Te sé ’l cibo de siòre e poarècc, te sé ’l cibo de zùegn e de vècc!
(Sei il cibo di signori e poveri, sei il cibo di giovani e vecchi!)
La polenta, il piatto domenicale per eccellenza. Quello che una volta era l’alimento principale dei contadini, visto che non c’era altro da mangiare, o era poco, è una tra le prelibatezze che il territorio bergamasco può garantire.
Un’antica tradizione che non è stata dimenticata, anzi, passano le mode, i costumi, le abitudini, ma il rito della polenta, in molte zone della provincia di Bergamo, è ancora vivissimo, inderogabile e inevitabile.
Fatta d’orzo già dagli antichi egizi, o di farro, miglio e grano saraceno nella cucina medievale, è rimasta un alimento destinato ai poveri, grazie alla sua economicità, anche quando fu introdotto il mais con la scoperta dell’America.
La polenta è da sempre il piatto principale delle popolazioni della campagna: un semplice impasto di cereali e acqua leggermente salata, versato in un paiolo possibilmente di rame e, rimestato continuamente, cotto a lungo, per poi essere rovesciato su un tagliere o un piatto di legno.
Un’abitudine alimentare che ha provocato, nel XIX e all’inizio del XX secolo, malattie come la pellagra e il gozzo: era alla base dell’alimentazione contadina e veniva mangiata, spesso e volentieri, da sola, senza alcun condimento o contorno. Simboleggiava l’abbondanza e accontentava proprio tutti, perché saziante e dal sapore gradevole, ma assolutamente povera di determinate sostanze e vitamine utili all’organismo. Queste malattie potevano essere evitate abbinando la polenta ad altri alimenti come carne, pesce, latte, uova, formaggi, verdure o legumi.
Il gozzo è la particolare patologia che causa l’ingrossamento della tiroide e di conseguenza del collo.
Caratteristica fisica principale di Gioppino, la famosissima maschera bergamasca, nonchè burattino, che, con Arlecchino, Brighella, Balanzone, Pulcinella, Meneghino e Colombina, è protagonista di numerose commedie per il teatro dei burattini.
Creato, da Benedetto Ravasio, con ben tre gozzi, le tre patate, volutamente esagerate nelle dimensioni, tipiche di molti contadini della bergamasca, di chi, come Gioppino, mangiava solo e sempre polenta.
Collegato al gozzo, pare ci sia il fenomeno del cretinismo: un cretino è “ognuna di quelle creature, di piccola statura, mal conformate, con gran gozzo”, che al tempo si trovavano lungo tutto l’arco alpino; dal francese crètin, variante di chrètien, cristiano. Da qui, per identificare i malati, la parola veniva utilizzata nel senso commiserativo di “povero cristo”, “infelice”, con riferimento all’immagine di Cristo sofferente.
Ma Gioppino non se ne vergognava, anzi, andava molto fiero del suo gozzo, tanto da dire:
“L’è la tropa inteligènsa chè la ga stàa mia ‘ndèl sèrvèl, e alura ol Padre Eterno al ma la mètida chè sota”.
(È la troppa intelligenza che non ci sta nel cervello, e allora il Padre Eterno me l’ha messa qui sotto.)
Dolce simbolo di Bergamo è la Polènta e osèi, che riproduce quello che un tempo era uno dei piatti tipici della città dei Mille: uccelletti (allodole, fringuelli, passeri, tordi, ecc.) cotti allo spiedo con lardo tagliato a fette sottili e salvia, accompagnati da una rustica polenta fumante.
Il dolce lo ricorda sia nella forma che nei colori: strati di pan di spagna farciti da creme diverse, al cioccolato, al burro e alla nocciola, ricoperto da marzapane giallo, spolverizzato da zucchero giallo in cristalli e uccelletti di marzapane al cioccolato posati in superficie.
Coi polàster, la fritada, col formài e coi osèi, col sguassèt, la cotalèta, coi lömàghe, col pucì,
te sé sèmper adatada,o polènta benedèta, te sé ’l cibo degli dèi, te sé ’l cibo del Giopì!
(Con i polli, la frittata, col formaggio e con gli uccelli, col sugo, la cotoletta, con le lumache, con l’intingolo,
sei sempre adatta, oh polenta benedetta, tu sei il cibo degli dèi, tu sei il cibo di Gioppino!)
La polenta, l’alternativa più economica del pane, grazie alla sua bontà e semplicità, si adatta dunque a moltissimi piatti e può essere cucinata e abbinata in vari modi, completando così l’apporto nutrizionale:
Senza tralasciare le numerose ricette che si possono cucinare con la polenta avanzata, come:
Preparazioni diverse che variano da paese a paese o addirittura da famiglia a famiglia, se si considerano la creatività, la fantasia, l’inventiva, l’esperienza e logicamente i gusti di chi li cucina.
Un rito che scalda il cuore, che ogni domenica riunisce e avvicina tutta la famiglia in una tradizione che non tramonterà mai, anche grazie ai ristoratori ed agli chef bergamaschi che l’hanno rilanciata e riproposta nei loro menù sia con ricette tipiche che con le loro personali interpretazioni.
Un piatto antico e della tradizione, ma anche giovane ed attualissimo, tanto da essere diventato anche un cibo take-away, un’interessante alternativa alla piadina, alla pizza o al kebab.
Perché ormai si sa!! La polenta fa bene!! E’ ricca di carboidrati, e per questo sazia, ma contiene anche fibre, acido folico, sali minerali, quali fosforo, ferro e potassio e vitamine A ed E.
E’ particolarmente adatta per bambini e le donne in gravidanza e per le persone con problemi digestivi. Ha un effetto depurativo, migliora la circolazione e regola e abbassa il livello di colesterolo nel sangue.
O polènta, polènta, polènta, töte i bóche con té i se contènta!
O delissia imortàl de la pansa, te se fé con qualunque pitansa!
(Oh polenta, polenta, polenta, tutte le bocche con te si accontentano!
Oh delizia immortale della pancia, ti fai con qualunque pietanza!)
La cansù de la polènta (canzone folcloristica di Giacinto Gambirasio, 1931)
Fonti fotografiche e bibliografiche:
Geremia Adobati – Aspettando la polenta
Itinerari del Gusto – Agripromo
Source: ifood.it
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