Le statistiche definirebbero mia sorella una “madre millenial.” Ha 27 anni e due figlie, una di 8 e una di 4, che per me sono state una benedizione: mi hanno liberata dall’obbligo morale, in quanto a primogenita, di produrre io dei nipotini ai nostri genitori. Come si dice, ho schivato il proiettile.
A parte il cognome e una cotta per Spike di Buffy, mia sorella e io non abbiamo niente in comune, tant’è che io sono una scrittrice, mentre lei non toccherebbe un libro neanche sotto tortura. Ciononostante, ho pensato a lei quando in libreria mi sono trovata davanti Le mamme ribelli non hanno paura di Giada Sundas (Garzanti), una giovane madre famosa sul web di cui io, vivendo notoriamente sul pero, non sapevo niente.
Due cose mi hanno colpita del libro di Giada. La prima è quanto mi abbia fatta ridere, cioè tanto. La seconda è quanto mi abbia fatta piangere, cioè un po’ meno, ma comunque tanto. Il motivo per cui queste cose sono successe è che Giada è brava, ma soprattutto è onesta, e ha saputo unire le due cose per andare contro il mito che ogni giorno schiaccia migliaia di donne: quello della madre perfetta.
Ci sono stati giorni in cui ho organizzato complicate attività ludico-pedagogiche, altri in cui ti ho convinta che passare l’aspirapolvere fosse il massimo dello spasso; ci sono stati giorni in cui ho organizzato una linea d’azione la sera prima, altri in cui ti ho tirato giù dal letto urlando, fatto fare colazione con gli avanzi di cibo trovati in macchina e ti ho lavato la faccia nella fontanella della scuola; ci sono stati giorni in cui ho preparato una complessa ricetta, ripagata con la totale indifferenza, altri in cui ho ricevuto i complimenti per i fusilli olio e parmigiano.
Ogni azione, scelta, umore di una madre, è sottoposto a un giudizio incessante fin dal momento in cui la sua pancia diventa visibile. Tutti hanno dei consigli, tutti sanno cos’è meglio per suo figlio, anche gli sconosciuti. Soprattutto, tutti hanno un’idea precisa di come dovrebbe essere una madre, vale a dire una creatura mitologica raggiante, priva di difetti, che non si lamenta mai, non si scoraggia mai, non perde mai la pazienza, sempre pulita, ordinata, presente, dedita alle pappe sane e ai giochi educativi. È talmente radicata, questa idea, che è facile per una madre sentirsi in difetto e chiudersi in un guscio con le proprie incertezze e paure, senza condividerle con nessuno per il timore di essere giudicata.
Giada non è la prima a parlare di questo, ma forse è la prima in Italia a farlo con leggerezza, come se fosse normale. Perché – è questo il punto – è davvero normale.
Non esistono le madri belle e bionde che sorridono passando felici lo straccio nella loro casa perfetta per far gattonare i loro preziosi bambini su un pavimento sano, come nelle pubblicità. Esistono le madri che bruciano la cena e ordinano cibo cinese, che devono cambiare un neonato pieno di cacca fino alle spalle nel fasciatoio luridissimo di un centro commerciale, che si distraggono mentre il bambino costruisce una piramide di libri e poi ci sale sopra e rischia quasi di ammazzarsi. Giada parla di questo, ma anche di cose molto più difficili da confessare, come i giorni successivi alla nascita in cui non capisci il tuo bambino, non sai ancora cosa farne, non sei felice come credi che dovresti essere e vorresti essere lasciata in pace, altro che processioni di parenti e amici coi regali.
In questo libro ho rivisto mia sorella, ma anche tutte le giovani madri della mia generazione, incastrate tra i luoghi comuni vecchi (“una donna non si sente realizzata se non è madre“) e nuovi (“sei pazza a fare un figlio così presto, si vede che non avevi ambizioni”), tutti ugualmente odiosi. Madri che vogliono crescere coi loro figli, che rivendicano la libertà di sbagliare e che credono nel ruolo fondamentale dei padri, fatto di uguali rogne e uguali gioie. Madri ribelli, che non vogliono più farsi dire chi sono e cosa devono provare.
Source: freedamedia.it
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