Lui si chiama Maurizio Landi e la sua storia ha dell’incredibili. Il cuoco, di cucina italiana e tradizionalmente bolognese, ha perso il suo posto di lavoro in Francia. La colpa? Pasta troppo al dente.
La sua storia la racconta il Corriere della Sera:
Maurizio Landi — qualche bolognese amante soprattutto del buon vino se lo ricorderà — è stato per 15 anni il proprietario e il cuoco di quella che era l’osteria «Divinis» in via del Battibecco, a due passi da Palazzo d’Accursio. Poi le cose iniziano a non girare per il verso giusto e Maurizio Landi, un 56enne da sempre con la passione della buona cucina e del buon vino, specialmente quello francese, non si fa certo abbattere. Anzi. Prende armi e bagagli e va a tentare la fortuna nella terra che ama tanto per i vini che sa dare, ovvero la Francia. «Ho sempre avuto nel mio locale — racconta Landi — una grande scelta di vini francesi, perché ho girato molto la Francia per cantine e degustazioni, e quando nel 2015 il Divinis ha chiuso ho deciso di coronare il mio sogno e trasferirmi lì».
Landi cerca lavoro e lo trova in un bistrot con locanda annessa nel Beaujolais, regione compresa tra le zone di Mâcon e Lione, che dà il nome a un popolare vino rosso. Meglio di così non può andare, pensa il ristoratore: «Era il posto dei miei sogni: con un’offerta di vini importante, in un una zona ad alta vocazione vinicola e con un turismo legato soprattutto al ciclismo. Mi sono adattato molto alla loro cucina, ma una sera propongo a quattro clienti che occupavano in modo fisso le camere della locanda per motivi di lavoro, di preparare una bella pasta all’italiana». Così Landi cucina la carbonara. «La porto al tavolo, iniziano a mangiare e si guardano tra di loro. Poi la lasciano nel piatto». La lamentela arriva fino in cucina: troppo cruda, gli riferiscono. «Bisogna immaginare che i francesi la pasta e il riso li mangiano come contorno del piatto, come fossero delle verdure. La pasta al dente non la contemplano». Landi, viceversa, non contempla la pasta stracotta. «I giorni seguenti anche altri clienti si lamentano per la cottura della pasta».
Licenziato a tempo indeterminato, non è riuscito a finire il quarto mese di prova. «Mi hanno chiesto molte volte di fare gli spaghetti alla bolognese e io non mi sono mai prestato – ha detto il cuoco al Corriere – lasciavo pronto il ragù alla bolognese e lo usavano durante il mio giorno di riposo con gli spaghetti, a nulla serviva dire che quel piatto non esiste e che per il ragù ci vogliono le tagliatelle».
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