La partita Roma-Genova in programma allo Stadio Olimpico domenica 28 maggio alle 18 ha visto per l’ultima volta il numero 10 giallorosso in campo con la squadra in cui milita da oltre 25 anni e di cui è uomo simbolo e bandiera. L’Agi ha realizzato con il Messaggero il libro “Totti tutta la vita” che è un tributo al calciatore ma anche all’uomo. Un libro, come scrive Riccardo Luna, “fatto in 48 ore, con un miracoloso passaparola telefonico fra i suoi amici e ammiratori”. Tra questi non tutti romanisti. Non tutti appassionati di calcio. Ecco alcune delle “lettere d’amore” che compongono il volume. Quelle di sei giornalisti che lo conoscono bene.
In tv mi ricorda Corrado e Mike Bongiorno (di Maurizio Costanzo*)
La sua ironia funziona anche se si avverte la malinconia per un finale di carriera in cui non lo hanno rispettato.
Francesco Totti è una bandiera, e come tutte le bandiere merita rispetto. Non va trattato come ha fatto Spalletti facendolo entrare in campo a due o tre minuti dalla fine. A chi vuol dare il contentino? A Totti? Proprio a lui si può dare un contentino? Ma non scherziamo… E la società è colpevole per non aver difeso il Capitano.
Io a Francesco voglio bene da sempre e il mio consiglio per il futuro è: prendi una decisione, cerca una soluzione che ti soddisfi. Quando si superano i 30 anni, nel suo caso i 40, occorre cercare cose che ci piacciano, ormai è stata superata la spinta della verde età, quando si vuol fare tutto e si vuol costruire. Non so se nella Roma, in questa Roma, come dirigente, avrebbe uno spazio importante. Purtroppo in Italia non siamo abituati a rispettare le bandiere, anche la nostra storia politica lo conferma. Molti mi chiedono di un suo futuro televisivo. Una cosa è certa. Totti è un grande primattore, un protagonista. Come un Corrado o un Mike Bongiorno… In tv funziona, si è visto anche all’ultimo Festival di Sanremo. Lui nel suo mestiere è un grande, inutile dire. E lo sarebbe anche altrove anche grazie a quel suo modo unico di fare battute che a volte sembrano cozzare contro le regole dell’italiano, è vero, ma la sua ironia funziona, anche se ultimamente è venata da qualche lampo di malinconia. Una malinconia forse derivante dal non poter concludere la carriera meglio di come gli stanno facendo fare Spalletti e la società.
* autore e conduttore televisivo
Gli occhi del Capitano (di Massimo Caputi*)
Nel suo sguardo c’è tanta generosità, quella non lo ha mai fatto tirare indietro davanti alla sua Roma o a chi aveva bisogno.
Ho poco da aggiungere sulla grandezza di Francesco Totti calciatore. Del resto, per venticinque anni ha entusiasmato e regalato emozioni, diventando uno dei i più forti giocatori italiani di sempre. Oltre alle sua fantastiche doti tecniche, ciò che mi è sempre piaciuto di Francesco sono la semplicità e la spontaneità, qualità lo hanno reso uguale a se stesso negli anni. Dagli inizi in serie A fino ad oggi, cercato e inseguito da tutti, Totti non è mai cambiato. Tra i tanti che può annoverare, Francesco ha anche questo record, oltretutto tra i più difficili da conseguire. La popolarità può dare alla testa, modificare i comportamenti, cambiare le persone anche quando non vorrebbero. Totti no, è rimasto il ragazzo disponibile dei primi anni di carriera, un ragazzo dalla simpatia innata al quale basta una smorfia del viso o un semplice sorriso per farti arrivare diretto il suo pensiero.
Ho incontrato per la prima volta Francesco nel 1996, ospite della trasmissione “Goleada” a Telemontecarlo. Erano i primi anni della carriera, ma la sua classe aveva già lasciato il segno. Ecco, negli oltre vent’anni che sono trascorsi, posso affermare che ho sempre ritrovato e rivisto lo stesso ragazzo. E’ diventato uomo, marito, padre e campione di fama mondiale, ma il suo modo d’essere è rimasto uguale, oggi come allora. Non si è Campione con la “c” maiuscola, se non lo si è dentro e fuori dal campo. Se gli occhi sono lo specchio dell’anima, quelli di Totti dicono tutto. Nel suo sguardo c’è la furbizia del talento e la serenità nel vivere quel dono, l’immediatezza del pensiero e la genuina spontaneità. Soprattutto in quello sguardo aperto e furbo c’è tanta generosità, quella che non lo hai mai fatto tirare indietro davanti alla “sua” Roma o a chi, tra tifosi o persone comuni, gli reclamava un sorriso, un gesto o molto più di un’attenzione.
* Responsabile delle pagine sportive del Messaggero
Uno di noi (di Giovanni Floris*)
La sfida decisiva con la sorte l’ha vinta giocando, divertendosi, scherzando
Tifo Francesco Totti perché è come noi.
E ho capito che è come noi quando a San Siro ha scavalcato Julio Caesar. Sogna di fare quello che sogniamo di fare noi al campetto. Solo che lui lo può fare, e lo fa a San Siro.
Quando è entrato contro il Torino ho capito poi che Totti è uno di quelli in cui credere se vuoi sperare. Perché è entrato ed ha fatto due gol in due minuti. Era impossibile, e lui lo ha fatto (il 20 aprile 2016, finì 3 a 2).
Ma forse ho capito il tratto fondamentale di Francesco Totti quando l’ho visto davanti a Van der Saar (il 29 giugno 2000, semifinale degli Europei, Italia-Olanda)
Lì la sfida decisiva con la sorte l’ha vinta giocando, divertendosi, scherzando.
Sfidando la paura, quella sua e quella degli altri.
Alla romana, insomma.
Alla Francesco Totti.
*Conduttore di ‘Di Martedì’ su La7
È come la Nutella (di Paolo Liguori*)
Francesco Totti è stata l’unica eccellenza che ha funzionato a Roma negli ultimi 25 anni, a parte qualche Papa.
Totti per la Roma è come la Nutella per la Ferrero. Per i tifosi giallorossi è un parente, un fratello, uno zio che, in campo, porta l’orgoglio di essere romanisti. E’ la passione, per chi ce l’ha, di giocare a pallone senza fermarsi mai, stagione dopo stagione. Per i bambini di Roma è un super eroe, chiedete negli ospedali dove è andato per anni a consolare quelli malati, a fare selfie, a firmare autografi, a dire una parola di conforto, a regalare maglie. Facsimile di maglie numero 10, perché sono convinto che Il Capitano, Checco per gli amici, la maglia non la usi più da tempo. Quella che vedete in campo è virtuale: quei colori, quel numero, quel piccolo scudo giallorosso li porta sulla pelle, se tutti si accorgessero del fenomeno, lo potrebbero espellere a vita. Che fai, Capitano, giochi senza maglia? Sarebbe molto grave, allora è meglio che il segreto lo teniamo per noi che vediamo con il cuore quello che altri non vedono, perché non possono capire.
Perdonali Checco, abbi pazienza, hanno deciso che la Nutella fa ombra ad altri prodotti e vorrebbero sospendere la produzione. Potremmo ridere di tanta idiozia, se non ci fosse di mezzo l’astinenza. Cosa diciamo a decine di migliaia di cuori e di bocche giallorosse, che non dovranno mai più urlare il tuo nome ad ogni lettura di formazione? Certo, continueranno per un po’ a cantare “C’è solo un Capitano”, ma non sarà la stessa cosa. Come se Venditti cantasse da domani “Roma, Roma, nostalgia de ‘sta città “. E, in parte, è già così: Francesco Totti è stata l’unica eccellenza che ha funzionato a Roma negli ultimi 25 anni, a parte qualche Papa.
Ho iniziato a frequentare l’Olimpico a 12 anni, da 56 li ho visti tutti gli eroi giallorossi, campioni di ogni parte del mondo e tanti italiani. Con la Roma di Falcao e Conti, ho pensato di aver toccato il cielo, soprattutto quel brasiliano sembrava insuperabile. Poi è arrivato Totti, quel ragazzino biondo, un fratello minore per me e ho visto cose che voi Spalletti non avete visto mai.
E ora, fine? Facciamo finta di niente? Pensate in che mani siamo: non capiscono con la testa, non sentono col cuore, non hanno nemmeno preparato un’uscita degna di una leggenda. Ce la siamo organizzata e realizzata da soli, noi che seguiamo la passione e sentiamo che Francesco Totti sarà il nostro Capitano per sempre. E quelli che continuano a sussurrare che essere romanisti è cosa diversa dall’essere tottisti sappiano che rischiano di far scomparire migliaia di tifosi in un colpo solo. A meno che, Totti in persona…
* Direttore di TgCom24
E voi dove eravate quando Totti esordiva in serie A? (di Francesco Costa*)
Berlusconi non era in politica, c’era la lira, non c’era l’Unione Europea e nemmeno il web, Salvini faceva il concorrente ai quiz in tv, Renzi neanche quello: in 24 anni è cambiato tutto per tutti, tranne per il Capitano.
Se un atleta professionista è abbastanza speciale e fortunato, a un certo punto della sua carriera comincia a fare notizia anche la sua longevità, oltre che i suoi talenti e le sue vittorie. Nel caso di Francesco Totti, ai suoi talenti straordinari e ai record sportivi, si sono affiancati quelli frutto di un’integrità fisica straordinaria per un calciatore: a quarant’anni passati, un’età in cui la grandissima parte dei suoi compagni ha smesso da tempo, Totti ha continuato a giocare a calcio con risultati evidentemente meno importanti del passato ma comunque impossibili da confrontare con quelli dei suoi coetanei – anche perché di suoi coetanei, a questo livello, non ce ne sono e non ce ne sono mai stati. Mai nella storia del calcio un quarantenne ha giocato come Totti. Anche per questo la sua storia si è intrecciata a quella del mondo intorno a lui: per un pezzo sostanzioso di persone, Totti è parte del panorama da sempre. E nel frattempo, mentre Totti faceva la cosa che gli veniva meglio, siamo cambiati noi ed è cambiato il mondo.
Francesco Totti giocò per la prima volta in Serie A il 28 marzo del 1993. Fare uno sforzo di memoria, e ricordarsi com’era il mondo 24 anni fa, aiuta a dare una dimensione concreta all’enormità della sua carriera. Quando Totti esordì in Serie A, per dirne una, Berlusconi non era un politico: il famoso discorso della “discesa in campo” è del 1994. Non esisteva l’euro, e per dirla tutta non esisteva proprio l’Unione Europea. Il 32 per cento dei calciatori dell’attuale Serie A non era ancora nato. Il telefonino più popolare era un Nokia 1011, non esisteva la PlayStation, non esistevano i DVD, il World Wide Web era agli albori, quindi non esisteva nemmeno Google, oltre a tutto il resto; e il sistema operativo del momento era Windows 3.1. Esisteva la Democrazia Cristiana, il presidente della Repubblica era Oscar Luigi Scalfaro, quello del Consiglio era Giuliano Amato. La Nissan Micra era l’auto dell’anno. Laura Pausini e gli 883 erano in testa alle classifiche italiane. Non erano ancora usciti Jurassic Park e Pulp Fiction. Roger Federer andava già ai grandi tornei di tennis, ma a fare il raccattapalle. Barack Obama veniva già intervistato, ma in quanto giovane neo-laureato per un documentario che non fu mai prodotto. Matteo Salvini faceva il concorrente di programmi televisivi; Renzi ancora nemmeno quello.
Guardatevi intorno, ripensate a dove eravate, se c’eravate, nel 1993. E pensate che Totti, in tutto questo, faceva già esattamente e meravigliosamente la cosa che ha fatto fino a oggi.
* vice direttore de Il Post
Così nacque il Pupone (di Mimmo Ferretti*)
Come Sordi divenne Albertone, a un certo punto Totti è diventato il Pupone: per un articolo del Messaggero. Fino a che un giorno chiamò in redazione e disse: “Ormai sono cresciuto…
Tutta colpa di Alberto Sordi. E, viste le analogie tra i due personaggi, non poteva che andare così. Due romani, anzi due simboli di Roma. Dici Albertone, e basta la parola: tutti, nessuno escluso, capiscono al volo. Dici Pupone, ed è la stessa cosa, con il pensiero che corre senza indugi a Francesco Totti. Due figli della magia di Roma e un destino comune: restare nella Storia. E non solo della città.
Tutta colpa di Albertone se, un giorno di tanti anni fa, Francesco divenne il Pupone. In quel periodo il Capitano della Roma era ancora un ragazzetto biondo e paffuto che cominciava ad incantare sui campi di tutta Italia. Gli rimproveravano di avere il culone, di non essere uno scattista e – sbagliando – di essere un po’ troppo rotondetto.
Ecco perché – dopo aver visto per la centesima volta “Un giorno in Pretura”, e la scena del vigile urbano che era scappato dalla marana senza multare Nando Mericoni, che faceva il bagno nudo, per andare a trovare la moglie che aveva appena partorito “un pupone, signor giudice…” – mi venne automatico pensare al pupone Totti. E, alla prima occasione utile, cominciai a chiamare così Francesco sulle colonne de Il Messaggero. A giudicare dalla eco che ha avuto (e ha tuttora) il soprannome, l’immagine non era sbagliata. Un nomignolo affettuoso, perfino delicato e soprattutto molto, molto romano, come Francesco.
Con il passare del tempo, però, il termine Pupone è stato troppo spesso (e lo è ancora…) usato in modo dispregiativo nei confronti di Francesco: l’hanno trasformato in un sinonimo di coattagine, ad esempio. Al punto che un giorno, e siamo già all’inizio degli anni Duemila, lui mi chiese di evitare, almeno io che l’avevo ribattezzato così, di chiamarlo ancora in quel modo. “Non sono più un ragazzino, fammi una cortesia: basta con quel soprannome…”, mi disse. Accettai senza fare una piega. Ovviamente. E girai al volo l’invito a tutti i colleghi della redazione sportiva: da quel momento sul nostro giornale Totti non è mai più stato il Pupone.
È rimasto Francesco Totti, e c’è bastato e avanzato. Non solo per questo, però, lo rimpiangeremo.
*giornalista del Messaggero
Source: www.agi.it