, e così il pensiero critico scivola via. Se ce l’hai perché sei portata ad avercelo, bene. Altrimenti, ti arrangi.
Il problema non è che la tesi sia inutile – la tesi è il contrario di inutile. Se vogliamo, anzi, la tesi è l’essenza stessa dello studio: studiare non per macinare un voto, ma per capire, ragionare, elaborare. Se gli studenti arrivano in quinta superiore senza questa abilità è gravissimo, ma non è un problema che si risolve costringendoli a fare una cosa complessa che non sanno fare, di fretta e mentre sono già sotto pressione per tutto il resto. Altrimenti, ovvio che il risultato sono lavori illeggibili, copincolla da Wikipedia, testi scaricati da internet o comprati.Che altro dovrebbero fare?
Ci piace ripetere “analfabetismo funzionale” (leggere un testo senza riuscire a comprenderlo in modo efficace) e sì, l’Italia è il Paese che in assoluto soffre di più di questo problema tra le nazioni sviluppate (47% della popolazione), ma è un problema che va risolto a monte riformando la scuola. Se non si fa questo, che l’esame di maturità rimanga o no invariato è ininfluente, e indignarsi davanti al cambiamento inutilmente reazionario.
E ora, indovinate chi ha studiato sociologia e aveva Morin alla seconda prova?
Source: freedamedia.it
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