La prima volta che sono andata alla Lanterna, una delle spiagge comunali più famose di Trieste, non mi sono portata dietro il costume. Ero Trieste per studiare, non avevo programmato una gita al mare, e ci sono finita solo perché un mio compagno di corso riteneva fosse uno dei luoghi più incredibili della città. Ci siamo andati in tre: eravamo due ragazze e un ragazzo, e quando siamo arrivati davanti all’ingresso ci hanno diviso. Femmine da una parte e maschi dall’altra. Non capivo cosa stesse succedendo, finché il guardiano della spiaggia non mi ha raccontato la storia di uno dei posti più particolari d’Euorpa.
La Lanterna, chiamata ovunque anche Pedocin, è infatti l’ultimo stabilimento balneare rimasto in Europa ad adottare una divisione per sessi. Ha due ingressi: uno per le donne e i bambini (al di sotto dei 12 anni) e uno per gli uomini. Entrare costa un euro. Dentro, la spiaggia è divisa in due parti da un muro bianco, alto circa tre metri, la cui linea si estende anche nelle acque del mare. Per accedere alla parte opposta della spiaggia è necessario avere un permesso speciale.
Tutto è iniziato verso la fine dell’Ottocento, quando Trieste era sotto il dominio austriaco, e il comune decise di costruire degli stabilimenti balneari in centro città, per non costringere le famiglie triestine a percorrere troppa strada per andare al mare. Nel 1903 venne inaugurato ufficialmente il Pedocin – anche se, secondo molti, esisteva già da prima. A quell’epoca, in mezzo alla spiaggia si ergeva un semplice steccato di legno, successivamente sostituito da un muro bianco, che venne abbattuto una sola volta, nel 1959, non per essere eliminato, ma semplicemente per essere ricostruito qualche metro più avanti, in modo da lasciare più spazio alle donne.
Se un tempo la divisione dei luoghi a seconda dei sessi era considerata normale, con l’andare degli anni la presenza di questo muro ha iniziato a fare discutere molto. Nel 1943, Il Piccolo, cioè il quotidiano di Trieste, ne propose per la prima volta l’abbattimento, giustificato da ragioni economiche: l’idea era quella di unificare la spiaggia in modo da abbatterne i costi di gestione, rendendola così accessibile a un maggior numero di persone. Il dibattito sulla “spiaggia sessista”, che spesso scandalizzava chi veniva a visitare la città, si riaccese poi negli anni ’70, e gli abitanti di Trieste decisero allora di organizzare una specie di referendum informale, e di mettere ai voti la presenza del muro. Il risultato fu schiacciante: i triestini volevano il muro. Nel 2009, la Lanterna è stata interamente ristrutturata e riportata alle sue sembianze originarie.
Della possibilità di unificare questa spiaggia si torna a parlare ciclicamente, ma nessuno lo desidera veramente. E non per una questione di chiusura mentale o di “sessismo”, come si potrebbe pensare, ma, anzi, per una questione di libertà. Gli uomini e le donne che frequentano il Pedocin sono affezionati a questi spazi separati, che non vivono affatto come una forma di imposizione (ci sono tantissime altri stabilimenti in cui si può andare, volendo), ma come dei luoghi di aggregazione, che avvicinano generazioni diverse, e permettono a tutti di potersi vivere la propria parte di spiaggia con maggiore tranquillità, praticando – ad esempio – anche nudismo, senza sentirsi eccessivamente osservati. Questo muro, insomma, è un problema più per chi non è mai stato al Pedocin che per chi a Trieste ci è nato, cresciuto o ci è anche solo passato una volta, di sfuggita.
Source: freedamedia.it
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