Coraggiosa guerriera e stimata stratega, la leggendaria regina Artemisia I di Alicarnasso è una figura femminile dell’antichità del tutto sui generis. Di lei – tra gli altri – ci parlano Plutarco e il conterraneo Erodoto (anche lui di Alicarnasso ovvero l’odierna Bodrum, in Turchia), che nelle sue Storie la racconta così:
Ora, degli altri comandanti non racconto, perché non ce n’è bisogno, ma dirò di Artemisia, di lei di cui fa estremo scalpore l’aver combattuto contro la Grecia, lei, donna, che morto il marito, tenendo per se stessa la tirannide pur avendo un figlio in età per combattere, per il suo valore e la sua determinazione partecipò alla guerra, senza che ce ne fosse alcun bisogno.
Figlia di Ligdami d’Alicarnasso, e di stirpe cretese da parte di madre, alla morte del marito, il tiranno Pixodaros, Artemisia diventa regnante dei territori di Alicarnasso, Coo, Nisiro e Calidna, come tutrice del figlio Pisindelide. Ma alla regina, la vita di corte non interessa affatto: sono il mare, la guerra e i combattimenti ad attrarla e ben presto si distingue per la sua astuzia di stratega e il coraggio di combattente.
È infatti grazie al suo intuito e alla determinazione nel dire sempre quello che pensa che Serse, il Re persiano, la tiene in grande considerazione: quando gli abitanti di Coo si rifiutano di sottomettersi al Re, è lui stesso a chiamare Artemisia per risolvere la situazione. La regina, a sua volta, dimostra audacia e fedeltà decidendo di combattere al suo fianco, con cinque triremi, contro la coalizione ellenica guidata dall’ateniese Temistocle e dallo spartano Euribiade nel 480 a.C: secondo Erodoto è l’unica donna con il grado di comandante dell’imponente flotta persiana e le sue navi sono considerate le migliori dopo quelle dei Sidonii. Ma non è soltanto una valida guerriera: Artemisia è soprattuto una lucida consigliera, capace di convincere Serse a prendere decisioni su come muovere guerra al nemico. Plutarco narra infatti (nella Vita di Temistocle) che la regina ha conquistato la fiducia del Re recuperando il corpo senza vita del fratello, Ariamene, morto in mare in seguito a uno scontro navale. Grazie a questo gesto, la sua opinione viene presa in grande considerazione dal re, prima di qualsiasi scelta importante – come quella se muovere o meno guerra ai Greci via mare, nel famoso scontro di Salamina. Secondo Plutarco, Artemisia è l’unica a opporsi all’idea di procedere per mare, dimostrando una certa spregiudicatezza nel proporre una visione diversa da quella del Re:
Da parte mia, dì pure al Re, caro Mardonio, così come ti dico, io che non sono stata la peggiore nelle battaglie navali all’Eubea né mi sono dimostrata da poco: Signore, è giusto che ti manifesti la mia opinione, che penso forse sia la migliore anche per le questioni che ti riguardano. E ti dico questo: evita le navi, non portare battaglia navale! Questi uomini sono meglio dei tuoi uomini sul mare quanto gli uomini sono meglio delle donne.
Serse decide comunque di combattere per mare a Salamina e Artemisia non esita a seguirlo, dimostrando ancora una volta il suo valore: gli ateniesi mettono in premio ben 10.000 dramme per chi avesse imprigionata la pericolosa donna – comandante. E proprio in quell’occasione, Erodoto racconta un episodio ambiguo: si dice che la regina avesse una strategia per passare inosservata in acque nemiche, ovvero quella di cambiare i simboli e i colori della sua nave in modo da figurare come imbarcazione appartenente a popolazioni diverse dalla sua. E proprio durante la battaglia si racconta che, inseguita da Aminia di Decelea – l’uccisore del fratello di Serse, Ariamene – per non farsi scoprire dal nemico greco, Artemisia cambiò i contrassegni della nave, spacciandosi per imbarcazione ateniese e attaccando la nave dei suoi alleati, i Calindi di Damasitimo: in questo modo, gli ateniesi non la attaccarono e lei si salvò. Erodoto spiega questo gesto come una possibile occasione, per la regina, di regolare dei conti pregressi con il re di Calinda; e poiché nessuno sopravvisse al suo attacco, la sua reputazione fu salva.
A Salamina, nonostante l’inferiorità numerica, la flotta greca ha la meglio su quella persiana e dopo la sconfitta, Serse si rivolge ad Artemisia per decidere se rimanere o ritornare in patria: la regina lo consiglia di lasciare Mardonio a gestire le operazioni via terra (verso il Peloponneso) e rientrare in Persia e così farà il re, con Artemisia al suo fianco, al seguito della famiglia reale. A questo punto, le testimonianze sulla storia di Artemisia si esauriscono, ma rimane un altro episodio, di una fonte incerta (Tolemeo Efestione) che racconta di un amore della regina – in età avanzata – per un giovane di nome Dardano, che non la ricambia: Artemisia avrebbe cavato gli occhi del giovane nel sonno, per poi gettarsi da un rupe in preda al rimorso.
In tempi recenti, parte della sua storia è stata raccontata sul grande schermo (non senza una buona dose di fantasia) nel film 300 – L’alba di un impero, dove viene interpretata dall’attrice Eva Green. E dalle parole che ci sono giunte fino a noi, Artemisia rimane una personalità affascinante e ambigua, un’eccezione nel contesto dell’antichità in cui sopravvivono così poche testimonianze delle figure femminili di potere.
Source: freedamedia.it
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