Source: lanuovaecologia.it
Stop ai pesticidi. È questa la strada tracciata e non più procrastinabile per raggiungere gli obiettivi di tutela della salute dell’uomo e dell’ambiente, tutelare la biodiversità, mettere in pratica quanto già dovrebbe essere previsto dal Piano d’azione nazionale per l’uso sostenibile dei prodotti fitosanitari e, in definitiva, accompagnare l’agricoltura verso una transizione agroecologica.
Legambiente aderisce alla Marcia Stop Pesticidi, in programma il prossimo 19 maggio a Treviso (Cison-Follina), Verona, Trento, Bolzano (Caldaro), Udine (Codroipo) e insieme al coordinamento delle associazioni promotrici dell’iniziativa rilancia la richiesta di fermare il forte impiego di pesticidi nei campi destinati alla coltivazione intensiva di vigneti che, in queste aree, si estendono dalle aree rurali ai centri abitati. La posizione trova conferma anche dai dati del dossier Stop Pesticidi 2019. Boscalid, Chlorpyrifos, Fludioxonil, Metalaxil, Imidacloprid, Captan, Cyprodinil sono alcuni dei residui di pesticidi più diffusi negli alimenti secondo l’ultima indagine dell’associazione. Si tratta di fungicidi e insetticidi utilizzati in campo e di cui ancora troppo spesso se ne ritrovano residui negli alimenti e nell’ambiente, in primis nelle acque superficiali e profonde come testimonia l’ultimo rapporto dell’Ispra.
Come si legge nel rapporto di Legambiente Stop Pesticidi, il 61% dei campioni di alimenti (verdura, frutta e prodotti trasformati), che sono stati analizzati dai laboratori pubblici italiani, risultano regolari e privi di residui di pesticidi: un risultato positivo, ma che da solo non basta a far abbassare l’attenzione su quanti e quali residui di prodotti fitosanitari si possono rintracciare negli alimenti. A preoccupare non sono i campioni fuorilegge, che non superano l’1,3% del totale, quanto quel 34% di campioni regolari che presentano uno o più residui di pesticidi. Nel merito si tratta del 64% delle pere, il 61% dell’uva da tavola e il 57% delle pesche, il 54% delle fragole. Campioni regolari per legge ma che possono avere 9 residui contemporaneamente e persino 25 nel caso di un peperone di provenienza extra europea. Il problema da questo punto di vista è il multiresiduo, che la legislazione europea non considera come non conforme se ogni singolo livello di residuo non supera il limite massimo consentito, benché sia noto da anni che le interazioni di più e diversi principi attivi tra loro possano provocare effetti additivi o addirittura sinergici a scapito dell’organismo umano. Esiste poi una forte corrispondenza tra i residui di prodotti fitosanitari riscontrati negli alimenti e quelli che si rinvengono nell’ambiente, in particolare nelle acque, superficiali e sotterranee, con conseguenti minacce per l’impoverimento della biodiversità. Va tenuto presente che solo una modesta quantità del pesticida irrorato in campo raggiunge l’organismo bersaglio, tutto il resto si disperde nell’aria, nell’acqua e nel suolo, con effetti negativi che dipendono dal modo e dai tempi con cui le molecole si degradano e dalla modalità di impiego. Effetti ai quali ancora oggi non si dà il giusto peso, nonostante numerosi studi scientifici abbiano dimostrato le conseguenze che l’uso non sostenibile dei pesticidi produce sulla biodiversità e sul suolo. Nel Rapporto Pesticidi nelle acque, Ispra evidenzia come i pesticidi siano presenti in oltre il 60% nelle acque superficiali e in oltre 30% di quelle sotterranee. In occasione del 19 maggio Legambiente richiama l’attenzione sull’urgenza di un intervento normativo che, a livello locale e nazionale, possa accompagnare l’agricoltura verso una non più procrastinabile transizione agroecologica. Va incentivato il rispetto di fasce tampone, non soggette a trattamenti, dai corpi idrici per minimizzare il rischio di inquinamento dei corsi d’acqua, la diffusione di tecniche alternative al mezzo chimico e la tutela della biodiversità, che può determinare un miglioramento della resilienza e dell’equilibrio biologico nell’ambiente coltivato.
In particolare si vuole richiamare l’attenzione sulla necessità di inserire nel prossimo Piano d’azione per l’uso sostenibile dei prodotti fitosanitari (PAN), che dovrà essere approvato entro l’anno, alcuni punti essenziali tra cui: l’introduzione di obiettivi quantitativi e misurabili per la riduzione del rischio connesso all’impiego di pesticidi per l’uomo e l’ambiente; l’applicazione delle linee guida di indirizzo per la tutela dell’ambiente acquatico e dell’acqua potabile; la riduzione dell’uso di prodotti fitosanitari e dei relativi rischi nei Siti Natura 2000 e nelle aree naturali protette; l’introduzione delle distanze minime dalle abitazioni e un’adeguata informazione ai cittadini residenti nelle aree rurali; la diffusione dell’agricoltura biologica e di quelle forme di agricoltura basate sul rispetto dei criteri agroecologici; l’eliminazione dell’uso dei pesticidi di cui è stata accertata la nocività nei Siti Natura 2000 e nelle aree protette, promuovendo la conversione al metodo di coltivazione biologica per le aziende all’interno dei siti Natura 2000; il rispetto delle distanze di sicurezza dai corpi idrici e sistemi di monitoraggio e controllo per limitare l’effetto deriva dei prodotti fitosanitari al fine di garantire la tutela della popolazione, dei corpi idrici e delle produzioni biologiche; il sostegno alla ricerca sul tema del multiresiduo (in particolare sui principi attivi che sono più diffusi e più usati in sincrono nelle miscele); l’investimento in ricerca e innovazione sull’agroecologia.
Legambiente sottolinea con forza inoltre un impegno delle amministrazioni locali per approvare regolamenti comunali ed intercomunali che prevedano una serie di misure volte a garantire la tutela della salute cittadini e dell’ambiente limitando con efficacia l’utilizzo di presidi sanitari e il conseguente impatto.
Molto si può fare per ridurre i rischi e le conseguenze negative che un utilizzo non corretto dei pesticidi ha determinato e continua a determinare sull’ambiente, mettendo al centro la tutela dell’ambiente e della salute, le produzioni di qualità, le competenze che derivano dal modello agro-ecologico e dall’agricoltura biologica e la sfida del cambiamento climatico.
Source: lanuovaecologia.it