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La bocciatura della sfiducia a Lotti raccontata dai giornali

Palazzo Madama ha respinto la mozione di sfiducia – promossa dal M5S – contro il ministro dello sport, Luca Lotti, indagato per rivelazione di segreto nell’inchiesta Consip.  I no alla sono stati 161, i sì 52 e due gli astenuti. Se il ministro tira un sospiro di sollievo, i giornali italiani tracciano un’analisi critica dei risvolti della faccenda.

Ecco come i quotidiani italiani hanno letto la bocciatura della mozione di sfiducia.

La mediocrità della politica – La Repubblica

Nell’editoriale di Stefano Folli su Repubblica, l’aspetto che viene sottolineato è la mediocrità dell’intera classe politica – sia degli accusatori, sia dei difensori di Lotti. “La piccola pièce teatrale andata in scena ieri pomeriggio al Senato ha una caratteristica: nessuno fra i protagonisti e i comprimari è veramente innocente. Il ministro dello Sport non meritava probabilmente la mozione di sfiducia, le cui ragioni sono tutte politiche, ma il quadretto da lui descritto per difendersi è un po’  troppo candido per essere convincente. La presunzione di innocenza è fuori discussione ma non tutti i presunti innocenti sono ministri della Repubblica. In definitiva l’intera vicenda Lotti ha un retrogusto di mediocrità: una brutta rappresentazione della politica attuale ma anche dela cosiddetta anti-politica. Nessun pathos, fra gli accusatori non meno che fra i difensori”.

Le Idi di Lotti – Il Fatto quotidiano 
Non è di certo tenero Marco Travaglio che nella sua analisi parla di ‘ennesima assoluzione di una classe politica marcia dalle fondamenta’. Per il direttore del Fatto quotidiano: “Forse era meglio un Parlamento deserto, come quello che lunedì doveva discutere del testamento biologico. Così almeno ieri non avremmo assistito allo spettacolo inverecondo del caso Lotti. Inverecondo non perché il Senato ha respinto, com’era scontato, la mozione di sfiducia al ministro renziano dello Sport.

Ma per quello che è toccato ascoltare aicittadini che hanno avuto la disgrazia di assistere al dibattito (inclusa una sventurata scolaresca di giovani leccesi): l’ennesima autoassoluzione di una classe politica marcia dalle fondamenta, all’insegna del “Lotti sei tutti noi e noi siamo tutti Lotti”.

I pidini parlavano come i berlusconiani dei tempi d’oro (“gogna mediatica”, “processi sui giornali”). I berlusconiani davano loro il “benvenuto in Italia” e ne approfittavano per riabilitare il loro leader pregiudicato e la loro delegazione distaccata presso le patrie galere (compreso Cosentino che ieri ha collezionato altri 7 anni di carcere)”.

Il rischio di tirare a campare – Il Corriere della Sera
Il Corriere della Sera, si sofferma sui risvolti che i numeri al Senato potrebbero avere in futuro per le sorti del governo Gentiloni.
“Ieri Gentiloni – scrive Antonio Polito – ha respinto l’attacco esterno portatogli dal M5S, che facendo cadere Lotti avrebbe fatto cadere l’intero Gabinetto e forse messo fine alla legislatura.

Ma che accadrà quando un ben più infido attacco sarà portato dal gruppo bersaniano di Mpd? Gli scissionisti, infatti, seppure con zoppicante logica, non hanno votato ieri la mozione di sfiducia dei Cinquestelle ma vogliono ugualmente le dimissioni di Lotti, e hanno depositato una mozione in cui chiedono che Gentiloni gli ritiri le deleghe. Se fosse calendarizzata, rischierebbe di raccogliere più consensi di quella bocciata ieri: una vera e propria trappola a orologeria”.

Una vittoria che costa molto cara – La Stampa 
Anche la Stampa, come il Corriere, si sofferma sui numeri che hanno portato alla bocciatura della mozione di sfiducia nei confronti di Lotti. Un salvataggio definito “a caro prezzo“. “Senza l’aiuto dei senatori di Forza Italia, usciti dall’aula, e il voto a favore dei verdiniani, nonché della pattuglia di centristi e scappati di casa che da sempre a Palazzo Madama si schierano con qualsiasi governo per evitare il rischio di scioglimento anticipato, la mozione di sfiducia contro il ministro dello Sport e stretto collaboratore dell’ex premier Matteo Renzi non sarebbe stata respinta.

E il fatto che il partito trasversale anti-crisi – coadiuvato in modo decisivo da Denis Verdini, toccato dall’inchiesta Consip – si sia manifestato anche stavolta non autorizza a tirare un sospiro di sollievo. Perché un governo, per governare, ha bisogno di un sostegno parlamentare solido e non occasionale, mentre la votazione dell’Aula di Palazzo Madama che ha consentito al ministro dello Sport di restare al suo posto e il dibattito che l’ha preceduta dicono esattamente il contrario”.

Quel solco tra il Pd e i suoi ex Scissionisti attratti dai grillini. Le convergenze parallele – Il Giornale
L’aspetto sottolineato da Il Giornale è la ‘convergenza’ tra gli scissionisti del Pd e del M5S che si fonda soprattutto sull”antirenzismo’. “Quel che resta della mozione di sfiducia al ministro Luca Lotti non sta tanto nel risultato del voto del Senato che mai è stato in discussione, quanto nell’inedita convergenza tra fuoriusciti del Pd e Cinque stelle. Una corrispondenza forte soprattutto nei contenuti, con l’antirenzismo a fare da collante tra Mdp – il gruppo parlamentare dove sono confluiti gli scissionisti dem e Sinistra italiana – e M5S. Al punto che a qualcuno è parso persino più duro l’intervento di Miguel Gotor rispetto a quello della grillina Paola Taverna che ha illustrato la mozione di sfiducia individuale al braccio destro di Matteo Renzi. La giornata di ieri, dunque, allarga ulteriormente il solco tra il Pd e i suoi fuoriusciti, consolidando distanze, incomprensioni e risentimenti personali. Se mai ci fossero stati dubbi, insomma, è sempre più improbabile che le loro strade possano riavvicinarsi a breve”.

Source: agi.it/politica

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