Recentemente ho partecipato a due matrimoni, di due coppie di amici molto belle (e va specificato perché si sa che non siamo fan di tutte le coppie che formano le nostre amiche). Ma quello che mi ha colpito di più sono state le parole che ho scambiato con le spose a pochi giorni dal matrimonio. La prima mi ha raccontato alcune riflessioni rispetto le sue relazioni precedenti e quella attuale:
Sai, forse sarei potuta finire con qualcun altro dei miei ex a questo stesso esatto giorno; con uno in particolare che forse, in un certo senso, ho amato anche di più di Valerio. Per un momento questo pensiero mi ha turbato. Poi ho capito che non aveva senso ragionare in termini di “più” o “meno” in amore. Semplicemente avevo età diverse, un’altra consapevolezza di me e di quello che volevo nel futuro. Di Valerio mi sono innamorata dopo che avevo capito tante cose di me stessa, tipo cosa che mi rende felice e quali miei comportamenti invece mi portano fuori strada. E con lui credo che potrò essere la persona che voglio diventare e questo me lo fa amare in un modo diverso da come ho amato nel passato, ma altrettanto forte.
Lo ammetto, una parte di me ha avuto una strana reazione ad ascoltare un discorso così lucido e razionale a pochi giorni dal proprio matrimonio (anche se non so cosa mi facesse pensare che non lo potesse essere) ma in realtà non mi ci è voluto molto a capire che aveva perfettamente senso. E, in un certo modo, questa conversazione è proseguita anche nella chiacchierata prematrimoniale che ho avuto con la sposa del secondo matrimonio di cui parlavo. E che sullo stesso argomento, mi ha fatto un discorso simile.
A un certo punto non è che sai che l’altra persona è quella giusta, ma sai che il momento è giusto, per te e per lui. O almeno, per me è stato così. Abbiamo fatto tutto abbastanza in fretta perché eravamo decisi. Ho cominciato a vedere un futuro per noi che mi piaceva e che credo corrisponda a quello che vorremmo per noi stessi, sia individualmente, che come coppia. Non mi era successo con nessun altro uomo di sentirmi così innamorata e contemporaneamente il linea con quello che volevo nella vita quindi per me è stato naturale arrivare al matrimonio. E te lo dice una che ancora non si è realizzata a pieno nel lavoro – mentre lui sì. Ma ecco, so che in lui avrò il sostegno necessario a conciliare sia la famiglia che vogliamo costruire che il lavoro che sto cercando di fare.
In entrambe le occasioni, ho notato che il modo con cui giudicavano il loro rapporto di coppia era spesso riferito alla sensazione di poter continuare il proprio percorso, fatto di passioni e ambizioni. Non che non si sia mai parlato d’amore o del partner, naturalmente, ma l’accento del discorso era nel raccontare come sarebbero progredite nella loro sfera individuale. E al di là di questi esempi, sembra che sia diffuso il pensiero che oggi le persone tendono a considerare le relazioni – e il matrimonio – come un luogo dove trovare stimoli e sostegno alla propria crescita personale.
Una riflessione che arriva dagli Stati Uniti racconta proprio che i tempi in cui l’amore era la parte fondante del matrimonio sembrano essere passati: la tendenza della nostra epoca sarebbe quella di considerare l’espressione di sé e la crescita individuale come il termometro per misurare il grado di soddisfazione di un rapporto. Non che il matrimonio abbia smesso di essere un sistema di amore e condivisione, sia chiaro, ma senz’altro ha preso pieno spazio un valore che forse in passato non era considerato neanche tale, ovvero il potersi esprimere attraverso il rapporto di coppia e poter conseguire le proprie ambizioni personali, oltre a quelle famigliari.
La questione è complessa ed è senz’altro difficile fare un discorso che possa rendere giustizia alle diverse esperienze di ognuno di noi; ma tra le chiacchiere con gli amici e quello che assimiliamo tra serie tv, film e libri sembra che effettivamente ci sia stato un cambiamento di prospettiva nel modo di intendere le relazioni. Un articolo apparso su The Cut ripropone alcuni passi adattati dal libro The All-or-Nothing Marriage: How the Best Marriages Work di Eli Finkel. Nella sua dissertazione l’autore mostra, attraverso le parole del sociologo Paul Amato, come si siano trasformate nel tempo le nostre aspettative rispetto al matrimonio:
Il matrimonio è passato dall’essere un’istituzione formale che incontra i bisogni di una società più ampia – com’era nel passato – all’essere una relazione complice che riguarda i bisogni di una coppia e dei propri figli, fino ad arrivare ai giorni nostri, dove è diventato un patto tra individui che mette in relazione i bisogni psicologici di ciascuno degli sposi.
Secondo la sua ricostruzione, gli Stati Uniti hanno visto tre grandi cambiamenti nel modo di intendere il matrimonio: la prima fase – dal periodo coloniale fino all’incirca il 1850 – enfatizzava il matrimonio nel suo aspetto pragmatico di dare le basi economiche alla coppia e alla famiglia che si andava a formare. Dal 1850 al 1965 invece, si è passati dai bisogni primari a considerare il matrimonio quel luogo privilegiato dove soddisfare il bisogno d’amore e di intimità. Infine, dal 1965 ai giorni nostri, l’attenzione si è spostata e si è iniziato a considerarlo come un sostegno alla crescita personale, in accordo con quella del partner.
Si tratta di aspetti che di volta in volta vengono enfatizzati e che rispecchiano il modo di intendere le relazioni – e l’individuo – di un’epoca. E per quanto quest’analisi riguardi nello specifico gli Stati Uniti, non si fa troppa fatica a vedere tracce di questo cambiamento anche nelle nostre parole e nelle nostre esperienze. Il sociologo Eric Klinenberg, ha posto un’interessante osservazione nel discorso:
Non poco tempo fa se qualcuno era insoddisfatto con il suo sposo o la sua sposa e voleva il divorzio doveva giustificare la propria decisione. Oggi è l’opposto. Se non sei pienamente felice del tuo matrimonio devi giustificare il perché rimanere, data l’enorme pressione culturale che c’è di essere sempre “buoni” con il proprio sé.
Se prima si enfatizzava un certo modo di mettersi da parte in funzione dell’altro, come sintomo d’amore, oggi probabilmente questo atteggiamento sembrerebbe un modo di trascurare se stessi e impedire un dialogo reale con il partner. Certo, per alcuni questo continua attenzione volta a salvaguardare la propria autonomia può essere interpretato come un modo infantile di evitare il sacrificio e pensare di poter avere tutto – l’indipendenza, la coppia, la famiglia e la carriera. E certo, va detto che ogni atteggiamento estremo ed esclusivo non porta a niente di buono – ed in questo senso, si possono ben immaginare le conseguenze di un comportamento egoista e individualista, che mira soltanto alla ricerca della propria soddisfazione, nel rapporto di coppia. Ma per come è stata presentata, credo che questa nuova tendenza stia portando a una maggiore consapevolezza delle entità in gioco nelle relazioni – in generale – e nel matrimonio nello specifico. Il pensiero che un rapporto stabile e duraturo non sia un luogo di privazioni e sacrificio, in cui dobbiamo trascurare noi stessi in nome della coppia, non può che rendere più forte una relazione, specialmente se si crede di poter compiere questo percorso al fianco del proprio amato o amata.
Nell’esperienza personale che ho avuto di queste coppie, non ho visto egoismo nel considerare questo aspetto delle loro relazione, né un freddo calcolo di convenienza, quanto piuttosto una profonda complicità e amore. Certo, un amore che non si veste di quegli abiti retorici che lo vogliono passionale solo se litigioso o sincero solo se è frutto di una spontaneità che non contempla riflessioni di questo tipo. E di certo, è un amore contempla al suo interno il compromesso e il sacrificio. Forse il problema è che questa nuova visione delle relazioni non ha ancora trovato una sua definizione precisa nel nostro immaginario, per cui ci risulta ancora strano e in qualche modo “freddo”. Ma ho fiducia nel pensare che questo modo di scegliersi, di contare su una persona che ci aiuta ad essere la migliore versione di noi stessi – e viceversa – possa verosimilmente portare, se non a una stabilità di coppia, per lo meno a fare nuovi errori ma non commettere quelli del passato. Anche perché altrimenti, sarebbe tutto molto più noioso, no?
Source: freedamedia.it
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