Per me una persona che si chiama Ludovica ha i capelli neri e lisci, la faccia leggermente allungata e gli occhi scuri. Nicola invece è biondo, ha gli occhi azzurri e un sorriso tipo Ken della Barbie. “Quella ha proprio una faccia da Sara”: quante volte vi è capitato di dire una frase del genere? A me moltissime, e qualche volta mi è anche capitato di azzeccare il nome di una persona che non conoscevo (qualche volta, ripeto). Ho sempre pensato che fosse per una specie di sesto senso che tutti abbiamo, una di quelle cose che devono esistere per forza ma di cui la scienza non riesce a rendere conto. E mi sbagliavo.
Di recente il Journal of Personality and Social Psychology ha pubblicato uno studio condotto da un gruppo di ricercatori dell’Università di Gerusalemme, chiamato We look like our name: the manifestation of name stereotypes in facial appearance, in cui è stato dimostrato, attraverso una serie di esperimenti, che esiste un certo legame tra il nostro nome e la nostra faccia. Una ragione in più per lamentarci con i nostri genitori.
In uno di questi esperimenti si è osservato che, se poste davanti alla fotografia di uno sconosciuto e davanti a una lista di cinque nomi alternativi, nel 35% dei casi le persone sceglieranno il nome corretto. Potrebbe sembrarvi una percentuale bassa su cui costruire una teoria scientifica, ma fidatevi che non lo è. Cathy Mondloch, professoressa di psicologia alla Brock University, Canada, ha definito “sostanziosa” questa percentuale, soprattutto se si considera che le possibilità di scegliere casualmente il nome corretto si aggirerebbero intorno al 20%. Esperimenti di questo genere sono stati ripetuti diverse volte, variando soggetti e contesti e ogni volta questa tendenza ad associare correttamente volto e nome è stata confermata. Yonat Zwebner, autrice principale di questo studio, ha dichiarato “abbiamo condotto più di una dozzina di esperimenti e ogni volta pensavamo ‘oddio, adesso non funziona’, e invece ogni volta funzionava. È stato sorprendente”.
In un altro esperimento i ricercatori hanno insegnato a un computer a identificare i tratti del volto comuni alle persone che hanno lo stesso nome: l’algoritmo ha evidenziato diverse somiglianze intorno agli occhi o alla bocca. Utilizzando questi dati si è osservato che un robot ha il 60% di possibilità di indovinare correttamente il nome di una faccia.
Insomma, è stato dimostrato che assomigliamo ai nostri nomi, ma riguardo alle motivazioni di questo fenomeno non sappiamo molto: possiamo solo avanzare delle ipotesi. Potremmo pensare che, visto che ogni nome si trascina appresso una serie di stereotipi, siamo noi stessi a modificare i nostri muscoli facciali per adeguarci a quegli stereotipi. Oppure potremmo pensare che, come accade nel caso dei nomi doppi, scegliamo noi il nome che ci sembra più corrispondente alla nostra faccia. L’unica cosa che sappiamo con certezza è che chiaramente l’associabilità nome-volto è un fenomeno culturale: sempre nell’arco dello studio infatti si è osservato che persone israeliane riescono ad associare il nome israeliano corretto a un volto sconosciuto, e lo stesso vale per i francesi; ma a parti invertite l’esperimento non funziona: un ragazzo israeliano non ha in mente in modo chiaro che faccia potrebbe avere una ragazza che si chiama “Marie”.
Se il vostro nome non vi piace e l’idea di assomigliargli vi fa schifo comunque non vi preoccupate: come in ogni ambito della vita esistono un sacco di eccezioni che confermano le regole. Al primo anno di università io ho passato un intero semestre a chiamare Alessandro un mio compagno di corso che si chiamava Filippo, solo perché secondo me aveva la faccia da Alessandro.
Source: freedamedia.it
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