C’è un ego che ci vincola ad una comunicazione prolissa, spesso inutile, e ci impedisce di attingere alle risorse presenti dentro di noi.
Infatti capita a tutti di ripetere spesso alcuni termini, avverbi, locuzioni, aggettivi oppure modi di dire….finiamo così per dire sempre le stesse parole. Il risultato è che da un lato ci caratterizziamo in uno stile comunicativo, dall’altro uniformiamo il pensiero alle identiche espressioni verbali e peggio ancora ripetiamo gli stessi percorsi mentali da cui le parole nascono. Quindi per evitare di cadere in stereotipie pericolose per il funzionamento del nostro cervello, incagliato sul tasto fisso del “repeat”, chiediamo ai nostri interlocutori più stretti di farci notare quali sono le parole che usiamo di più. E invece di polemizzare o di fare i permalosi, annotiamole su un foglio. Poi mentre parliamo ascoltiamoci e quando inciampiamo nella solita parola fermiamoci, facciamo un profondo respiro, stiamo un istante in silenzio e lasciamo arrivare un termine diverso in modo naturale. Non serve sforzarsi, basta stare attenti a ciò che si dice.
Sperimenteremo che basta mantenere uno stato costante di attenzione perché le vecchie parole ci abbandonino e le nuove affiorino senza fare nessuno sforzo. Anche i pensieri lasceranno gli schemi mentali in cui erano intrappolati per esplorare nuovi territori.
Le nostre possibilità espressive sono infinite.
Maura Luperto
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