Al giorno d’oggi sembra che la gentilezza sia in pericolo di estinzione, soprattutto nelle grandi città. Questo ha una spiegazione antropologica, dato che le grandi concentrazioni di popolazione generano maggiori tensioni e promuovono un rapporto impersonale. Di fatto, la gentilezza ostacola la salute psicologica ed emotiva in questi spazi.
È comune considerare un saluto al vicino di casa come una perdita di tempo o una dimostrazione eccessiva e superflua di affetto. Ognuno deve pensare agli affari propri. Non si dà importanza ai gesti gentili degli altri, cosa che rende più inclini a sviluppare ansia, depressione e pessimismo.
“Troppo spesso sottovalutiamo il potere di un tocco, un sorriso, una parola gentile, un orecchio in ascolto, un complimento sincero, o il più piccolo atto di cura, che hanno tutti il potenziale per trasformare una vita intorno.”
-Leo Buscaglia-
Persino in famiglia a volte si perdono questi gesti affettuosi, a causa del rapporto quotidiano e dell’eccessiva confidenza. Le manifestazioni di gentilezza, però, non sono un lusso, bensì uno stile di vita che si imprime nelle relazioni con gli altri. Nutrono le emozioni positive e ci proteggono da quelle negative.
La scienza ha dimostrato che alla nascita abbiamo tutti un gene della gentilezza. Siamo una specie che ha bisogno gli uni degli altri per sopravvivere e portiamo in noi un’impronta biologica di questo fattore. L’altruismo e la cooperazione sono stati decisivi affinché l’essere umano si evolvesse.
Alcuni studi dimostrano che a partire dai 6 mesi di vita i bambini iniziano a esprimere comportamenti affabili verso gli altri. Scelgono fra chiudersi o aprirsi agli altri. Spesso decidono di interagire ed essere generosi con il prossimo. Sono anche molto sensibili alle espressioni di affetto.
La natura umana, dunque, verte verso la gentilezza. La mancanza di questa caratteristica è il risultato di una civiltà che promuove all’estremo l’individualismo. Andiamo contro la nostra natura quando vediamo gli altri come perfetti estranei che non hanno niente a che fare con noi.
La gentilezza è un atteggiamento estremamente elaborato. Implica autocontrollo, sicurezza, empatia, stima degli altri e consapevolezza della relazione fra l’individuo e il gruppo. È anche un’enorme forza in materia di rapporti sociali. Si ottiene molto di più essendo gentili che con indolenza o bruschezza.
Una persona gentile possiede un’intelligenza emotiva ben sviluppata, caratteristica che si contagia. Chi è gentile genera gentilezza e una buona disposizione in chi gli sta intorno. Questo è un modo eccellente per prevenire i conflitti o impedire che si inaspriscano.
La gentilezza promuove un temperamento positivo, presuppone esprimere affetto e considerazione per gli altri, senza tralasciare noi stessi. È un atteggiamento che permette di calmare una persona furiosa e consolare chi è triste. Non a caso il termine “gentilezza” deriva dal latino gentilis «di buona stirpe».
Siamo per natura esseri sociali predisposti a cooperare con gli altri, dunque non bisogna imparare a essere gentili, bensì disimparare le condotte di ostilità o indifferenza. Ne vale davvero la pena.
Essere gentili offre enormi vantaggi, tra cui:
Prima di lasciarvi, ci preme fare un chiarimento. Essere gentili non significa essere servili e neanche abituarsi a “porgere l’altra guancia”. Si tratta piuttosto di un modo di comportarsi e di comunicare che riafferma la propria persona facendo attenzione a non imporsi su nessuno né a essere insensibile.
Source: lamenteemeravigliosa.it
L'informazione della testata giornalistica di LA7 diretta da Enrico Mentana
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