Source: agi.it
La volata è lanciata. Milano-Cortina ha preso d’anticipo Stoccolma anche sulle garanzie finanziarie del governo. E, anche se gli svedesi hanno recuperato, il nostro Paese ha ancora qualche piccolo vantaggio nella corsa alla candidatura dei Giochi Invernali 2026. Intanto, per una volta – udite, udite – tutte le parti interessate, dalla politica allo sport dalle regioni agli enti locali non accusano defezioni, cioè remano tutte a favore, anche se magari con diversa intensità.
Forte della grande bellezza del paese, da Cortina alle piste di Bormio, da Tesero ad Anterselva, allo stadio Meazza di Milano (teatro della cerimonia di apertura) all’Arena di Verona (per la chiusura), l’Italia si presenta con credenziali serie, risparmiose, sostenibili sotto tutti i profili e quindi credibili, nel dossier di 127 pagine con grafici e foto, che è stato appena verificato sul campo dal Cio, coi 14 siti divisi in quattro gangli, Milano, Valtellina, Cortina e Val di Fiemme. Nella più europea delle città italiane si terranno hockey, pattinaggio artistico e short track.
In Valtellina, ci sarà lo sci alpino maschile, a Bormio e allo Stelvio, mentre a Livigno si disputeranno snowboard e freestyle. In Val di Fiemme, a Baselga di Pinè, si svolgerà il pattinaggio di velocità (pista lunga), a Tesero il fondo, a Predazzo, il salto con gli si. A Cortina, in città, ci saranno le gare di curling, alle Tofane, quelle di sci alpino donne, al centro “Eugenio Monti” bob, slittino e skeleton. In Alto Adige, ad Anterselva, si daranno battaglia nel biathlon.
Parliamo di località sportive e turistiche ben note, già testate più volte, in tempi recenti, da continui afflussi di gente e da gare internazionali. Così come Milano non fa temere per la costruzione del nuovo palasport di Santa Giulia e le migliorie da apportare all’ex PalaSharp di Lampugnano (per l’arena da 7.000 spettatori dell’hockey) e ad Assago (destinato al pattinaggio), la cui pianificazione è già completata, su carta.
Né per gli investimenti, i più ingenti dei Giochi invernali 2026, con un impegno con oltre 200 milioni: fra i 113.213mila del villaggio olimpico a Scalo Romana (vicino l’aeroporto di Linate, alla stazione di Rogoredo e alle autostrade), 79.310 di Santa Giulia (15 mila posti), più Palasharp e Assago…. La metà dei quasi 449 milioni di euro degli investimenti olimpici definiti fra pubblico (264.215mila euro) e privati (184.434mila). Il capoluogo lombardo vanta ampia credibilità imprenditoriale, oltre a una rete di trasporti all’avanguardia, dagli aeroporti alla metropolitana, la più estesa del paese (all’epoca dei Giochi sarà ultimata anche la linea blu, con capolinea Linate).
Così com’è sereno il discorso alberghi, in tutti i quattro gangli dei Giochi, con la capacità di ospitare complessivamente 85 mila persone (32 mila Milano, 31 mila Cortina, 11 mila ciascuno la Valtellina e la Val di Fiemme). Senza necessità di nuove strutture, e quindi di spese extra. Rimanendo nel budget, mentre l’Olimpiade della sola Torino sarebbe costata 648 milioni, quella di Milano 384 e quella di Cortina 380. Così com’è assodato e concreto l’avallo della gente, curiosa ed orgogliosa di essere parte integrante di un teatro così importante.
Le criticità dell’Olimpiade “Made in Italy” sono le stesse di quella “Made in Sweden”, con più siti di gare, anche lontani fra loro, e tre diversi villaggi degli atleti. Ma con una caratterizzazione che Stoccolma – coi suoi due mega-palasport – non può vantare, rispetto al nostro paese-bonsai. Come il palazzetto di Cortina, da 3.000 posti, destinato alle prova di curling, che fotografa al meglio la nuova filosofia del governo dello sport mondiale in quest’epoca di forte penuria di candidature olimpiche: esempio positivo che può fare da volano per altri Paesi. Senza preoccupazioni di salti nel buio, utilizzando gli ottimi impianti già esistenti. E rispettando il pareggio a quota 1.533milioni di euro, fra spese e introiti.
L’unico, vero, punto interrogativo è forse legato alle politiche estere del governo, certamente non popolarissimo di questi tempi.
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