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Il reddito di cittadinanza è ai nastri di partenza

Il reddito di cittadinanza è ai nastri di partenza. Poste, Inps e Caf dal 6 marzo sono pronti ad accogliere circa un milione e trecentomila domande. I Cinquestelle, così, potranno cantar vittoria perché “la povertà è stata finalmente abolita”. Bando agli slogan, entriamo nel merito. E partiamo dalla “rabbia” di tanti che pian piano prendono consapevolezza di non potere ottenere il tanto desiderato sussidio. Malumori che si continuano a registrare in diversi Caf, come ci sottolinea il dirigente di un Centro assistenza fiscale, Franco Granata, in quanto, buona parte della platea che rientra nel parametro Isee familiare (deve essere inferiore a 9.360 euro), viene invece tagliata fuori da due che più che paletti, si stanno manifestando delle vere e proprie insormontabili dighe: reddito familiare e patrimonio immobiliare. “Effettivamente, il valore Isee apre a una platea abbastanza interessante, cosa che inizialmente ha dato speranza a molti – ci sottolinea il dirigente Caf -. Ma tra le tante modifiche effettuate sulla norma, alla fine chi era convinto di ottenere il sussidio si vede sbarrata la strada da questi due parametri”.

Il primo, come detto, è il reddito familiare che dovrà essere inferiore a 6 mila euro annuo, somma moltiplicata per alcuni coefficienti a secondo i componenti. Esempio. Due giovani coniugi che lavorano in un call center e producono entrambi un reddito di circa 10 mila euro, non potranno ottenere il sussidio pentastellato, in quanto la norma prevede che il relativo importo non deve superare gli 8 mila e quattrocento. Ancora più drammatico è per quella coppia con a carico un figlio maggiorenne. Questa famiglia non dovrà superare un reddito di 10 mila e 800 per poter incassare l’assegno. Il che significa, sempre per rimanere nel caso specifico, che se è soltanto la mamma a lavorare e magari part time, producendo una dichiarazione di 11 mila euro, anche in questo caso, niente soldi. Passiamo al patrimonio immobiliare. Ovvero depositi, conti correnti, titoli ecc. di tutta la famiglia, cioè dei suoi risparmi. Il limite è variabile a seconda della composizione: fino a 6 mila euro, accresciuto di 2 mila per ogni componente successivo al primo, fino ad un massimo di 10 mila euro, incrementato di ulteriori mille per ogni figlio successivo al secondo. Esempio. Una coppia, per ottenere il sussidio non dovrà superare gli 8 mila di patrimonio mobiliare; una coppia con uno o due figli, 10 mila; con un terzo figlio, 11 mila.

Cifre, come ci evidenzia ancora il dirigente Caf, “non certo importanti e che non è difficile riscontrare in tantissime famiglie disagiate”. “Il caso più diffuso è marito, moglie e un figlio, che non dovranno superare un patrimonio di 10 mila euro in tre. Capisce bene, qualche risparmio, Tfr dopo licenziamento, o vendita di un bene per bisogno, niente sussidio”. Tuttavia, il dirigente si dice fiducioso, sui tempi e modi della presentazione della domanda: “E’ una procedura semplice e guidata. Pensiamo che in tre-quattro minuti si possa inoltrare una pratica”. Entro dieci giorni lavorativi la domanda arriverà sulle scrivanie dell’Inps che, a sua volta, verificati i requisiti, entro cinque giorni accoglierà o respingerà l’istanza. I Caf entrano in azione tenuto conto dei tempi ristretti rispetto alle elezioni Europee. Inutile negare che arrivare a maggio senza che nessun abbia incassato l’assegno, per i Cinquestelle sarebbe un colpo letale. Se così non fosse, d’altronde, non si spiegherebbe questo tour de force.

O la convenzione appena firmata che consente ai Caf di incassare 12,2 euro a pratica e 5 euro, per ogni modifica. In ogni caso, si parte mercoledì con l’inoltro delle prime istanze attraverso il canale online o gli uffici di Poste o Caf. Il modello da compilare è stato pubblicato già sul sito dell’Inps. Per accedere alla misura, tra l’altro, è necessario che nessun componente del nucleo familiare possieda autoveicoli immatricolati la prima volta nei 6 mesi antecedenti la richiesta, o di cilindrata superiore a 1.600 cc. Insomma, una bella sforbiciata, i 5 stelle, ce l’hanno data alla potenziale platea iniziale dei beneficiari. Prima di salire a Palazzo Chigi, i pentastellati parlavano di circa 15 miliardi di euro da destinare al sussidio, poi, una volta occupate le poltrone, la cifra si è sempre più assottigliata, fino ad arrivare ai circa 5 miliardi di oggi, al netto delle spese indispensabili per mandare avanti la macchina. Capitoli a parte sono quelli dei controlli e dei navigator.

Source: www.ilfogliettone.it

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