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La saga di Park Geun-Hye, ‘principessa’ sudcoreana caduta in disgrazia

Come in un reality-show, la saga sudcoreana è arrivata a un punto fermo: la Corte Costituzionale ha infatti confermato all’unanimità l’impeachment della presidente sudcoreana, Park Geun-Hye, che è stata definitivamente destituita. Persa l’immunità, Park dovrà rispondere di accuse formali in un’inchiesta su un colossale sistema di corruzione e tangenti, messo in piedi da una sua fidata quanto ambigua consigliera, Choi Soon-sil.

Chi è Park Geun-Hye, la ‘principessa’ sudcoreana

Primo presidente donna della Corea del Sud, Park è la figlia primogenita dell’ex dittatore, Park Chung-Hee, che governò con il pugno di ferro il Paese per 18 anni fino al suo assassinio nel 1979. Ha trascorso un’infanzia dorata nella Casa Blu, la presidenza sud-coreana, mentre il padre guidava la metamorfosi economica della Corea del Sud e l’intera famiglia Park veniva considerata alla stregua di una stirpe reale. E la giovane era appunto la ‘principessa’, un soprannome che l’ha seguita per anni.

La morte di entrambi i genitori, negli anni ’70, entrambi deceduti nel giro di cinque anni appena, le avvicinò ancora di più le simpatie del connazionali. La madre fua fu assassinata nel 1974 da un attivista che si pensa agisse per conto di Pyongyang. Cinque anni dopo, nel 1979, fu ucciso il padre dal responsabile dei suoi servizi segreti.

L’assassinio dei genitori e l’arrivo dell’ambiguo mentore

Fu negli anni successivi alla morte della madre, che la Park si lasciò avvicinare da quello che fu per anni il suo mentore, Choi Tae-Min, un ambiguo personaggio fondatore di una setta religiosa, la ‘Chiesa della vita eterna’, il cui ruolo nella vita di Park è passato, alla sua morte, alla figlia, Choi Soon-sil.

Park mantenne un basso profilo per un ventennio fino quando, nel 1998, decise di presentarsi come deputata e fu eletta. Divenne immediatamente la star dei coreani conservatori più anziani, che vedevano in lei le qualità di leadership del padre. E la Park, mai sposata e senza figli, che ha sempre detto di voler dedicare tutta se stessa al bene del Paese, ha goduto di una popolarità stellare fino a quando non è stata travolta dallo scandalo attuale. “Sono sposata con la Repubblica della Corea. Non ho figli. I sudcoreani sono la mia famiglia“, disse un giorno Park, citando come esempio la regina Elisabetta I di Inghilterra, la ‘regina vergine’ per il suo ostinato celibato.

Le accuse di corruzione e traffico di influenze

Lo scandalo è scoppiato la scorsa estate ed è andato via via montando fino a travolgere lo stesso erede del colosso Samsung. Il 26 giugno un’emittente locale, la Chosun, rivelò che l’ufficio della presidenza aveva spinto alcune grandi aziende a donare quasi 80 milioni di dollari alla Mir Foundation, un ong nata da poco per promuovere la cultura coreana nel mondo. Due mesi più tardi il quotidiano Hankyoreh rivelò che la fondazione era stata creata dall’amica di sempre della presidente, Choi Soon-sil.

Da quel momento comincia a emergere la stretta, a tratti inspiegabile, relazione tra la Park e la sua confidente, Choi Soon-sil, figlia di quello che era stato un tempo il suo mentore, Choi Tae-min, tanto nella vita pubblica che privata. Nelle sue prime scuse, tra le lacrime, la presidente ha ammesso di aver cercato i consigli della Choi, che non ha alcun incarico pubblico né esperienza politica. Via via che passavano le settimane è emerso che l’influenza della Choi era straripante: dal guardaroba della Park, ai suoi discorsi (le bozze sono state trovate nel portatile della Choi) fino ad arrivare alle scelte nelle politiche di governo e le nomine.

La ‘Rasputin’ che ha travolto il presidente

Al centro dello scandalo c’è lei, Choi Soon-Sil, oscuro personaggio senza alcun incarico ufficiale, la cui famiglia da decenni è vicina all’attuale capo di Stato. Il primo contatto con i Park lo siglò infatti il padre della Choi. Monaco buddista convertito al cattolicesimo, sei matrimoni alle spalle, ex agente di polizia, Choi Tae-Min, morto nel 1994 a 82 anni, aveva fondato un movimento religioso battezzato Chiesa della Vita Eterna, frutto del sincretismo tra buddismo, cristianesimo e un culto sciamanico locale. Choi Tae-Min riuscì a intrufolarsi nella vita di Park Geun-Hye nel 1974, quando lei era traumatizzata dall’assassinio della madre. “Ogni volta desideri ascoltare la voce di tua madre, la potrai sentire attraverso di me”, le scrisse in una lettera. “Tua madre mi è apparsa in sogno e mi ha detto ‘Diglielo'”. Nel marzo del 1975 Park Geun-Hye accettò di incontrarlo e il legame era creato.

Da quel momento cominciò l’ascesa di Park: la donna, con l’aiuto di Choi Tae-min, riuscì a scalare i vertici del ‘Movimento per la nuova mente’, un gruppo filo-governativo. Le voci di un legame, fatto anche di intimità fisica tra i due, forse addirittura di figli, intanto si susseguivano.

“Choi ha avuto il completo controllo sul corpo e la mente di Park negli anni della sua formazione e in questo modo i suoi figli hanno accumulato un’enorme fortuna”

Così scriveva di recente l’ambasciatore Usa in un cablogramma a Washington, reso pubblico da Wikileaks.

Alla fine lo stretto, ambiguo legame tra i due, scatenò le ire del padre, l’allora presidente sudcoreano salito al potere nel 1962 con un golpe militare, che ordinò ai servizi segreti di allontanare Choi, forse “castrarlo”, perche’ “non fosse più visto alla Casa Blu”, la presidenza sudcoreana. La figlia pianse e supplicò, ma non molto tempo dopo lo stesso Park fu assassinato dal capo dei servizi segreti, Kim Jae-gyu. E questi, durante il processo, sostenne di averlo fatto perché il presidente non riusciva ad arginare gli affari corrotti di Choi Tae-min e il misterioso legame con la figlia.

Choi morì alla fine del 1994 e le sue vesti di mentore passarono alla figlia, Choi Soon-Sil, che sostiene di aver ereditato dal padre i poteri spirituali e l’abilità nella cartomanzia. Il marito di Choi, Jung Yoon-Hoi, diventò il braccio destro della Park, ne favorì il ritorno sulla scena politica e aprì la strada al suo successo nella corsa alla presidenza, una vittoria di un soffio. Choi è in carcere da novembre, perché sospettata di aver utilizzato la sua amicizia con la Park per estorcere a diverse aziende un totale di 69 milioni di dollari, sotto forma di donazioni a due fondazioni – Mir Foundation e K-Sports – di cui è a capo. Lo scandalo è andato via via crescendo e ha coinvolto i più grandi gruppi industriali, a cominciare da Samsung e Lotte.

L’erede Samsung nell’inchiesta del secolo

E’ finito infatti anche l’erede del colosso industriale delle telecomunicazioni, Lee Jae-Yong, nelle maglie dell’inchiesta per corruzione e traffico di influenze che ha portato alla destituzione della presidente. Il processo all’erede della dinastia che controlla Samsung e ai suoi quattro principali consiglieri è appena cominciato, ma si preannuncia – ha detto il procuratore speciale giovedì – come “il processo del secolo”.

Secondo l’accusa, pur di acquisire i favori ed entrare nelle grazie di Choi Soon-Sil, oscura confidente della Park, i grandi conglomerati sudcoreani avrebbero versato milioni di dollari a fondazioni private da lei create. Samsung, il più generoso: avrebbe donato 17 milioni di dollari alle fondazioni della Choi, seguito da Hyundai, SK, LG e Lotte.

L’influenza dei gruppi di potere e le ripercussioni economiche

Lee, accusato tra l’altro di corruzione e appropriazione indebita, e i suoi collaboratori sotto processo, hanno negato tutte le accuse. Ma lo scandalo ha riportato alla ribalta il problema di come funzionano i ‘chaebol‘, i grandi gruppi industriali sudcoreani, la cui guida passa di mano per via ereditaria e che sono stati travolti da diversi casi di corruzione o evasione fiscale. L’erede e presidente di fatto della multinazionale, Lee Jae-yong, che ha 48 anni, ha preso le redini del gruppo lo corso ottobre, dopo che il padre, Lee Kun-hee, ha avuto un infarto. E’ considerato uno degli uomini più ricchi e potenti della Corea del Sud.

Il processo è destinato ad avere anche importanti ripercussioni economiche, considerato che il gruppo (non solo elettronica, ma anche costruzioni e macchine pesanti) accumula un terzo del valore del mercato azionario della Borsa di Seul e rappresenta circa un quinto del Pil nazionale. Per Samsung, oltre a comportare conseguenze di Borsa, la vicenda rappresenta un altro brutto colpo all’immagine, dopo quello dello scorso autunno quando dovette ritirare dal mercato il suo ultimo modello di tablet, Galaxy Note 7, dopo i ripetuti casi di combustione dell’apparato.

 

Per approfondire:

Source: agi.it/estero

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