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Il Falso Mito della Teoria Gender

Da un po’ di tempo circolano, in rete e non solo, fake news e messaggi fuorvianti su quella che viene definita teoria gender o teoria del gender. Negli ultimi anni questo tipo di comunicazione ha scatenato non poca preoccupazione, soprattutto in quei genitori a cui sono state trasmesse idee profondamente confuse sulla possibilità che nelle scuole venissero organizzati corsi di educazione sessuale dedicati alla diffusione di questa fantomatica teoria. Tutto un certo ambiente legato all’estremismo cattolico ha intrapreso una battaglia ideologica per fomentare l’intolleranza e il sospetto verso i tentativi di educazione alle diversità. Un esempio di questo tipo di comunicazione (sbagliata) è ben rappresentato da questo video:

La teoria gender è bene precisare che, almeno per come viene intesa dai suoi oppositori, non esiste. Spesso questo tema finisce infatti per essere trattato con toni complottistici. Gli integralisti cattolici dicono che la “lobby gay”, proprio attraverso questa teoria, starebbe cercando di cancellare qualsiasi differenza tra uomo e donna, tra il genere maschile e quello femminile, pretendendo di insegnare ai bambini che si può “passare quando si vuole da un sesso all’altro”, ma anche insegnando loro cose come la masturbazione precoce o mettendoli in contatto con la pornografia. Si tratta ovviamente di idee basate su disinformazione e ignoranza, diffuse attraverso i social e attraverso gli incontri e le conferenze di tutto quel mondo che si fa portavoce delle istanze più retrograde e reazionarie della società.

“Gender”, dall’inglese, vuol dire semplicemente “genere”, e con associato l’aggettivo adatto, può indicare il genere maschile o quello femminile. Di fatto la “teoria gender” è il modo in cui vengono chiamati gli studi di genere (gender studies) da parte di chi non accetta i tentativi di correggere i vizi della cultura di genere tradizionale. Chi fomenta la crociata contro la fantomatica teoria del gender confonde completamente il discorso, non rendendosi conto che femminismo e comunità LGBT non hanno affatto di mira l’annullamento delle differenze o la produzione di individui indifferenziati, neutri. Il tipo di uguaglianza a cui si mira è un altro: non l’uguaglianza biologica o fisiologica, ma l’uguaglianza di diritti e di possibilità. Ovviamente le differenze esistono: uomini e donne sono biologicamente diversi, certo. Ma che questa diversità debba produrre ruoli, forme culturali e strutture sociali rigidamente distinte, e quindi  discriminazione e sofferenza, come purtroppo succede da secoli, è sbagliato. Questo è il nucleo centrale degli studi di genere.

Buona parte dei problemi sono causati dalla confusione tra sessualità e genere. Per chiarire in breve la questione: il sesso indica l’insieme di caratteristiche biologiche, genetiche e fisiologiche che permettono di distinguere il corpo di un uomo e quello di una donna, l’identità di genere è invece quel sentimento profondo, precoce e duraturo, che fa sì che ognuno di noi si senta donna o uomo, sentimento che non sempre corrisponde agli organi genitali con cui nasciamo (ragione per cui esistono le persone transessuali e transgender). Insomma: il genere è un fatto soprattutto di identità psicologica, e l’identità psicologica non sempre va di pari passo all’anatomia. Anche tra le persone trans è bene precisare che c’è chi decide di adeguare il proprio corpo, intervenendo chirurgicamente, e chi invece preferisce non farlo e mantiene l’apparato genitale che aveva al momento della nascita. Insomma: differenze. Le differenze esistono e siccome non producono danni a terzi vanno rispettate e possibilmente anche conosciute.

Inoltre, tutto ciò non deve essere confuso con gli stereotipi, ed è qua che si situa un altro elemento di conflittualità. Indipendentemente da come ci si sente – uomo o donna – il femminismo e la comunità LGBT ritengono sia sbagliato pensare di doversi comportare in un certo modo a causa del proprio sesso o della propria identità di genere. Nel caso dei bambini il classico “questo non è da maschio” o il “questo non è da femmina” è limitante ed è causa di pressione psicologia e disagio, anche perché i bambini spontaneamente hanno la tendenza a non differenziare necessariamente colori, ruoli attività. Oggi sappiamo che gli stereotipi è bene decostruirli, perché sono arbitrari e fondati su una visione della società che, ad esempio, premia il maschile e svilisce e sottomette il femminile (anche quando il femminile lo si ritrova incarnato in corpi maschili).

Altro tema, che si aggiunge a sessualità e identità di genere, è quello dell’orientamento affettivo e sessuale, ovvero il fatto di essere attratti da qualcuno del proprio sesso o del sesso opposto. Si può essere eterosessuali, omosessuali o bisex, ma è importante che si capisca che orientamento sessuale e identità di genere sono indipendenti. Un uomo può essere attratto da un uomo o da una donna o da entrambi, e lo stesso vale per una donna. Una donna transgender (MtF) può essere attratta da uomini o donne, o da entrambi. Tutto ciò è normale, naturale e come tale deve essere percepito, sin dall’infanzia.

L’omosessualità, non essendo per fortuna più considerata una malattia (dal 1990), deve essere accettata, anche dai più piccoli, come una caratteristica che non deve generare discriminazione e imbarazzo. Studiose/i di genere e attiviste/i LGBT e femministe/i da questo punto di vista hanno quindi l’obiettivo di far accettare qualcosa che esiste già, non di modificare le inclinazioni personali di bambini, ragazzi o adulti. Non si tratta di insegnare a fare sesso a sei anni, né di avviare i bambini alla masturbazione, né di far vedere film hard: la lotta contro gli stereotipi è soprattutto dare la possibilità a ognuno di scoprire cos’è e cosa sente di essere. È insegnare ai bambini a conoscere se stessi e ad esprimersi liberamente, anche al di là di ciò che le forme tradizionali impongono. Ed è giusto che si abitui a farlo già a scuola, perché non è detto che la famiglia sia sempre in grado di fornire tutti gli strumenti necessari per prevenire il disagio e promuovere l’accettazione. Anche all’uguaglianza si viene educati, esattamente come si viene educati alla conoscenza della matematica o della geografia.

L’educazione di genere – distorta da chi la chiama teoria gender – significa aprire l’orizzonte dei bambini e fare in modo così che diminuisca anche il bullismo, che è causa di disagio profondo e che, nei casi estremi, spinge all’autolesionismo e anche al suicidio. Educare alla differenze vuol dire mettere in chiaro che l’omosessualità non è qualcosa di inferiore, non è una devianza. Mettere in discussione gli stereotipi significa eliminare e scardinare le gerarchie tra uomo e donna, promuovere una visione dell’umanità più inclusiva, senza che si continui a svilire qualcuno solo perché è donna, omosessuale o maschio effeminato (caratteristica, quest’ultima, che di per sé non dice niente dell’orientamento sessuale!).

Gli studi di genere ci insegnano molte cose: a rivedere ad esempio il rapporto tra uomo e donna, tra maschile e femminile, ma anche il rapporto che gli uomini hanno con gli altri uomini e le donne hanno con le altre donne, per liberare le identità e gli orientamenti sessuali dalle tante false idee e dai presunti obblighi o divieti che ancora oggi circolano nelle nostre relazioni. Lo scopo dell’attivismo LGBT e femminista è quello di aumentare la sensibilità e l’apertura verso quelle cose che ancora troppe persone ritengono proibite, sbagliate o vergognose. È una questione che riguarda tutti, anche se non tutti per ora sembrano essersene accorti.

 

Source: freedamedia.it

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