Può capitare che la rabbia sia la padrona assoluta delle nostre giornate, in ufficio, in famiglia, sui social, a volte abbiamo l’impressione che il mondo si sia proprio incattivito. Offrendoci un’illusione di forza, essa è legata a due nemici: il dubbio e il desiderio.
Nel momento in cui ci arrabbiamo, quindi, ci intossichiamo inutilmente. Nel “Manuale di un monaco buddhista per abbandonare la rabbia” Ryūnosuke Koike, monaco buddhista della scuola Jodo Shinshu, insegna delle facile regole che possono aiutarci a controllare noi stessi, allontanando la rabbia.
“Una mente che la rabbia allontana dalla realtà è destinata a vagare nel dubbio, e il dubbio genera il desiderio. Ma il desiderio si svuota nel momento stesso in cui viene appagato e genera a sua volta infiniti pensieri negativi”, spiega il monaco nel libro.
Come si fa a spezzare questo circolo vizioso? Provando a controllare i pensieri negativi in modo da non fare del male a noi stessi e a chi ci circonda.
“Nella società sono molte le persone che competono, lottano e si dedicano totalmente al lavoro, mosse dalla sofferenza provocata dalla rabbia: le sostanze sgradevoli, secrete per questo motivo, si trasformano in stress e arrecano loro grossi danni fisici e spirituali”, dice Ryūnosuke Koike.
Il monaco accompagna il lettore in un percorso di crescita spirituale e psicologica per arrivare a coltivare la compassione che conduce fino alla serenità.
Ma l’energia positiva si può ricavare dal rispetto di alcune regole. La prima è quella di astenersi dal desiderio di volere ogni cosa perché nel momento in cui non ci si riesce ad ottenerle si finisce per covare rabbia.
“Se lasciamo agire la forza attrattiva del desiderio ci irrigidiamo e la voglia di fare ristagna. È indispensabile essere ragionevoli e cercare di controllare con regolarità la propria mente, affinché non venga invasa da questa forza”, dice Koike.
Bisogna poi astenersi dalla rabbia stessa che altro non è, che un istinto illusorio che può e deve essere estirpato dal proprio animo. Ancora, non dire bugie: molto spesso si dicono per ottenere qualcosa.
“Quando si affermano le cose fasulle, le informazioni nella nostra mente vengono disposte in maniera disordinata e cadiamo in uno stato di confusione. Inoltre. Una volta detta una bugia, bisognerà accumulare ulteriori menzogne per non farsi scoprire, perciò volta dopo volta, ciò che è contrario alla verità resterà impresso nel nostro inconscio. E la mente si confonderà sempre di più”.
Ci sono poi tre regole legate tra loro: non criticare, non calunniare e non fare pettegolezzi. Ognuna di queste azioni, secondo il monaco, è sempre dettata dal desiderio di ottenere qualcosa per sé.
“Se si vuol esercitare la propria influenza sull’altro, invece di criticare, è saggio capire in cosa consista il desiderio del proprio interlocutore e proporre delle scelte adeguate ad esso”.
Poi, dice Koike, “quando calunniamo qualcuno che non è presente ci innervosiamo a causa dell’energia della rabbia. Invece di ridurre lo stress, finiamo per accrescere la tensione latente e nel caso in cui l’altra persona sia presente dobbiamo dire per forza delle cose completamente diverse, e considerando il modo in cui la mente tratta le informazioni ciò conduce all’aumento dell’energia del dubbio”.
E infine, i pettegolezzi, scagli la prima pietra chi è senza peccato. Eppure secondo il monaco:
“Le chiacchiere inutili potranno anche essere divertenti per chi le fa, ma spesso sono penose per chi le ascolta. Dire una bugia a qualcuno nuoce a se stessi; ma anche dire la verità, qualunque essa sia, non porta necessariamente un vantaggio. Più si reclama attenzione e più ci si allontana dai sentimenti dell’altro”.
Source: greenme.it
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