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Innovare l’agricoltura rigenerando il territorio: il progetto Arca

Nelle Marche si è dunque avviato un modello di recupero e sviluppo territoriale che, a partire dal Centro Italia, vuole offrirsi come modello da seguire anche in altre realtà territoriali. Si chiama Arca ed è un progetto per una nuova modalità di fare agricoltura sostenibile.

Una ricerca-azione -realizzata dal prof. Aldo Bonomi e dal Consorzio AASTER -, ha indagato il settore agricolo della Vallesina e di alcuni territori limitrofi, nel centro delle Marche, per comprendere se gli imprenditori della terra e le comunità locali siano disponibili ad adottare su ampia scala azioni e pratiche che permettano di rigenerare il territorio e il capitale naturale attraverso buone pratiche di gestione del suolo e di allevamento degli animali. Lo studio di AASTER, oltre che effettuare una ricognizione tra gli attori principali dell’economia agricola di questa parte delle Marche è servito anche a diffondere le idee del progetto ARCA e a verificare, con focus group mirati, se il territorio è pronto per la sfida di un modello di sviluppo e crescita che non ha esempi simili in Italia. L’esito della ricerca è stato positivo.

Con la presentazione del rapporto di ricerca si apre così una nuova fase, che coincide con la ripartenza ufficiale del progetto Arca, a 30 anni dalla sua fondazione visionaria e lungimirante. Il progetto Arca (Agricoltura per la Rigenerazione Controllata dell’Ambiente) è nato a Serra San Quirico (AN) nell’ottobre del 1988. Mise insieme le idee dell’allora imprenditore Bruno Garbini, del giornalista e divulgatore Mino Damato, dello scenografo Carlo Cesarini e del sindaco Carlo Maria Latini. Il progetto poggiava su concetti e obiettivi forse troppo futuribili e rivoluzionari per quei tempi, distanti dal sentire delle comunità locali e della politica in un’epoca in cui la sostenibilità ambientale non era ancora un tema centrale e in cui la capacità di produzione e di consumo sembravano senza limiti. Oggi il contesto economico, sociale, culturale e ambientale, ha reso possibile la rinascita del progetto dopo trent’anni dalla sua ideazione. Per renderlo realtà è stato fondamentale anche il contributo di due soci importanti che hanno affiancato il “sognatore” Garbini: due grandi realtà imprenditoriali marchigiane, Fileni e Loccioni, legate in maniera profonda alla terra di origine e che da tempo hanno sviluppato una cultura del lavoro attenta alla valorizzazione del territorio. La missione di Arca è quindi diffondere pratiche di coltivazione di tipo bioconservativo, unendo cioè i vantaggi dell’agricoltura biologica con quelli dell’agricoltura conservativa, per permettere una rigenerazione dei suoli marchigiani, e creare poi operativamente una filiera alimentare e zootecnica di qualità certificata che faccia uso di tecniche produttive sostenibili e misurabili con strumenti di elevata innovazione tecnologica. Tra le buone pratiche prese ad esempio dal passato e promosse da Arca per ritrovare la fertilità perduta i solchi acquai trasversali per ridurre l’erosione del terreno; l’inerbimento controllato tra le file delle colture; la creazione di fasce tampone lungo i corsi d’acqua; le rotazioni colturali; consociazioni e sovesci; concimazioni organiche e preparati biodinamici. Il secondo obiettivo sarà la creazione di una nuova generazione di prodotti a servizio ambientale e salutistico che siano un valore aggiunto sia per i consumatori che per la filiera alimentare. Immessi sul mercato locale, e non solo, attraverso canali di distribuzione mirati, tali prodotti potranno incentivare un’economia circolare territoriale. ARCA intende perciò aiutare agricoltori e consumatori a fare scelte più etiche, salutari e ambientali per difendere il capitale naturale, porta sul mercato una nuova consapevolezza: la possibilità di coltivare e scegliere prodotti non solo sani che fanno bene alla salute, ma che rigenerano i suoli, preservando la sostanza organica per il futuro. Da consumatori, a rigeneratori: è la R Generation.

Una tale idea non poteva che nascere e svilupparsi in luoghi a forte vocazione agricola, in cui l’originaria cultura benedettina e mezzadrile, le cui regole prevedevano comportamenti basati sull’uso e sull’accesso invece che sulla proprietà e lo sfruttamento, ha lasciato un segno fino ad oggi. L’ispirazione di Arca deriva da quanto avveniva nella tradizionale casa colonica marchigiana prima dell’industrializzazione dell’agricoltura: tutto era inserito in un micro sistema circolare di riutilizzo che aveva come fine la perpetuazione della fertilità dei suoli. Il ritorno dunque a un’agricoltura antica, sapiente e rispettosa del paesaggio, ma da realizzare con strumenti tecnologici innovativi e sperimentali che possa poggiare su un’alleanza tra gli agricoltori e sulla competenza di un comitato scientifico multidisciplinare appositamente creato per il progetto.

Il progetto ARCA parte quindi dal distretto formato da tre valli nel cuore delle Marche: Valle dell’Esino, Valle del Musone e Valle del Misa-Nevola. Ad oggi hanno aderito al progetto 13 produttori e trasformatori che operano su una superficie di 1.980 ettari. Gli alimenti prodotti nelle aziende sono vino (48%); farine, cereali e pane (44%); olio (7%). La forma giuridica scelta per ARCA è quella della società benefit (prevista dalla legge 208/2015). Una società cioè che, oltre a dividere gli utili, persegue una o più finalità di beneficio comune e opera in modo responsabile, sostenibile e trasparente nei confronti di persone, comunità, territori e ambiente.

 

L’Abbazia benedettina di Sant’Urbano, le cui origini risalgono a prima dell’anno 1000, è dedicata al patrono del Comune di Apiro. Recentemente restaurata e riqualificata grazie a un accordo di partenariato pubblico-privato tra il Comune e l’impresa Loccioni è al centro del progetto Valle di San Clemente. L’idea è di far rivivere la vallata trasformandola in una piattaforma di innovazione territoriale in cui “fare comunità di saperi” proprio partendo dalla terra, dal territorio e dalla tecnologia. L’agricoltura del futuro, la scienza dei dati, la robotica e i sistemi interconnessi, l’internet delle cose e il nuovo artigianato digitale, la sostenibilità e la qualità della vita, sono gli spunti con cui il progetto intende attrarre giovani ricercatori, agronomi, softwaristi, territorialisti, designer nella Valle di San Clemente, per sviluppare progetti di innovazione nell’agricoltura ma anche in altri settori. In questo contesto ARCA ha trovato la sua sede e il suo luogo simbolico. Una prima sperimentazione, che intende mettere in rete il progetto ARCA, il Consorzio AASTER, la Fondazione Symbola e l’Università di Camerino, è l’avvio di un percorso formativo per operatore di comunità. Si tratta di una figura tecnica specifica, funzionale ai valori del progetto: l’operatore di comunità avrà le capacità per creare opportunità per il sistema locale, per costruire coesione sociale e per mediare tra linguaggi e logiche di azione che vanno dai global players alle piccole realtà locali.

 

Source: lanuovaecologia.it

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