Un defibrillatore obsoleto, un sistema di radiologia portatile superato, un respiratore modello di prima generazione, ma anche barelle, letti, sonde e aste porta flebo: tutti pensionati ante tempus. Nei magazzini di ospedali pubblici e cliniche private giacciono tonnellate di strumentazioni elettroniche, ausili sanitari e arredi nella maggior parte dei casi ancora utilizzabili, ma che per decisioni aziendali vengono rimpiazzati. Capita così, per esempio, che una culla termostatica che ha salvato centinaia di bambini resti sullo scaffale di un deposito a discapito di altri bimbi. Uno spreco dietro al quale si annidano diverse ragioni. «Le aziende sanitarie hanno a disposizione ogni anno un budget per l’acquisto di materiali e spesso è più conveniente prendere uno strumento nuovo che ripararne uno vecchio», spiega Alessandro Zani, responsabile di Medicus mundi attrezzature (Memua), associazione dal 2004 impegnata nel recupero, revisione e collaudo di attrezzature sanitarie, al fine di offrire un supporto in progetti di cooperazione internazionale attraverso l’allestimento di strutture assistenziali in Paesi carenti di risorse. «Inoltre – continua Zani – la presenza di apparecchiature più aggiornate e dalle tecnologie all’avanguardia danno possibilità di effettuare diagnosi più accurate, oppure si integrano in un sistema più efficiente di refertazione, pertanto si tende a mandare in soffitta i macchinari sorpassati».
Una volta dismessi, non esistono procedure standard su come tali materiali debbano essere gestiti. Spesso capita che tali attrezzature vengano parcheggiate in magazzini degli ospedali nell’attesa che venga presa una decisione sul come “disfarsene”. E quando i magazzini sono pieni? Meno del 10% delle strumentazioni e dei componenti medicali dismessi viene donato ad altre strutture, per una piccola parte viene aperta una procedura di vendita come usato, ma è un’operazione onerosa per l’azienda ospedaliera; la restante percentuale diventa rifiuto. Nell’Ospedale Maggiore di Crema c’è un ecografo portatile modello “Aloka”, utilizzato nel reparto di ginecologia e ostetricia. Non funziona bene il tasto dell’accensione e il monitor ha una resa d’immagine antiquata. In sintesi viene dichiarato pensionabile. Grazie alla collaborazione con Medicus mundi attrezzature, l’ospedale si attiva per dare una nuova destinazione allo strumento in giacenza. L’associazione, che nel 2014 è entrata a far parte della rete di cooperative Cauto di Brescia, si occupa di individuare strumentazioni e ausili medici che possono avere ancora del potenziale e li ritira per valutare eventuali opportunità di ripristino. «I nostri esperti revisionano le attrezzature attentamente perché l’obiettivo è il ricondizionamento al 100% – riprende Alessandro Zani – Capita che da due macchinari simili dismessi se ne salvi uno e che il secondo diventi fonte di pezzi di ricambio, mentre i materiali inutilizzabili vengono separati meticolosamente, attribuito loro l’apposito Cer (Codice europeo dei rifiuti, ndr) e quindi smaltiti». Il rischio, come spesso avviene, è che il macchinario resti per mesi a impolverarsi in deposito. L’ecografo “Aloka”, invece, lascia l’istituto di Crema e parte alla volta di Brescia, quartiere Boffalora, dove i tecnici di Memua sono pronti a ripararlo. La macchina non è in cattive condizioni e può certamente risultare un valido strumento in una struttura sanitaria che non ha la pretesa di essere all’avanguardia a livello tecnologico ma il bisogno di un efficace supporto per dare soccorso ai propri pazienti. Ecco allora che dopo un’attenta valutazione dell’operatività dell’apparato, la sostituzione dei pezzi malfunzionanti e un ripristino generale del suo aspetto, all’ecografo è data una seconda vita. Verrà acquisito nell’ambito dell’attività di cooperazione internazionale di Intersos, ong che opera in tutto il mondo a favore delle popolazioni in pericolo, vittime di calamità naturali, conflitti o condizioni di esclusione estrema. La destinazione sarà per il progetto “Cn Health”, attivo dal 2016 a Salonicco, in Grecia, per offrire assistenza sanitaria primaria ai migranti in transito in Macedonia, attraverso un’unità mobile medica attrezzata e la presenza di un medico e due mediatori culturali.
Medicus mundi collabora con diverse ong, che operano soprattutto in Africa, gestendo ospedali in loco. Letti elettrici, attrezzature portatili per esami radiologici, respiratori polmonari, ecografi, incubatrici e culle neonatali sono le strumentazioni più richieste e fortunatamente anche le più disponibili nei magazzini. Si tratta di macchine che subiscono un’obsolescenza abbastanza repentina, ma questo non significa che non siano più utili: un ecografo scartato in un policlinico in Lombardia può essere un ottimo strumento in un ospedale da campo. Come dimostra il caso di Salonicco, non ci sono solo i Paesi più poveri di Asia e Africa nella lista dei beneficiari di strumenti elettromedicali, anche in Europa sussistono situazioni di necessità. In Romania opera dal 2008 Ateliere fara frontiere (Aff), organizzazione no profit autorizzata dal ministero dell’Ambiente per il recupero dei Raee e la vendita ai consorzi di riciclaggio. Questa realtà, operante a Bucarest, svolge un doppio importante compito per la collettività: oltre a occuparsi del corretto smaltimento di elementi pericolosi per l’ambiente, impiega persone svantaggiate, aiutandole nel percorso di inserimento nel mondo del lavoro e creando socialità. Nei laboratori situati nella periferia della capitale romena, sotto lo sguardo attento del responsabile di Aff Patrick Ouriaghli, vengono rigenerati macchinari, separati componenti elettronici e meccanici e prendono vita meravigliosi oggetti con materiali di recupero: da lampade e giocattoli con pezzi di vecchi computer e biciclette a borse con parti di cartelloni pubblicitari impermeabilizzati. Nei magazzini dell’Ateliere ci sono scaffali ricolmi di stampanti, fotocopiatrici, tastiere, schede di memoria, monitor, telecomandi e un’intera sezione dedicata appunto alle attrezzature medicali ricondizionate e destinate a strutture bisognose nelle campagne romene: un patrimonio di materiali elettronici che per alcuni erano solo uno scarto e nei quali invece c’è ancora un grande potenziale. Proprio quello che vuole valorizzare il progetto europeo “Life-Med”, che vede Legambiente Lombardia al fianco di partner internazionali quali la cooperativa sociale Cauto, Ateliere fara frontiere di Bucarest, Medicus mundi attrezzature e la facoltà di Ingegneria dell’università di Brescia. «Ad oggi mancano procedure standard per la gestione di questi scarti provenienti dalla dismissione di attrezzature mediche e incentivi per le strutture sanitarie, tanto che per gli ospedali sia pubblici che privati spesso è più facile sostituire le strumentazioni acquistandone di nuove e stoccando nei magazzini quelle vecchie – sottolinea Anna Brescianini di Cauto, capofila del progetto – A questo si aggiunge una carente prevenzione della produzione di rifiuti e uno scarso riutilizzo delle attrezzature dismesse, spesso ancora funzionanti». Grazie al lavoro dei tecnici di laboratorio nei magazzini gestiti da Medicus mundi, in tre anni di progetto a Brescia sono stati ricondizionati 441 fra attrezzature elettromedicali, componenti di ricambio smontati e arredi sanitari, che hanno permesso di evitare la produzione di 31 tonnellate di rifiuti. I partner dell’iniziativa hanno individuato 80 enti beneficiari in Europa ai quali sono state destinate, attraverso donazione, le apparecchiature revisionate, con l’obiettivo di avviare un sistema di recupero e riacquisto delle attrezzature nel settore. «Life-Med rappresenta un primo passo verso la costruzione di un’economia circolare – sostiene Simona Colombo, direttrice di Legambiente Lombardia – Il progetto punta a rendere minima la quota di rifiuti derivante dalla dismissione di attrezzature mediche, massimizzandone il recupero e la rigenerazione attraverso il ricondizionamento di apparati biomedici e arredi ospedalieri». Grazie all’azione pilota svolta dal progetto, l’obiettivo è rendere il processo economicamente sostenibile, definendo delle strategie di mercato possibili e delle tipologie di attrezzature recuperabili. Con la collaborazione dell’onorevole Maria Chiara Gadda, già relatrice della legge 166/2016 sulla limitazione degli sprechi alimentari, al termine del progetto sarà presentato un ordine del giorno alla commissione Ambiente della Camera per avviare l’iter di una normativa nazionale sulla gestione degli apparati elettromedicali, innescando un circuito virtuoso fra domanda e offerta.
LE CIFRE
3 milioni di tonnellate di Raee prodotti nelle strutture sanitarie dell’Ue
85% apparecchi e materiali che possono essere riciclati o riutilizzati
65% rifiuti ospedalieri che finiscono in discarica
(fonte: università degli studi di Brescia, dipartimento di Ingegneria meccanica e industriale della facoltà di Ingegneria)
Source: lanuovaecologia.it