Anche il popolo celtico osservava il cielo come accadeva in Mesopotamia, Cina, Egitto. In Europa però c’era una natura rigogliosa, foreste fitte e misteriose abbondavano. Quindi i Celti scelsero gli alberi, al posto delle stelle per segnare il passaggio delle stagioni.
Non si può comprendere il senso del calendario celtico se prima non si fa riferimento ai druidi, sacerdoti, saggi e medici, e anche pedagoghi, insegnanti, narratori e poeti, che attraverso la tradizione orale trasmettevano il loro sapere. Gli antichi druidi insegnavano ai loro adepti a leggere nel grande giardino della natura, e nell’infinita ricchezza che manifestava; si può immaginare lo stupore dei nostri antenati, molto interessati all’aspetto magico proprio del regno naturale e decisamente molto più predisposti a lasciarsi incantare dal fascino delle sue attrattive.
I druidi istituirono un calendario lunare annuale costituito da 13 lune o periodi lunari a ciascuno dei quali fu dedicato un albero. Questo calendario conta anche 5 notti, la prima delle quali corrisponde al primo giorno dell’anno e le altre 4 segnano i solstizi d’inverno e d’estate e gli equinozi di primavera e d’autunno.
Il primo novembre i Celti festeggiavano la notte segreta del Tasso, detta notte di SAMAIN, in cui sacrificavano alcune delle migliori sementi del loro raccolto, al fine di assicurarsi il favore degli Dei. Era il primo giorno dell’anno lunare celtico e lo si celebrava con grandi feste.
Il 21 dicembre, il solstizio d’inverno, la notte più lunga dell’anno, era la notte dell’Abete argentato, nel corso della quale i Celti facevano bruciare un enorme ceppo di pino, di questa tradizione noi abbiamo conservato l’abete e il ceppo di Natale.
Il 21 marzo, equinozio di primavera, era la notte della ginestra, la cui fioritura, ripetuta nel corso di uno stesso anno, simboleggiava l’eterna giovinezza, la rinascita, la resurrezione, il ritorno del Sole, il prolungarsi del giorno, la vittoria della luce sul l’oscurità.
Il 21 giugno, il solstizio d’estate, il giorno più lungo dell’anno. I Celti festeggiavano la notte dell’erica. Attualmente tutte e tre queste piante simboleggiano la felicità, la prosperità, la ricchezza e l’abbondanza dei raccolti.
Il 21 settembre, l’equinozio d’autunno, era la notte del Pioppo argentato. Quest’ultimo, al contrario del Pioppo nero dal quale si traeva l’ambrosia, rappresentava il periodo nel corso del quale la notte, il freddo, il bianco del gelo e della brina stavano nuovamente per imporsi e con i quali i riflessi argentei di quest’albero erano in analogia.
Maura Luperto