Giovedì prossimo il direttivo della Bce si riunisce a Francoforte e all’ordine del giorno non c’è più la deflazione, ma l’inflazione. Mario Draghi ha già fatto il tagliando al Quantitative easing (Qe), che proseguirà al ritmo di 80 miliardi di euro al mese fino alla fine di marzo, per rallentare a 60 miliardi da aprile fino alla fine del 2017, e anche oltre se necessario. Difficile che vengano apportate modifiche a questo percorso, anche se la discussione, specie coi ‘falchi’ tedeschi, si farà più accesa, in vista del tapering, il ritiro delle misure straordinarie. Finora la Bce ha sempre detto che il tapering non è all’ordine del giorno, mentre non ha escluso la possibilità di un prolungamento del Qe, se la situazione dovesse peggiorare.
I tedeschi non sono d’accordo e vorrebbero che sul tapering Draghi accelerasse i tempi. “Ritengo sia giustificato – ha detto il mese scorso il ministro delle Finanze tedesco, Wolfgang Schaeuble – che la Bce cominci, a partire da quest’anno, a tentare di uscire” dal Qe. A Scheauble in realtà Draghi ha già risposto, ai primi di febbraio, sostenendo che “in tempo di elezioni, i politici esprimono commenti sulla politica monetaria ed è comprensibile”, “ma è anche comprensibile per un banchiere centrale che senta i commenti, ma non li ascolti”.
Difficile dire se giovedì Berlino intenda passare al contrattacco dentro al direttivo della Bce, quello che è certo è che quel giorno l’istituto di Francoforte pubblicherà le sue nuove stime su crescita economica e inflazione e cioè delle cifre che, stavolta, saranno significative. Non tanto sul fronte della ripresa, che ha accelerato ma resta moderata, quanto riguardo all’inflazione, che a febbraio, per la prima volta da 4 anni, è tornata al 2% in Europa, mentre in Germania ha superato il 2%, per la prima volta da 12 anni.
La banca centrale europea finora ha sempre messo l’accento sul fatto che il rialzo dei prezzi è soprattutto legato al rincaro del petrolio e dei prodotti energetici, mentre l’inflazione di fondo, quella cosiddetta ‘core’, depurata dei prezzi dell’energia e dei beni alimentari, resta poco mossa. Tuttavia, pur non rappresentando una minaccia, l’aumento dell’inflazione rappresenta un’inversione di trend di cui occorre prendere atto, valutandone l’impatto sul Qe. Un’altro tema ‘caldo’ è quello delle future mosse della Fed, che a marzo appare decisa ad attuare un’altra stretta monetaria, che la Bce dovrà valutare insieme all’impatto dell’effetto Trump, che spinge i prezzi al rialzo e ha scosso i mercati, galvanizzando Wall Street. Sotto osservazione anche il calendario politico europeo, caratterizzato dall’incertezza per il voto imminente in Francia, Olanda, Germania e Italia. Draghi per la verità ha già detto più volte che la risposta migliore all’incertezza politica è “fare le riforme”. E, a Lubiana ai primi di febbraio, ha riconosciuto che “oggi la percezione dell’insicurezza è in crescita”.
“L’insicurezza – ha detto – in parte riflette fattori comuni nelle democrazie dell’Occidente, come la paura dell’immigrazione, la globalizzazione e i cambiamenti sociali”. “In particolare – ha aggiunto – la severità della crisi dell’euro ha indebolito la fiducia nell’Unione europea come fondamento di sicurezza economica”. Per questo ora l’Europa è di fronte al “momento della decisione”. “Abbiamo bisogno di risposte alle domande che i cittadini ci fanno ma queste risposte devono essere anche bilanciate: ci sono cose che devono cambiate in Europa ma ce sono altre di cui dobbiamo essere orgogliosi”. “L’integrazione europea deve trovare nuovo impeto, attraverso il rispetto delle regole della convergenza, e “questo impeto lo dobbiamo trovare perché non possiamo restare dove siamo”, con un’integrazione economica e l’unione bancaria “ancora incomplete”.
Source: agi.it/economia
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