L’uomo ha una memoria ontogenetica, legata all’apprendimento psicologico individuale e all’ambiente in cui si vive, e una memoria filogenetica legata al corpo e alla storia, ovvero radicata nel nostro codice genetico.
Negli animali la memoria filogenetica è strettamente legata all’istinto e al suo automatismo e di solito viene espressa nella riproduzione e nel comportamento alimentare, nella cura dei cuccioli e nella predazione, nel corteggiamento e nella migrazione.
Un esempio: quando i piccoli degli uccelli inducono le madri ad imboccarli rispondono a una memoria genetica trascritta nelle cellule (la memoria di specie) però ogni uccello modificherà la strategia di base con l’esperienza individuale in base all’efficacia ottenuta. Questo apprendimento darà all’animale una memoria che lo renderà più libero dal puro istinto e sarà la premessa biologica di ciò che nell’uomo si chiama cultura.
Infatti la cultura, si può formare solo quando si placano gli istinti legati alla sopravvivenza e l’Io si calma, perché l’Io quando è preda dell’istinto può solo cercare di scaricare la tensione e si dimentica le sue possibilità creative.
Se per esempio pensiamo alla fame quando diventa impellente fa si che ogni attività intellettuale gradualmente cessi e ci si concentri solo sulla ricerca di cibo. In modo più o meno uguale questo accade anche per gli altri istinti.
Quindi in base a questa prospettiva l’istinto può essere considerato, a livello fenomenologico, come “il tempo inscritto nell’animalità”.
Maura Luperto
L'informazione della testata giornalistica di LA7 diretta da Enrico Mentana
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