di Paola Ciccioli
La mente e la sensibilità delle bambine e dei bambini sono scrigni dove alcune immagini, parole ed emozioni si depositano per poi accendersi e indicare la strada agli incroci della vita. A me è successo con la Maestra Antinori, io l’ho sempre chiamata così, la mia maestra delle elementari. La osservavo mentre ci educava a un’altra esistenza possibile e mi dicevo: “da grande voglio assomigliare a lei”. Perché “un’altra esistenza possibile”? Perché noi, i miei amici ed io, venivamo da famiglie dove si parlava quasi esclusivamente il dialetto marchigiano, e la Maestra ci insegnava invece l’italiano. E che bell’italiano. E perché noi, le mie amichette ed io, eravamo per legge non scritta destinate a studiare lo stretto necessario, abbandonare sul nascere aspirazioni a diplomi o lauree per maritarci assolutamente e quanto prima. E la Maestra, proprio perché maestra, dunque con un titolo di studio, ci dimostrava che invece i limiti e i divieti si potevano oltrepassare, eccome. Ho sempre portato con me il ricordo della Maestra Antinori: io ormai stabilita a Milano e lei nella sua casa alla periferia di Macerata che nei miei pensieri era sempre avvolta nel rosso dei tulipani che avevo visto un giorno passando accanto al suo cancello.
Ogni tanto le telefonavo e le dicevo: “Maestra, vorrei venirla a trovare per ascoltare la sua storia”. Ma il tempo passava e quella storia restava a me sconosciuta. Fino a che, complice il figlio Fabrizio, mio coetaneo e compagno di giochi bambini, la signora Anna mi ha fatto avere un biglietto per ringraziarmi del libro dell’Associazione Donne della realtà che le avevo mandato. Poi mail, poi un primo racconto su questo Blog sua mia madre Gina che ha tenuto in braccio i suoi figli, poi un altro racconto sulla frazione di Convento di Urbisaglia dove la Maestra Anna e suo marito Fernando hanno insegnato e abitato. Poi la descrizione minuziosa di quel che accadeva in quel paese, ma anche di ciò che era accaduto a lei quando, giovanissima, decise di lasciare Palermo, la madre, le sorelle e i rifugi antiaerei della seconda guerra mondiale per raggiungere il fratello nelle Marche, sottraendosi al razionamento del cibo e all’impossibilità di conseguire il diploma magistrale.
Di tutto questo parleremo sabato 18 maggio nella Locanda del Castello di Pitino a San Severino Marche.
Parleremo di una storia di donna dentro la grande Storia italiana.
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