La notizia del giorno è senz’altro rappresentata dall’annuncio di Giuseppe Conte di aver trovato un accordo con Bruxelles per ridurre il rapporto deficit/pil previsto in manovra al 2,04%. Diminuendo di 0,36 punti percentuali l’iniziale 2,4%. Al di là della curiosità di indicare due cifre dopo la virgola nella comunicazione ufficiale del governo (precedente assoluto) e la strana assonanza delle due cifre (entrambe che possono essere pronunciate, in un messaggio approssimativo, come «dueequattro»), resta un dato incontrovertibile.
Che il 2 ottobre 2018 Luigi Di Maio aveva rilasciato un’intervista a RTL, in un momento particolarmente complicato per il governo. Da un lato c’era l’affaire Rocco Casalino, con le sue dichiarazioni (presunte) su disabili e anziani, dall’altro c’era stata la prima comunicazione del rapporto deficit/pil previsto dalla manovra. Indicata, appunto, nel 2,4%.
Luigi Di Maio aveva risposto alle critiche sull’eccessiva sproporzione di questo indicatore rispetto alle richieste di Bruxelles. E il leader del Movimento 5 Stelle aveva detto, testuali parole: «Qualcuno sta sperando che su questa manovra il governo italiano possa tornare indietro. Tornare indietro da quella manovra significherebbe dire agli italiani non andate più in pensione, non alziamo più le pensioni minime, non risarciamo i truffati delle banche, non facciamo il reddito di cittadinanza».
Bisogna, quindi, capire come si concilia questa affermazione con quella lanciata a caldo dal presidente del Consiglio Giuseppe Conte che, subito dopo aver trovato l’accordo, ha assicurato che quota 100 e reddito di cittadinanza non si toccano e che resteranno invariate. Al di là delle possibili dilazioni delle misure (quota 100 spalmata su tre anni, ad esempio, con un percorso a ostacoli per chi vuole accedervi), assicurare il reddito di cittadinanza e l’anticipo della pensione con circa 6 miliardi in meno in manovra sembra un’impresa titanica.
Tanto più che, già con un rapporto al 2,4%, la missione sembrava difficile. Ora, la questione si complica. E, in più, c’è una domanda da porsi. Chi aveva ragione: il Luigi Di Maio che parlava a Rtl o il Giuseppe Conte che dispensava rassicurazioni dopo aver fatto marcia indietro con Bruxelles.
FOTO: ANSA/MAURIZIO BRAMBATTI
Source: http://www.giornalettismo.com
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