Questa mattina in pieno centro a Roma, di fronte al Pantheon, gli attivisti di Greenpeace hanno montato una riproduzione a grandezza naturale di due balene, alte rispettivamente 6 e 3 metri, che emergono da un mare invaso da rifiuti in plastica monouso. Un’azione dimostrativa per denunciare come i nostri mari, e le specie che in essi vivono, siano in grave pericolo a causa dell’uso smodato di plastica usa e getta e dell’inquinamento che ne deriva.
“È necessario che i grandi marchi si assumano le proprie responsabilità di fronte a questo grave inquinamento, partendo dalla riduzione dei quantitativi di plastica usa e getta immessi sul mercato” dice Giuseppe Ungherese, responsabile Campagna inquinamento di Greenpeace Italia.
Tra maggio e giugno, grazie al contributo dei suoi volontari, Greenpeace ha organizzato in sette spiagge italiane – Bari, Napoli, Trieste, Palermo, Fiumicino, Chioggia e Parco regionale di San Rossore – la raccolta e la catalogazione dei rifiuti in plastica per categoria merceologica (imballaggi per alimenti, igiene domestica o personale), tipologia di plastica (polimero) e, dove possibile, marchio di appartenenza. I risultati sono contenuti nel rapporto ‘Stessa spiaggia, stessa plastica’ diffuso oggi dall’organizzazione ambientalista.
I risultati, anche se limitati a un numero ristretto di spiagge, “evidenziano come la plastica rappresenti la tipologia di rifiuto più presente sia in ambienti fortemente antropizzati che in aree protette – rileva la ong – Infatti, i risultati del rapporto mostrano particolari criticità sia a Bari, dove sulla spiaggia cittadina di Pane e Pomodoro sono stati raccolti 1.200 litri di polistirolo, ovvero circa il 65% del volume totale di tutti i rifiuti in plastica raccolti; sia sulla spiaggia situata in prossimità della foce del fiume Serchio, all’interno del Parco regionale di Migliarino, San Rossore e Massaciuccoli, dove sono stati raccolti più di 4.700 litri di plastica, ovvero circa il 60% del volume totale di rifiuti raccolti”.
Di tutti i rifiuti in plastica raccolti, spiega Greenpeace, “proprio i contenitori e gli imballaggi per alimenti e bevande sono risultati complessivamente i più abbondanti (circa il 90% del totale) e costituiti dai polimeri comunemente utilizzati per produrre gli imballaggi: Polipropilene (PP), Polietilene ad alta densità (HD-PE) e bassa densità (LD-PE), il Polietilene Tereftalato (PET) e Polistirolo”.
Source: lanuovaecologia.it
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